Il terzo pareggio no

13 Ottobre 2010 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari
La copiosa letteratura sulla roulette spiega bene la cosiddetta Gambler’s Fallacy, l’errore (nel senso di credenza infondata) del giocatore dovuto alla sovrastima dei risultati passati. Ma se ogni persona sensata può capire che l’uscita di due palline consecutive sul Rosso non fa aumentare le probabilità del Nero, non altrettanto si può dire quando il discorso vira sullo sport.
I giornali di consigli sono infatti pieni di elenchi di squadre da Over, da pareggio, da vittoria in trasferta, da Goal (cioè contro lo zero a zero), guardandosi bene dall’avvertire che le quote proposte quasi sempre scontano queste statistiche. Un sistema di gran moda a inizio millennio era quello di reazione al pareggio, il cui nucleo era la scommessa contro la X di una squadra (quindi ‘bancandola’ o puntando sugli altri risultati in maniera ponderata) quando questa squadra veniva da almeno due pareggi consecutivi. Il ragionamento, condivisibile, era che la pallina della roulette non ha memoria ma una squadra di uomini sì: quindi a un periodo di pareggi, causati da varie circostanze, sarebbero per forza dovute seguire una vittoria o una sconfitta in maniera più che proporzionale rispetto a quella espresse dai bookmaker.
Nel libro Fixed odds sports betting, di Joseph Buchdahl, sono stati monitorati dieci anni di gioco con questo schema sulle categorie maggiori del calcio inglese puntando sempre la stessa cifra. Molte annate positive, qualcuna neutra e poche negative: alla fine il rendimento medio annuo è risultato del 6,28%. Come abbiamo già dimostrato, il ragioniere vince spesso. Ma non si diverte.
(Articolo pubblicato sul Giornale)

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