La Juventus che perde quote di mercato

28 Gennaio 2011 di Federico De Carolis

di Federico De Carolis
La vera delusione della stagione bianconera non sono i risultati ma i dirigenti, da Agnelli a Marotta, colpevoli di spendere un budget da grande club con la mentalità di una provinciale…

Caro Direttore, 
adesso la Juve tornerà a vincere qualche partita e le polemiche e i dissapori finiranno per attenuarsi. Arriverà al top, magari a fine torneo, quando sarà fuori dalle grandi competizioni e tutti diranno che è stato un anno sfortunato. Di sfortune questa squadra sembra averne patite tante dai tempi di Calciopoli, il che lascia intendere che Moratti non abbia tutti i torti quando afferma che se l’Inter adesso vince qualcosa di strano prima deve esserci stato. Non è però questo l’argomento che vorremmo mettere a fuoco, anche se giornalisticamente un bel ‘Moggi santo-Moggi diavolo’ funziona sempre. Vorremmo solo dire, al di là delle predilezioni personali, che una Juve relegata al ruolo di comparsa non giova certo al campionato. Adesso che il calcio procede, pur con le contraddizioni di sempre, ma in un contesto completamente diverso dal passato, stanno venendo fuori dilettantismo e superficialità dei suoi dirigenti.

Cerchiamo di spiegarci meglio: a Torino evidentemente pensavano e hanno rafforzato l’idea con la loro campagna acquisti, che Milan e Inter avessero gli orecchini al naso quando hanno preso Ibrahimovic ed Eto’o e speso fior di milioni per altri fuoriclasse.
Forse hanno scambiato la Juve per la Samp che fa quadrare i bilanci e vende Pazzini (neppure quello sono riusciti a prendere) in pieno campionato. Forse pensavano di essere i più bravi di tutti, meglio ancora i più furbi. La crisi non è tanto economica, visto che le spese sono state ingenti, ma deriva da una mentalità che non può essere valida a determinati livelli. L’hanno ridotta a una provinciale che punta tutto sullo stellone. Prendere Krasic per poi assicurarsi fior di giocatori mediocri non poteva dare che questi risultati. Pepe, Quagliarella e via di seguito, per tacere di Amauri, con tutto il rispetto per le loro carriere, non sono mai esplosi negli anni giovanili e, questo, al momento del loro acquisto, ha fatto sicuramente riflettere chi ha un minimo di sensibilità calcistica e non si affida ai titoloni dei giornali per applaudire un giorno e smentirsi in quello successivo.

La meraviglia, più che per Del Neri, è per il comportamento Beppe Marotta che finora aveva dimostrato di avere qualità rispettabili. Nel calcio evidentemente ci sono dei limiti, soprattutto di mentalità, che non è facile superare. Almeno se non ci si adegua alle esigenze di un grande club. Ma come è possibile, di fronte agli infortuni, tirar fuori persino nomi come quelli di Floro Flores da aggregare alla Juve? Con i soldi spesi non sarebbe stato meglio assicurarsi due fuoriclasse sicuri da affiancare a Krasic, l’unico acquisto buono, e cercare di porre le basi per una grande squadra se non per questa stagione almeno per l’immediato futuro? Milan e Inter fanno, con tempestività e senso logico, quello che la Juve faceva una volta quando si assicurava giovani fuoriclasse come Sivori o atleti il cui valore era indiscutibile come Charles e riuscivano a vincere scudetti a ripetizione.

Adesso non solo non arrivano più a Torino giovani talentuosi, ma non si vedono neppure quei fuoriclasse che possono essere acquistati senza disperdere un budget economico corposo, gettato al vento per correre dietro alle mezze figure pensando di poter stare alla pari con le grandi. Quando arrivarono Buffon, Thuram e Nedved, grazie alla cessione di Zidane, si creò una squadra che, al di là di Calciopoli, era comunque di tutto rispetto. C’è la sensazione adesso che si brancoli nel buio senza una organizzazione capillare di osservatori italiani e stranieri, capaci di segnalare giovani emergenti, o di trattare fuoriclasse capaci di competere con quelli delle grandi squadre. Sì, hanno ridotto la Juve a una provinciale che non sembra neppure di lusso con una confusione che ha portato a una mediocrità allarmante e che potrebbe lasciar credere persino a un disimpegno della proprietà nonostante ci sia un Agnelli a capo del club. Se il mercato è cosa di Marotta, non si può dimenticare che la Juve è degli Agnelli.


Forse, proprio come diceva Bartali, è tutto sbagliato, è tutto da rifare, mentre resta la nostalgia per quelle grandi sfide il cui esito adesso è scontato. Un successo contro una grande diventa infatti casuale e una classifica preoccupante, almeno per le ambizioni dei suoi tifosi, riempie persino gli avversari d’un tempo di un minimo di pietà per una grande ora risucchiata verso il basso dai suoi errori a ripetizione. Che da provinciale, quale è ridotta, voglia scendere ancora più sotto? E’un interrogativo che bisogna porsi vedendo quel che succede da due anni a questa parte, un interrogativo la cui risposta positiva poggia su un mutamento di mentalità o su un rinnovamento epocale per il quale c’è necessità di quel coraggio che nessuno vuole trovare. E, allora c’è da aspettarsi ancora e solo una squadra non eccelsa che è costretta a puntare su Del Piero (a 36 anni ancora il migliore) per molti anni ancora. Il che forse non giova neppure al campionato, con i giovani che ormai quando iniziano a tifare lo fanno sempre meno per la Juventus. Invitiamo i dirigenti della Juventus a fare un facile sondaggio, prendendo a caso per strada dieci cinquantenni e dieci bambini. Chi parla di marketing e di mercato deve pensare al mercato. E i grandi colpi, fatti sparare dai giornalisti amici, sortiscono qualche effetto solo quando vengono messi a segno. Nessuno è mai diventato juventino per un titolo di giornale. Saluti e buon lavoro.


Federico De Carolis

Share this article