La barista di Borghetto

11 Novembre 2011 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni
I tecnici di Facchini, i passaggi di Cantù, il basket dei muscolari, le triple di Fotsis, il regalo di Sabatini e la carriera bruciata di Omar Thomas.

Oscar Eleni alla caccia dei gatti federali senza coda nell’isola di Man facendo leggere ai clienti del pub preferito la storia che ci regala Lorenzo Sani inviato nell’inferno di Genova: una barista di Borghetto si salva la vita restando per due ore appesa ad un canestro mentre la piena travolgeva tutto. Il maligno magnifico aggiunge che Colucci e Facchini le avrebbero dato tecnico e la cosa, considerando che è stata pubblicizzata dai carbonari dei siti perché sui giornali pseudo sportivi non se ne parla proprio, ha fatto sorridere proprio il diablo antiquiz dei fischietti che era a Desio invitato dai colleghi spagnoli assegnati dall’ULEB alla sfida di coppa dove la Bennet ha ritrovato tutto quello che le serviva per sentirsi invitata al ballo europeo: “Dite a Lorenzo che io non ho mai dato tecnici per chi si attacca al canestro, anche quando c’era la regola anti crash che imponeva la punizione”. Stuzzicare Facchini che, per fortuna nostra, guarda al futuro e non ai quiz, proponendoci fra i fischietti in divenire con talento il figlio di Baldini, un signore toscano ai tempi in cui era arte anche dirigere colossi, e intanto si prepara alla sfida fra Milano e Siena nella prima notte di fuoco fra due squadre che in Eurolega sono uscite con qualche dente di meno, anche se Milano ha trovato la porta per salvarsi con i tiratori da tre, un’aspirina che anche ai tempi di Bucchi nascondeva il malessere, faceva dimenticare le difese oscene, le risalite verso il canestro avversario senza energia, spaziando oltre le tribune.
La settimana europea promuove soltanto Cantù, l’atmosfera del PalaDesio che ci ha restituito il mondo come lo sognava il sciur Aldo, una squadra che non sta ancora benissimo, ma che sicuramente ha ritrovato se stessa nello stesso momento in cui si è tolta la maglia della salute che ormai quasi tutti gli allenatori ambiziosi impongono ai giocatori che devono essere somiglianti, come imnmagine, al demiurgo. Ragionavamo proprio su questo vedendo tanti, troppi, passaggi in più, ragionando oltre ogni ragionevole dubbio di soluzione vedendo che il canestro non veniva quasi mai attaccato, anche se la Bennet era sempre viva ed era pronta ad azzannare la semicorazzata di Ivkovic nel momento stesso in cui l’Olympiakos si stava illudendo che sarebbe bastato Spanoulis a sparigliare. Certo che tutto era bello perché si viveva la partita, si sentiva l’emozione, il rispetto senza complessi anche se la gente si chiedeva perché l’americano di Cantù faceva soltanto panchina mentre da altre parti l’americano si prende per fargli tenere in piedi la casa. Soliti dubbi in momenti difficili come quello del dopo Treviso, incertezze che si notano nello svolgimento del tema, nella nuova gerarchia su una panchina dove vedi nascere l’ortica che spesso ha fatto diventare impossibili rapporti privilegiati nati dalla stima, dall’affetto, ma soprattutto dalla competenza e non venga mai il giorno in cui si dovranno restituire le legioni ai legittimi proprietari.
Dicevamo della partita vista a Desio dove tutto funziona al massimo, perché informazioni e accoglienza sono super, dove, però, esiste il problema smaltimento traffico che nasce dalla cattiva gestione di parcheggi da cui sembra impossibile deflusso. Non diteci che chi ha costruito il Pala Desio si augurava di non vederlo mai pieno. A metà tempo Dan Peterson, prima di ammalarsi, anche se la voce roca del giorno dopo su Charleroi-Milano intrigava di più del solito mamma butta la pasta, girava soddisfatto fra la gente elogiando lo spettacolo. Noi, invece, eravamo fissati sull’inchiesta del giornale spagnolo El Pais sul basket che aveva perduto la sua naturalezza, asfissiato dalla muscolarità imperante, dal controllo del gioco e delle statistiche come suggeriscono gli agenti fasulli, da regole che ne rallentano lo sviluppo, da arbitri che pur di fischiare s’inventano il contatto con l’alluce. Per gli intervistati, nel gruppo anche Scariolo e Messina, la perdita di pubblico si può spiegare anche con questa ricerca spasdomica del risultato ad ogni costo, nel troppo atletismo che ha fatto passare in secondo piano la preparazione tecnica, una cosa che si nota quando i passaggi arrivano sempre su bersagli sbagliati, nel riscaldamento prepartita che è dedicato più ad allungare e scaldare muscoli piuttosto che a cercare un equilibrio fra gesto tecnico e atmosfera intorno alla gara.  
Il finale alla baionetta, quell’epilogo festoso ha cancellato tutto mentre il giorno dopo scoprivamo che Siena è davvero troppo leggera se vuole battersi con Barcellona, con questo CSKA che ha sbancato Atene e sconfitto Obradovic nella più bella delle partite servite da Sport Italia che al basket regala molto, anche se non tutti quelli che devono raccontarcelo hanno il diritto di andare in giro a mostrare la loro ruota multicolore da terra di gatti senza coda, anche se del domani non esiste certezza e sarebbero davvero guai senza una TV per l’Eurolega negli anni a venire visto che il mondo non è finito alle 11 e 11 dell’11-11-11. Anche Milano ha dei problemi, ma almeno sembra aver risposto alla domanda del sergente Lo Russo incarnato nella nostra mente perfida su quello che mangiano i greci: quando sono sulla partita si mangiano gli avversari e anche il buon senso se il risultato è girato sulle scelte di Bourousis e sulla tripla che sembrava impossibile di Fotsis, una delle tante che hanno salvato l’Emporio. Via dalla coppa per riflessioni angosciate.
Fino a quando, direbbe Cicerone, il creativo Sabatini abuserà della pazienza di chi lo segue in tutte le sue ardite risalite? Lasciato il sogno Bryant e non certo perché, come dice il malizioso viandante di Genova, Obama gli ha finalmente risposto “Yes we Can. And you Barbie”, eccolo annunciare al mondo che il suo tempo è finito, pronto a donare la Virtus alla città di Bologna. Il caro Clodio che da patrizio si è fatto plebeo dovrebbe comunque pensare ancora a sistemare una squadra che purtroppo non avrà quasi più niente dal McIntyre che era già zoppicante quando uscì dal regno senese e in Spagna se ne sono accorti subito, strano che l’osservatorio bolognese non avesse notato certe cose, abboccando alle dichiarazioni del Tmac ben educato.
Sul caso Thomas non prendiamo posizione perché se un ragazzo che in campo ha fatto vedere cose meravigliose si trova oltre il filo spinato ci viene il nervoso pensando a chi si è guadagnato così il pane ingannando un uomo che la vita aveva già maltrattato tante volte. Questi continui rinvii dei giudici sono davvero crudeltà aggiunte. La domanda sul passaporto falso, secondo testimoni un taroccamento che non sarebbe passato neppure giocando a Monopoli, dove tutto è fasullo per definizione, ci impone di chiedere agli organi federali di controllo preposti, a chi verifica i documenti prima delle partite, a tutti quelli che ad Avellino avranno pur maneggiato il finto passaporto, anche se adesso dicono di essere loro i veri danneggiati come immagine, come hanno fatto a non accorgersene. Agli agenti italiani non è venuto nessun dubbio? Era davvero necessario per uno come Thomas avere un passaporto europeo? Misteri gloriosi, mentre la vita di un eccellente giocatore si sta rovinando di nuovo. Mostruosità da ugonotti, furore vendicativo fino al silenzio perché nel gioco era entrata Siena, riprendendo la spinta una volta che dalla n
obile contrada è stato subito chiarito che la decisione spetta soltanto alla Federazione e che il pre-accordo può considerarsi scaduto. Ora diteci voi cosa ci ha guadagnato Thomas che, fra l’altro, non avrà neppure i soldi delle ultime mensilità avellinesi. Bruciare una vita per regolamenti inventati da azzeccagarbugli fintamente interessati alla difesa del giocatore italiano è crudele, ma, purtroppo, nel gioco delle parti non tutti hanno le stesse fortune, non tutti sono Ibrahimovic o Maestranzi.

Oscar Eleni
(11 novembre 2011)

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