Io salvo la Regina

1 Aprile 2008 di Alec Cordolcini

1. Aprile è il mese del Koninginnedag, il Giorno della Regina, festa nazionale in Olanda che celebra, il giorno 30, il compleanno della regina madre Giuliana e l’ascesa al trono della figlia Beatrice. Un evento vivace e colorato a cui vale la pena assistere almeno una volta in una Amsterdam (ma non solo nella capitale) invasa da un esercito color arancione che canta, balla, beve (tanto…) e cerca magari di fare qualche affare in uno dei numerosissimi mercati delle pulci sparsi per la vie della città. Tradizione vuole infatti che ogni cittadino olandese che abbia in soffitta oggetti di cui intende disfarsi possa prendere una coperta, o una stuoia, e recarsi alla festa più vicina per esporre la propria mercanzia, partecipando così a un mercato informale che coinvolge quasi due milioni di persone e il cui giro di affari è stato stimato essere attorno ai 200 milioni di euro (fonte ING Group, dati relativi all’anno 2007). Ciò che colpisce è però il legame che unisce gran parte delle popolazione ai propri reali; meno mediatici e mondani degli omologhi d’Inghilterra, la famiglia del casato di Orange-Nassau piace a oltre l’80% degli olandesi. Un dato difficile da comprendere in un paese come il nostro dove l’ultimo (tecnicamente il penultimo) re è fuggito in camicia da notte lasciando la capitale del suo regno alla totale mercè del nemico, nonché ex-alleato, che premeva alle porte. Probabilmente però un simile consenso non lo riceverebbe nemmeno il Presidente della Repubblica, e non c’è da stupirsi. Almeno i reali d’Olanda non hanno mai benedetto l’invasione sovietica in Ungheria nel 1956 come operazione “necessaria per portare e mantenere la pace nel mondo”.
2. Torniamo al tema principale di questa rubrica, ovvero il calcio; mentre nell’infausto periodo a cavallo tra ottobre e novembre del 1956 25mila ungheresi perdevano la vita e oltre 200mila erano costretti ad emigrare in Occidente per scampare alle galere e ai plotoni d’esecuzione, in Olanda un marcantonio con braccia da agricoltore e cuore di marinaio si apprestava a scrivere il proprio nome nella storia della Eredivisie, il campionato nazionale olandese che apriva i battenti proprio quell’anno, stabilendo il primato del maggior numero di reti segnate in un torneo a girone unico, ben 43 in 34 partite. Si chiamava Coen Dillen, per gli amici Il Cannone. Il Psv lo aveva scartato a 15 anni non ritenendolo all’altezza, lui aveva smesso con il calcio a 18 per farsi tre anni di servizio militare in marina, poi, una volta finita la Seconda Guerra Mondiale, aveva trovato casa (calcistica) nel Brabantia, dove aveva avuto modo di far capire al club della Philips l’errore di valutazione commesso. Grezzo nei fondamentali ma dotato di una forza fisica straripante, nell’anno del record Dillen apre con la rete della bandiera in Psv-Mvv Maastricht 1-3 del 2 settembre, infila un paio di quaterne (Dos Utrecht-Psv 2-8 e Elinkwijk Utrecht-Psv 0-6) e chiude con una doppietta il 2 giugno nel derby di Eindhoven, in cui l’allora Evv (oggi semplicemente Fc) soccombe 7-4. Reti importanti ma inutili a fini del successo finale, che sorride all’Ajax di Rinus Michels, implacabile punta centrale nel 2-3-5 biancorosso. Nasce però in quel periodo la rinomata scuola di bomber del Psv; prima di Van der Kuijlen, Thoresen, Kieft, Romario, Ronaldo, Nilis, Van Nistelrooy e Kezman, il mito di Coen Dillen.
3. Se il nome di Dillen risulta ben impresso tra le pagine della storia della Eredivisie, difficilmente tra le stesse troveranno posto Karim Saidi, Sergio Pacheco De Oliveira, Ivan Cvetkov e Ugur Yildirim, nonostante quest’ultimo abbia comunque nel proprio carnet almeno una stagione ad alto livello con l’Heerenveen, che lo aveva spinto fino alla soglia della nazionale oranje (sedotto e abbandonato da Van Basten, opterà poi quella turca). Questo poker di giocatori scarsamente rimpianti sta però contribuendo in maniera decisiva al miracolo Sivasspor, il club turco promosso per la prima volta nella massima divisione nel 2005 e che attualmente si trova in lotta con le tre grandi storiche di Istanbul (Fenerbahce, Galatasaray e Besiktas) per la conquista del titolo nazionale, trofeo che in una sola occasione (nel 1984 con il Trabzonspor) è uscito dalla capitale. Secondo posto-Champions in coabitazione con il Galatasaray e a soli due punti dagli Zico boys; un risultato incredibile. Sivas è una fredda località della Turchia orientale dove solamente attorno ai primi giorni di marzo la temperatura è tornata a far registrare qualche grado sopra lo zero. In mezzo al fango e alla neve però il giovane allenatore Bülent Uygun, 36 anni, ha saputo estrarre da materiale tutt’altro che eccelso risultati di notevole spessore, e buona parte del merito, secondo il diretto interessato, è da ascrivere a questi reduci dalla scuola olandese. “Hanno introdotto professionalità e lucidità in un ambiente, quello del calcio turco, troppo emotivo e poco razionale”. Capita così di vedere Saidi, cocente flop al Feyenoord ma anche in Serie A a Lecce, guidare con sicurezza uno dei reparti arretrati meno battuti del campionato, Cvetkov segnare gol (addirittura un poker nell’ultima trasferta sul campo del fanalino di coda Kasimpasa) come gli riusciva qualche anno fa solo in Eerste Divisie, e Sergio inventare come ai bei tempi di Kerkrade. Il prossimo giocatore da rilanciare sarà il finlandese Mika Vayrynen, già vicinissimo ai turchi lo scorso gennaio, ormai ricoperto dalle ragnatele in quel di Eindhoven. Calcio-spettacolo dunque in quel di Sivas? Nemmeno a pensarci, perché Uygun schiera la squadra con un praticissimo (e assolutamente anti-estetico) 4-4-1-1 che profuma di catenaccio. Del resto, quando Fenerbahce e Galatasaray con la sola vendita delle magliette guadagnano il triplo del tuo budget totale, non si può certo pretendere la (mezza)luna.
4. Battendo a fatica 2-1 il Vitesse-cabaret di De Mos (liti, contestazioni plateali, sostituzioni per motivi tecnici dopo un quarto d’ora, giocatori messi fuori squadra dalla società ma non dal tecnico, che quindi li manda in campo) l’Az Alkmaar ha interrotto a dodici la propria serie di partite consecutive senza vittorie. Un sospiro di sollievo tirato grazie al difensore messicano Hector Moreno e al redivivo Julian Jenner. Poi in conferenza stampa è stato Louis van Gaal-show e, nonostante la simpatia che proviamo per il personaggio, questa volta si è sfiorato il patetico. Attacco frontale ai giocatori, a suo dire colpevoli al cento per cento della disastrosa stagione (il mercato però non l’hanno fatto ne Pellè né Ari), più il gran finale con le possibili dimissioni di fine stagione ritirate proprio su richiesta degli stessi. I quali, a suo dire, lo avrebbero invitato a rimanere in quanto “cresciuti molto nella cultura del lavoro quotidiano”. Una sparata che non si berrebbe, se esistesse, nemmeno la versione olandese dell’Araldo di Cialtronia. In realtà ad Alkmaar c’è una gran voglia di mettersi questa stagione alle spalle (ancora tre settimane di pazienza), con o senza Van Gaal. Lo scorso anno il tecnico si assunse la piena responsabilità del titolo nazionale sfumato all’ultima giornata, oggi invece spara a zero sulla squadra. Forse è davvero rimasto all’Az un anno di troppo.
5. Non sarà una grande squadra, l’attuale Az, ma sicuramente è una grande società. Lo diciamo dopo aver intervistato la scorsa settimana Graziano Pellè, da noi contattato grazie ai buoni uffici dell’addetto stampa del club Daan Schippers. Solerte nel rispondere alle nostre mail, gentile e preciso nell’organizzazione dell’incontro (telefonico), tra primo contatto e intervista non è passata più di una settimana. Un’educazione e un rispetto del lavoro altrui che, a detta di alcuni nostri colleghi (noi non ci occupiamo di calcio italiano), è arduo riscontrare in un club del nostro paese.
E’ vero, come dice la stampa olandese, che la probabile vittoria del Psv Eindhoven quest’anno in campionato è più frutto della mancanza di avversari che non di una superiorità tecnico-tattica, ma è altrettanto vero

che la maggior regolarità di rendimento del club della Philips è dovuta in gran parte al proprio portiere, Heurelho Gomes, capace di trasformare i pareggi in vittorie e le sconfitte in pareggi. Basta guardare l’ultima trasferta del Psv, a Nijmegen contro il rinato Nec; 21 tiri in porta dei padroni di casa, risultato finale 0-0. Per questo e per molto altro (non ultimo la super-prestazione in Coppa Uefa contro il Tottenham, con qualificazione acquisita ai rigori grazie alle parate del nostro) scegliamo il goleiro brasiliano quale giocatore del mese. Il ct della Seleçao Dunga lo ignora, alcuni grandi club preferiscono schierare tra i pali il Kalac o il Lehmann di turno. Eppure, sottovalutato come è, Gomes non costa nemmeno cifre folli. Di seguito la top 11 della Eredivisie per il mese di marzo (4-3-3): Gomes (Psv Eindhoven); Douglas (Twente), Marcellis (Psv Eindhoven), Dingsdag (Heerenveen), Mtiliga (Nac Breda); Stam (Nac Breda), Holman (Nec Nijmegen), El Ahmadi (Twente); Lens (Nec Nijmegen), NKufo (Twente), Sulejmani (Heerenveen).

Alec Cordolcini
wovenhand@libero.it

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