La vista lunga di Trapattoni

23 Febbraio 2008 di Stefano Olivari

Il più mediatico degli allenatori forse chiuderà con il Mondiale del 2010. Diciamo forse non perché Giovanni Trapattoni abbia intenzione di ritirarsi nel 2010, ma perché la qualificazione al torneo sudafricano per la sua Irlanda non è scontata. Di certo la nuova avventura si presta ad alcune considerazioni, fermo restando il fatto che nel paese dei bamboccioni e di quelli che al mercoledì ti dicono ‘Buon weekend’ un uomo di 69 anni che abbia ancora tanta voglia di fare vada rispettato al massimo. La prima è che le grandi scelte tecniche dipendono quasi sempre da fattori di immagine: la FAI non ha ingaggiato un allenatore, ma l’emblema di un certo tipo di allenatore. Chi meglio di Trapattoni rappresenta la peraltro inesistente scuola italiana? La seconda è che il Trap è sempre stato abile nel saltare sulle panchine giuste: che non sono necessariamente quelle della squadra con i giocatori più forti, tipo la sua Juve 1976-1986, ma quelle in cui vengono chiesti obiettivi realistici o addirittura sottodimensionati rispetto al valore della rosa. Pensiamo alla sua prima squadra, il Milan tardo-rocchiano, o ai cinque anni dell’Inter di Pellegrini (con uno scudetto, una Coppa Uefa ed un gioco scacciapubblico, come secondo Aldo Biscardi era quel famoso e querelomane direttore di giornali sportivi), piuttosto che al solo titolo in tre stagioni al Bayern Monaco, alla buona gestione di quella che era comunque da metà campo in su una super-Fiorentina o al tranquillo cammino nazionale con il Salisburgo. Diciamo che i fallimenti veri sono stati a Cagliari (dedicato a quelli che si chiedono cosa abbia vinto Zeman) e in azzurro, con l’aggravante che a nessuno come a lui sarebbe stata concessa una seconda chance dopo il fallimento coreano. La terza considerazione è che la qualificazione mondiale è, dando per scontato che la vittoria nel gruppo 8 sia dell’Italia di Ancelotti o Lippi, assolutamente alla portata. C’è da superare la Bulgaria nella corsa al secondo posto e da vincere lo spareggio contro una delle altre 7 ‘migliori seconde’ (i gruppi europei sono 9, imponendo la solita qualificazione cervellotica basata su confronti fra classifiche con avversari diversi), ma non mancano né le certezze (solo per citare i più famosi: Given, O’Shea, Dunne, Finnan, Kilbane, Carsley, Duff, Robbie Keane) né i giovani già affermati, su tutti uno Stephen Ireland uscito bene dallo scontro con Staunton e come scommessa un Anthony Stokes che quest’anno al Sunderland non sta brillando ma che gli appassionati di calcio scozzese ben conoscono per i suoi folgoranti tre mesi al Falkirk. Se ci mettiamo il possibile recupero di qualche non troppo vecchio leone tipo Ian Harte e Stephen Carr, ci troviamo di fronte ad una squadra che non partecipa ad una grande manifestazione dal 2002 ma che ha un valore presente ed in prospettiva molto superiore a quello della Bulgaria. Insomma, Trapattoni ha visto ancora giusto (sorvolando su Tardelli vice). La considerazione finale è quella sulla grottesca inchiesta della Fifa sul suo contratto (1 milione netto a stagione), finanziato per metà da un miliardario irlandese, Dennis O’Brien (telefonia). Anche senza ricordare Hiddink pagato in parte da Abramovich nonostante la federazione russa non sia povera, o i cento c.t. stipendiati da stati e dittatori vari, una storia senza senso.

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