L’anno d’oro di Tonolli e Fisichella

21 Gennaio 2010 di Stefano Olivari

Gianni Alemanno detesta il calcio come poche altre cose, nonostante i complimenti elettorali alle squadre della sua città. Un punto a suo favore, ma proprio per questo la vicenda di Alessia Filippi dimenticata è clamorosa.
Sia i regimi totalitari che le democrazie hanno infatti bisogno degli atleti, delle loro facce giovani e dell’onestà che trasmettono (anche se magari si dopano o taroccano le partite), per operazioni di immagine a costo quasi zero. Venendo all’attualità, solo uno che vive in una grotta senza tivù, giornali e web può pensare che nel 2009 ci sia stato uno sportivo nato o residente a Roma che abbia fatto più della Filippi: medaglia d’oro con record europeo nei 1500 e medaglia di bronzo negli 800 stile libero ai Mondiali non di Trondheim ma di Roma. Eppure il Comune ha ritenuto di premiare come atleti dell’anno 2009 gente che nel suo campo non ha certo raggiunto le vette planetarie: De Rossi, Zarate, addirittura Tonolli (panchinaro in un’annata disastrosa per la Lottomatica) e Fisichella che alla Ferrari ha fatto la figura del tassista. Odio di Alemanno e del centro-destra per le piscine? Non si direbbe, visto che il riconoscimento è andato anche a Silvia Di Pietro (giovanissima e che magari sarà oro a Londra nei suoi 50 farfalla, ma stiamo parlando del futuro) e a Tania Di Mario (stella del Setterosa 2004, ha abbandonato la nazionale dopo il disastro mondiale). E quindi? La morale è sempre quella, meno buona della Girella d’epoca: un atleta non può permettersi il lusso di parlare di argomenti extra-sportivi, pena la perdita di metà del mercato potenziale. Pubblicitario ma anche politico. La Filippi non poteva-doveva dire di essere di sinistra (ma sarebbe stata la stessa cosa, a parti invertite, in un comune rosso), mentre il chitarrista drogato può fare editoriali sul Medio Oriente e l’attore ignorante discutere della riforma sanitaria di Obama. Gli anni Settanta sono per fortuna lontani, ma quel servizio del Guerin Sportivo in cui ogni calciatore della serie A indicava il partito per cui avrebbe votato nel 1976 rimane un bellissimo ricordo di civiltà. O Fraizzoli cedette Boninsegna alla Juventus perché era comunista?
stefano@indiscreto.it

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