Lavorare quattro giorni a settimana

11 Ottobre 2022 di Stefano Olivari

Lavorare quattro giorni a settimana? Intesa San Paolo si è fatta un po’ di pubblicità gratuita facendo circolare l’ipotesi, durante un incontro con i sindacati, di rendere possibile per alcune categorie di bancari lavorare nove ore al giorno per quattro giorni la settimana invece che sette ore e mezza al giorno per cinque, mantenendo inalterato lo stipendio ma con 36 ore settimanali lavorate invece di 37,5. Un’ipotesi, che in molti paesi peraltro è già realtà, usando espressioni differenti: se uno svizzero ti dice che lavora all’80% significa proprio questo, che lavora quattro giorni a settimana, mentre il 60 significa tre: certo lo stipendio si riduce in proporzione, ma sono scelte. Tutto ha un prezzo, a partire dal tempo libero.

Lavorare quattro giorni alla settimana è quindi possibile? Nelle grandi aziende, ammesso che i conti tornino, senz’altro sì, perché migliaia di persone possono ruotare sui giorni di apertura al pubblico o comunque di attività. Il presupposto è che i lavoratori siano intercambiabili, fungibili: così se il cliente il giorno X trova Tizio è uguale che se trovasse Caio. Ma onestamente, uscendo anche dal mondo bancario, quante persone sono indispensabili? Il discorso cambia e anche di tanto nelle realtà più piccole, che poi sarebbe la realtà italiana. Da noi il 94,8% delle imprese ha meno di 10 addetti, e tutte queste imprese messe insieme hanno il 43,2% degli addetti.

Basta andare sul sito dell’ISTAT e guardare i dati delle aziende di poco più grandi per rendersi conto che la settimana corta per gran parte del mondo produttivo sarebbe un problema. Nemmeno entriamo poi nel discorso dipendenti-Partite IVA più o meno parasubordinate, anche se il sospetto è che eventuali buchi negli orari sarebbero coperti da questi neo-schiavi, illusi che il lavoro intellettuale o comunque non manuale li inserisca in una classe sociale superiore. Non vogliamo fare i fenomeni citazionisti da Google ma il libro è così bello e profetico che va menzionato: nei Microservi di Douglas Coupland, 27 anni fa, c’era già tutto.

Detto che la stessa proposta di Intesa San Paolo contiene mille distinguo e paletti organizzativi (in altre parole questa rotazione sarà possibile solo in grosse strutture), il quadro di fondo è di tipo vagamente visionario-grillino: l’aumento della produttività che gradualmente libera le persone dal lavoro. È una buona notizia, per un paese e per i suoi cittadini, poter evitare un giorno di lavoro per cercare funghi, accompagnare il figlio al corso per influencer o approfondire lo studio della Bundesliga? Chi sarebbe orgoglioso di sentirsi dire ‘vai pure’? Non sono domande retoriche, visto che conosciamo babypensionati che senza il lavoro si sono spenti ed altri che invece che hanno avuto una vita supplementare.

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