La doccia dei ragazzi GIBA

17 Gennaio 2011 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni
Il nuovo vecchio inserto, i killer di Boniciolli, gli occhi di Jaric e il tecnico a Banchi. Voti a tutte le sedici di serie A…


Oscar Eleni da Bilbao, paesi Baschi, dove al mattino le strade vengono pulite da furgoncini che emettono una sostanza al limone capace di farti dimenticare l’urticante astiosità di chi ama così poco il basket da vederlo sempre con troppi difetti. Certo che le partite non sono belle come dicono i menestrelli di SKY, certo che nonno Peterson non è una novità che possa inebriare un Paese di vecchie comari come questo, ma, accidenti, annunciare un inserto sportivo e poi propinarci la solita solfa, andando persino fra i canguri e l’open di Australia, sembra davvero troppo.

Nel Casco Viejo gargarismi col sidro, poi Mercado della Ribera sul fiume, pranzo coi pintxos, bevendo txacoli,
prima di radunare gli amici usciti dal Guggenheim per leggere insieme, a voce alta, mandando messaggeri in Italia, nelle case di campagna di tutti i proprietari di squadre di basket, ma anche soltanto di squadre sportive, questo pensiero sublime di Boscia Tanjevic sui giocatori di Roma, in particolare, sui boia chi non molla, sui ragazzi GIBA e dintorni, che hanno voluto la testa del Battista Boniciolli mentre le loro Salomè brindavano alla vaccinara: “Qualcuno di loro gioca come se non volesse fare la doccia. Questi sono strapagati per ciò che fanno. Gli operai della Fiat discutono per un aumento di 30 euro e qui c’è gente che prende 30 mila euro al mese. Ho parlato con due, tre di questi. Non è cambiato nulla. Bisognerebbe metterli a posto perché imparino adesso e possano affrontare più facilmente la vita quando smetteranno con il basket”.

Dite voi se queste non sono parole alate, verità indiscutibili. Uno dissente: questo succede dove le società sono molli come budini, dove chi paga ascolta i cortigiani invece dei professionisti.
A Siena non accadrebbe mai. Bravo. Hai detto Siena e pensi che gli altri siano sintonizzati tutti sul monte Alxanda dove Minucci sta catechizzando Marko Jaric guardando nei suoi occhi per vedere se gli è rimasta la cattiveria bolognese, quella dei giorni dove odiava davvero tutti, ma proprio tutti e non sorrideva mai. Qui si accolgono a braccia aperte personaggi che andrebbero interrogati sulla ruota infuocata nella Plaza Nueva dove bruciavano eretici e il Peterson che crede alle promesse del trentaduenne Greer, bocciato altrove e non certo per cattiva predisposizione di chi lo pagava molto più che a Napoli dove incantò davvero, farebbe bene ad essere cauto. Ha ragione Toti quando dice che lui cambia allenatori come tanti altri e questo succede sempre quando le cose vanno male. Semplifica, il proprietario romano, ma forse dovrebbe anche cambiare consiglieri e parlare soltanto con gente che lo può davvero aiutare e non con tutti quelli che passano dicendo: ”Aho, io ne so di più di quello in panchina, sono il presidente degli allenatori all’istante”.

Prima di pagellare il girone di andata un zero prosecco al geniale arbitro Facchini, che la santona del basket ce lo protegga, che le leggi degli arbitri lo facciano andare avanti almeno fino all’età di Peterson,
per il fallo tecnico fischiato contro Banchi, vice di Pianigiani, per essersi alzato dalla panchina, dopo avvertimento, questo è vero, cercando di richiamare l’attenzione di Kaukenas che non faceva la difesa giusta. Confondere un allenatore nel pieno delle sue funzioni con un agitatore è molto lontano dall’isola del sorriso dove Tiziano Zancanella vorrebbe servirici i suoi famosi tramezzini. Dunque voti alla quindicina. Partite, non puttane come quando i casini cambiavano il personale con la stessa filosofia che si usa per mandare a spasso gli allenatori con la scusa che non puoi mandare via i giocatori. Certo che si potrebbe e, sia chiaro, non tutti gli allenatori che perdono il posto sono innocenti. Dire che l’allenatore non conta è una bugia che piace ai giocatori, gli stessi che poi vagolano sul campo come orbi se non non hanno una traccia che indichi loro quando devono pisciare e quando devono tirare.

1 SIENA: voto 10.
E ti pareva. Sono bravi quando costruiscono, scelgono, quando hanno sventure gravissime come l’incidente a McCalebb, come la grana Moss, quando prevedono il futuro, quando lavorano sul campo e sentono che il muro societario terrà anche se ci dovesse essere bufera. Una domanda a Michelori che in estate rifiutò la Nazionale spiegando che voleva allungare la sua carriera: Ress e Carraretto che in estate sono stati con Azzurra vanno sempre meglio. Forse ci si allunga la carriera ed il minutaggio presentandosi sempre meglio dell’anno prima. Le carriere si allungano dove non ti chiedono di vincere il massimo, ma si esaltano dove si gioca sempre per avere il meglio.  
2 MILANO: voto 6 con Bucchi, voto 7 e mezzo con Peterson. Con il primo freno a mano tirato, gente insicura, squadra sfortunata, per la verità come tante altre, come chi l’ha eliminata dall’Europa, tipo Valencia, come chi l’ha fatta maledire dal presidente senza passato, ma con capacità di lettura delle facce e degli stili. Bucchi è bravo come molti dei nostri allenatori, ma, ripetiamo, Milano, Roma e la stessa Bologna hanno bisogno del tipo speciale e Peterson lo è ancora.  
3 CANTU’: voto 7.5. Pesa su tutto la sconfitta di Varese, ma anche l’incidente a Markoishvili, il regalo alla Virtus nella prima giornata, qualche partita giocata da separati nella casa difensiva. Certo il piazzamento e certe vittorie dicono che il sole della Brianza e del Cantuki scalda in maniera diversa cuori che sembravano esauriti, rivitalizzano gente come Marconato o Mian.  
4 MONTEGRANARO: voto 8. Arrivare al quarto posto dopo la burrasca fra quarta e decima giornata è stato un capolavoro. Monsignor Pillastrini sa davvero usare bene il suo vocione e il suo copione.  
5 BOLOGNA: voto 7.5 alla squadra, 8 a Lino Lardo. Sposare progetti arditi è da artisti liguri, scalare montagne scivolose è da rocciatori arditi, sorridere un po’ meno del proprietario, che vedi sempre in primo piano quando gioca la Canadian, ma anche quando non gioca, potrebbe servire a stare in pista quando ci si vanta pericolosamente di essere davanti a chi spende molto di più. Bologna e i suoi 8000 fissi, forse, la vedono in maniera diversa anche se veder crescere giovani talenti elettrizza.  
6 BIELLA: voto 7. Allenatore esordiente spirito combattente, bellissime cose, strane cose, pessime cose. Gioventù balenga, ma il mondo Angelico ci rende sempre curiosi anche se non siamo di quelli che ballano con Atripaldi.  
7 AVELLINO: voto 8. Vitucci e Tonino Zorzi hanno cavalcato un liocorno, lo hanno tenuto nel mondo che conta quando potevano andare sul Brenta a bere insieme e mandare tutti in mona. Bel lavoro da completare in coppa affrontando Peterson e i suoi licaoni?  
8 PESARO: voto 6.5. Ritrovato l’entusiamo, l’assetto societario giusto, tenendo lontano il barracuda fighetto che è in troppi critici dal moscone, pensavamo che le cose potessero andare meglio. La squadra gioca bene, ma non difende bene. La squadra lotta spesso, ma non sempre.  
9 CASERTA: voto 6. Stare ancora insieme, come squadra, con il presidente che se ne va nei giorni in cui la lava delle sconfitte pietrifica la pezza delle noci, resistere sentendo che soldi non ce ne sono più tanti è stato importante e il girone di ritorno sarà quello della rimonta play off. Ammesso che non arrivi lava da altri vulcani societari.  
10 VARESE: voto 6. Bellissima nella freschezza dell’avvio, bellissima fino a quando i giocatori non hanno cominciato a rompersi e le comari dei giardini non hanno intaccato la saldezza del consorzio che sa di buono, che sa di futuro convertibile. Recalcati è il suo genio felin

o.  
11 CREMONA: voto 6. Crediamo in Mahoric, ma devono aiutarlo ancora un po’ perché se hai la panchina corta resti asfissiato.  
12 ROMA: voto 3. Giocatori da mettere in quarantena, meglio ragazzi della cantera, meglio non pensare allo spreco di talento e di denaro. Boniciolli ha pagato la sua voglia di stimolare con iperboli gente che non salterebbe verso il vuoto neppure se fosse sopra un sasso di magnesio alto un centimetro.  
13 SASSARI: voto 7.5. Grande Sacchetti, padre e figlio, grande sforzo e il miglior regista del campionato. Peccato che Diener sia spesso dal fisioterapista.  
14 TREVISO: voto 3. Rovinare tutto andando dietro alla bava di certi giocatori, giovani o veterani conta poco, è davvero poco benettoniano. Una volta Buzzavo spegneva le luci, faceva piangere qualcuno, ma nessuno girava a cinque metri da un blocco.  
15 BRINDISI: voto 5.5. Doveva sorprenderci e invece è rimasta sorpresa. Con Bechi sembra aver trovato la presa per elettrizzare un bellissimo ambiente. Vedremo.  
16 TERAMO: voto 5. Niente trippa per i gatti d’Abruzzo. Peccato davvero per la caduta di Capobianco, per la caduta di una società che ha dentro energia e sani principi. Forse non si salverà, ma per il futuro siamo ottimisti perché crediamo nella dirigenza.

Oscar Eleni

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