Il tumore di Assago

18 Novembre 2011 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni
Gorilla nella nebbia, le scarpe di Danilovic, la fabbrica del Duomo, i misteri di Melli e Viggiano, gli allenatori da sala montaggio, americani alla frutta, l’immagine di Gallinari e i messia di Armani.


 

Oscar Eleni dalla pattumiera nebbiosa di Assago dove gioca l’Armani, dove canterà Laura Pausini. Nella caligine creata ad arte anche da macchine velenose sei sfiorato dai fantasmi dell’insoddisfazione Olimpia. Passa uno e sibila: se Bucchi e persino Peterson avvessero perso una partita come quella contro il Partizan sarebbero assediati nello spogliatoio fino alla partenza per Tel Aviv. Gira il mondo gira, ma questo paese è sempre uguale: scopri di avere un tumore, vai da un ciarlatano che fa confusione fra erbe e pattumiere, capisci di essere nei guai. Ti rivolgi ad un luminare, la spiegazione è più chiara, le cure sembrano anche appropriate, ma resta il tumore. Nel bilancio dello Stato, nella politica di una società sportiva.
La nebbia non può nascondere le orribili scarpe a punta che sono sempre piaciute a Sasha Danilovic, re leone di tante stagioni europeee ed italiane, presidente del Partizan dove la canzone più in voga è quella sulla mamma che di gente come Sascione non ne fa davvero più. Passa e scopri che il suo sorriso beffardo ha un senso: perdere dopo essere stati avanti di 21 punti, perdere contro una squadra serba, un solo americano da 2 su 13 al tiro, un paio di giovani promettenti, ma niente di speciale, anche se in tribuna al Forum c’erano più osservatori NBA, più agenti che in altre occasioni, dimostra che non possono mai essere i soldi, i vestiti, la prosopopea del “sappiamo tutto noi” a far diventare squadra, gruppo, gente che non ha più fame e che partecipa alla vita di corte, ma non a quella del cortile.
Di solito se questo succede in un ambiente dove la società condivide con il suo popolo angosce e passioni può accadere che scattino certe scintille, ma così è davvero difficile pensare ad un domani diverso da quello già vissuto. Dicono che quando c’è il cartello “lavori in corso” è fastidioso vedere tanta gente aggrappata alle grate del cantiere, soprattutto vecchi brontoloni, pensionati che non hanno ancora perso la memoria, ma in quel cantiere ci sarà pure un cartello con la fine dei lavori o anche per la nuova Olimpia emporio sarà come la fabbrica del Duomo che a Milano occupò davvero tanta manodopera, tanti zecchini d’oro, o sarà come troppe costruzioni promesse per una data e scaricate a nessuno tre, cinque anni dopo, con il rischio che si avverino davvero le previsioni di chi vorrebbe davvero farlo finire questo mondo?
Vedere Milano, questa Olimpia, con il solito piede che sta per essere schiacciato dall’eurobasket pronto a chiudere la porta davanti a chi non merita di stare fra le migliori sedici, fa malissimo perché ci eravamo illusi che qualcosa stesse davvero cambiando, anche se poi i segnali di fumo dalla prateria lontana dalla Silverado del prode Proli facevano venire qualche sospetto. Nella costruzione Armani, ci avevano detto, prendendo d’acido sulle polemiche per il giovane Melli precettato dalla nazionale A, il biondino che cammina sulle punte era considerato importante: gioca a sprazzi, gioca ogni tanto, non si sa perché e dove gioca davvero. Poi c’è il caso Viggiano, uno che corre veloce, un acrobata, uno che era candidato alla maglia Azzurra e quindi ad un futuro con passaporto per ogni stagione legaiola, uno che adesso gioca venti secondi perché sembra che il recupero da infortunio sia lento. Lui non è convinto, ma, in una squadra che ha pure il preparatore mentale, lo convinceranno che non è ancora pronto.
Nella nuova era dove gli allenatori vorrebbero essere tutti come sir Alex Ferguson, un grande che, però, le punte alle matite le lascia temperare al altri, si scopre che questi nuovi maghetti hanno studiato al collegio del sorriso per far uscire immagini candide, senza macchia, senza colpe, fingendo di non essere invidiosi se, per caso, qualcuno apprezza anche il lavoro di chi sta dietro le quinte. Questi sono professorini che soltanto se le cose non funzionano girano la colpa ad altri, il mercato è sempre aperto e allora viva il Pianigiani che, obtorto collo?, dichiara di volersi impegnare per far rendere al massimo la Siena sbagliata che ha iniziato questa stagione portandosi dietro la zavorra dell’Europeo. Insomma questi allenatoroni che passano tanto tempo in sala montaggio, guardando i video di prospetti dalla Papuasia al Machu Piciu, come direbbero i piemontesi, scoprono a lavori in corso che qualcosa non funziona.
Accidenti a voi non è possibile scoprire oggi che un Nicholas è oltre la frutta o che Leunen ha smesso di fare progressi, inutile domandarsi perché un allenatore come quello che aveva scelto Montegranaro privilegiava poco la difesa se nella carriera aveva sempre fatto così. Insomma, se domani il Sabatini che regala e non vende più la Virtus dovesse scoprire che Lang non è abbastanza solido per aiutare questa Canadian ad antrare almeno nelle prime otto, perché stupirsi? Il biondone non finisce una stagione da molto tempo, gioca molto bene per periodi brevi e adesso si presenta dicendo che non gioca da sei mesi, ma è fiducioso di poter dare una mano alla società che è tornato ad amare dopo averla lasciata brontolando. Siamo nel paradiso dove apparire è meglio di essere. Ora si aspetta il congedo al grande TMac che non stava bene neppure in Spagna, ma tutti sono impegnati a far sapere che era un malanno diverso.
Può anche essere vero, ma all’università della strada sanno in molti che se hai problemi negli appogggi, se il recupero è sempre più lento, se i muscoli restano ingolfati a lungo, allora cerchi posture diverse e dietro l’angolo c’è la beffarda regina dei fine carriera che ti chiede indietro la licenza, non quella di uccidere gli avversari come quando eri al meglio, anche quella semplice per stare nel professionismo di serie B che ora sembra attirare altre giraffe dalla NBA in serrata continua, quella dove della gente comune, del lavoratore comune, non si possono preoccupare né i proprietari a cui non mancano risorse per vivere, né gran parte dei giocatori a cui non mancano le offerte anche se in questo momento chi ha ingaggiato artisti con il biglietto aperto per la NBA non riesce più a far pari con certi conti perché i ragazzi costano e non è vero quello che dicono certi agenti, quello che ci fanno vedere i nuovi cartai che adesso gestiscono pure l’immagine del giocatore più o meno famoso, che tutto è meraviglioso nel piccolo mondo antico. Balle. Si fanno diventare partite da impresa quella dove un Gallinari prende a spallate Siena, quella Siena, in un finale ben diverso da quello dove lo stesso Gengis Gallo ha fatto il disastro dell’intenzionale su Pekovic che ha indicato l’unico sentiero dove la squadra di Jovanovic poteva ritrovare una luce per arrivare dentro il cantiere Scariolo persino con Acie Law che soltanto alla fine ha capito che il fiero milanese era soltanto fatto con la stessa materia del pupazzone che allieta i bambini del Forum.
A proposito: nella notte nebbiosa, con scioperi velenosi, il Partizan ha avuto almeno 600 tifosi che hanno fatto sentire alla squadra che non sarebbero comunque rimasti soli in quell’arena anche a meno 21. Differenze sostanziali di mondi, da una parte si canta, si balla, si grida, dall’altra partono solo ordini per stare in piedi o seduti, per far sapere che si vuol vincere, con culture diverse e non era soltanto per merito della birra esaurita d
al bar del palazzo già un’ora prima della fine. Si va verso una giornata di campionato dove Milano riposerà nel campo delle ortiche cercando colpevoli al di fuori di se stessa per un finale da campioni viziati che negli ultimi attacchi andavano tutti verso la palla e non sapevano davvero cosa fare. Beatificare Giorgio Armani per la pazienza, per l’esistenza adesso che le Regioni sputano sentenze dicendo che la crisi impedisce aiuti alle squadre di basket, per la disperazione che può andare da Sassari a Biella, ma anche lui, prima o poi, chiederà una verifica di competenza e vedremo se avrà ancora tanta voglia di aspettare nuovi Messia.

Oscar Eleni (18 novembre 2011)

Share this article