Il sei del Messina bambino

24 Gennaio 2011 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni
La carovana per Brumatti, i ristoranti Nba, i necrologi che costano troppo, le armi contro Siena, il ragazzo della Misericordia, i ricordi di un guerriero. Voti a Zorzi, Michelori, Buzzavo, Bears, Filipovski, Lo Guzzo, Bertomeu, Boniciolli e Peterson.

Oscar Eleni in fuga da Pisa, dall’osteria La Mescita dove era divertente ascoltare Marco Malvaldi, chimico e giallista, che ci portava verso la copertina del libro appena scritto, quell’Odore di chiuso che sentiamo intorno a noi, vecchi inguaribili nostalgici di tempi andati, colpa dell’età e non solo, anche se il succo dell’opera ci aiuta a seguire un po’ meglio Pellegrino Artusi che ci ha comunque regalato una mirabile bibbia dei fornelli e che adesso fa litigare la gente proprio come quelli che non capiscono l’eccitazione per i 150 anni dell’Italia. Lasciare in fretta La Mescita per unirsi, almeno idealmente, alla carovana dolente diretta verso Lucinico per l’ultimo saluto a Pino Brumatti.

Altura destra dell’Isonzo, il paese alle porte di Gorizia dove è nato Edy Reja, lo scenario che Italo Svevo aveva scelto per la sua Coscienza di Zeno, un libro che ci serve ancora come breviario perché noi della vecchia brigata citrulli, noi che non attendiamo con ansia da sadici la prima caduta del Dan Peterson che ha trovato la linfa della vita e la poesia per stupire anche l’inclita che imbratta giornali e riviste, siamo sempre alla ricerca delle guarigione come Zeno Cosini. Ma lo siamo in maniera troppo ingenua e allora sfrutteranno questa fuga dal loro lettino delle confessioni, del pettegolezzo, dalla loro scrivania piena di statistiche che non li obbligano a cercare nella mente e nel cuore di un giocatore, per scrivere della retorica che gonfia i maroni, o maroncelli in certi casi se li guardano allo specchio, per accusare i nostalgici di non andare mai oltre la sala d’aspetto dei ristoranti dove mangiano Bargnani, Belinelli o Gallinari, di fermarsi a piangere sulla solarità dei Pino Brumatti quando al Forum di Assago, non era Milano accidenti, i bambini educati al tifo dai maestri del coro Armani, gridavano defense-defense, poveri cocchi, quando nessuno ha esposto strisconi nel ricordo. Lo hanno fatto in altri posti dove ha giocato il nostro cavaliere, quando non si sono sentiti né cori né singhiozzi.

Certo trentacinque anni sono troppi, ma l’illusione c’era lo stesso.
Abbiamo guardato Sandro Gamba nel minuto di silenzio, poi abbiamo cercato intorno a noi: Cappellari in un angolo, qualche vecchio tifoso a capo chino, Faina in viaggio verso l’Est dopo aver fatto bene il telecronista per SportItalia, per il resto nessuna scintilla e il caro Miccoli ha presentato il personaggio come si fa con una friggitrice automatica di sentimenti. Ehi, coscienza di uno andato troppo a zonzo nelle osterie, magari proprio col Pino nostro, picolit e soppressa, guarda che sul sito Armani il Suardi ha scritto per Brumatti annunciando il lutto della società al popolo Olimpia. Noi pensavamo a qualcosa di più. Un tempo usavano i necrologi sui giornali. Ci dicono che oltre a costare troppo sono passati dalla moda mortuaria. Non lo sapevamo anche perché c’è ancora gente che ti considera morto soltanto se appari sui necrologi dei giornali di riferimento locale, quelli che pensavano e pensano ancora di vendere molto per le opinioni di certi fasulli venduti al miglior offerente e non per gli annunci mortuari e le offerte d’impiego.

Chiediamo scusa a Suardi, non a Proli che è entrato al Forum in ritardo per colpa del traffico e quindi non poteva commuoversi con noi.
Eh no, deve stare sulla sedia maestra a vedere come si muove il nano ghiacciato, molto prima e poco dopo, rimpiangendo di non aver pensato qualche anno fa a questo colpo di teatro che gli ha fatto anche trovare le risorse per completare la squadra con Benjamin Eze. Ehi, diranno quelli che erano con Bucchi, ma poi non lo erano veramente, se davano anche al Pierino un Greer e un Benjamin ci andava pure lui alla guerra contro Siena che, ma guarda un po’, non fa diventare tutto oro quello che tocca perché rimediare all’infortunio di McCaleb vuol dire anche faticare di più nella digestione di nuovi assetti e su questo potrebbe speculare Ettore Messina nella partita che decide più la stagione europea di Siena che quella delle merengues autorizzate magari anche a perdere, ma non di molto.

Messina dice che è il momento migliore del Real. Fortuna sua.
Non è il momento migliore della Mens Sana, ma il Lavrinovic sparito ad Istanbul non può essere quello vero, per cui calma e pazienza. A proposito di Ettorre, il nostro Tancredi da barricate garibaldesche, meraviglioso il suo ricordo di Brumatti, meraviglioso nella essenzialità dei tempi nuovi, ma con dentro una scintilla che ai cantori del nuovo, quelli che ci spaccano i timpani con il “caso Carmelo Anthony” e poi, negando quello che hanno appena mangiato, ci fanno sapere che non ne possono più della commedia fra Denver-New York e New Jersey. Cara gente che date una bella pagina alla NBA, voi che godete se i bambini alla scuola del tifo gridano de-fense, eccovi il Messina sublime: ”Da ragazzo, alla Misericordia, giocavo con il 6, come Brumatti, come Recalcati. Mi piacevano più di tutti e facevo ore e ore di arresti e tiro, in patronato, come Pino, anche se tifavo Varese. Ancora un pezzo di noi che se ne va. Malinconia, dispiacere, gratitudine”. Firmato soltanto Ettore. Ora ditemi voi se lo avete letto da qualche parte un ricordo del genere.

Ringraziamo anche Luciano Murgia per averci mandato il suo ricordo sul Pino guerriero che davanti alla televisione prometteva baldoria onanistica se l’Ignis, in diretta televisiva da Cagliari, avesse perso
contro il Brill. Perse e fu il terzo spareggio della storia infinita fra Varese e Milano. Restando sul patetico andiamo allora alla casa della gloria che ha spalancato le porte a grandi di questo gioco nella storia nazionale della palla a spicchi. Massimo Masini avrà accolto in lacrime questa corona che ora divide con il suo fratello Pino Brumatti e con Giulio Iellini che abbiamo lasciato andare verso altri porti. Lidia Gorlin era della stessa pasta del nostro Pinot selvaggio. Tonino Zorzi se lo ricorda bene e lo tiene stretto al cuore. Pasquale Ardito, arbitro e attore che sul campo ti faceva arrabbiare, ma pure divertire, nel rispetto della sua legge, ricorderà Brumatti come quell’arbitro che in Francia, in coppa, fischiò un fallo a Brumatti. ”A chi?”, domandò ingenuo il nostro Pino. ”A Vous”, rispose l’arbitro. ”A mu ?”, replicò il nostro ultimo eroe. Anche Amedeo Salerno si commuoverà pensando alla vita azzurra del goriziano, rimpiangendo di avere avuto nella sua vita soltanto gente come Mandelli che pagava il massaggiatore per truccare la bilancia risparmiandogli la multa anche se a vista d’occhio si vedeva che aveva gradito pizza, fichi e spaghetti alle vongole veraci. Nella casa della gloria che frequentano in un’altra dimesione saranno Maurizio Martolini e Sergio Stefanini, un grande arbitro, un giocatore che ha fatto storia. Loro per accoglierlo preparando il campo per tutti gli altri, sperando che tengano conto di un tavolo a bordo campo per i cronisti. Pagelle sulle lacrime e sulla bava, sui ricordi e sulla rabbia che ti viene sentendoti così fuori posto dove pensavi di essere a casa.

10 A Tonino ZORZI
che sulla sua barca ha fatto salire anche Vitucci e la nuova Avellino, pronto a portarli in un mare diverso da quello infestato dai lupi delle partite doppie. Aspettava di entrare nella casa della gloria da tanto tempo e adesso minaccerà chi dovesse presentarlo soltanto come grande allanatore: lui, il nostro caro Zorzi peloso, è stato anche un eccellente zogador.
9 All’Andrea MICHELORI che dopo la sofferta vittoria su Cremona ha detto che servivano soltanto i due punti. Caro Pianigiani non è che quando lo lasci fuori rosa quello frequenta i calciatori?  
8 A Giorgio
BUZZAVO
che resiste impavido nella sala insonorizzata dove ha obbligato tutti a dimenticarlo. Ma caro Buz come si fa di questi tempi in un fine settimana dove fra basket, rugby e pallavolo hanno mangiato di tutto meno che le rose?  
7 Ai CHICAGO BEARS di football che hanno perso la finale di Conference contro Green Bay dando, finalmente, direbbero gli anti Nano, un dolore al Peterson che se la godeva troppo in queste tappe di pianura del suo ritorno alla vita spericolata del coach che deve fare amicizia con tutti. Anche con malevole comari. Sentirà sulle salite: veleno e sorrisini per il nonno arzillo.  
6 A FILIPOVSKI che dopo aver scoperto i piedi d’argilla della Roma nata male, allevata peggio, si è almeno accorto che a Brindisi c’è chi difende anche peggio dei suoi lupacchiotti dove se mangia uno gli altri diventano rabbiosi, una malattia che prende soprattutto i presunti centri.  
5 All’arbitro LO GUZZO, bravo, per carità, che è andato a pescare fra sei braccia che si tormentavano quelle dell’implume Nicolò Melli. Forse aveva ragione lui, ma possibile che nelle mischie debbano pagare sempre i meno esperti direbbe l’interessantissimo Gaddefors della Virtus?  
4 Al commissioner di Eurolega BERTOMEU che è andato a Roma per vedere Lottomatica-Lubiana, finita fra l’altro prima del tempo, perché ha dovuto vedere i 3000 spettatori scarsi dell’Eur e allora si sarà chiesto perché queste squadre italiane vogliono l’Europa se costa così tanto e li gratifica così poco.  
3 A Matteo BONICIOLLI se insiste a volerci far credere che il primo a tradirlo nell’avventura romana è stato il padre putativo Boscia Tanjevic. I messaggi erano chiari, testa tonda testa quadra, squadra che amava e ama tradire, società che ama non proteggere lasciando spazio al cannibalismo degli allenatori estinti. Una brutta avventura vissuta male da tutti, ma nella ricerca bisogna ricordare certe cose e ora gli auguriamo buona fortuna in Germania se ci andrà davvero.  
2 Alla CRISI che rende difficile la vita di Avellino e anche quella della Caserta in grande rimonta. Come Lega bisogna vigilare, ma come Lega faremmo anche un consorzio di protezione delle società che non possono mai morire, delle storie che non devono finire nelle mani di qualche lestofante.  
1 Agli ADDETTI STAMPA che non si rendono conto che la musica a palla, sorattutto alla fine delle partite, non delizia nessuno, ma rende impossibili le comunicazioni di servizio, dopo aver reso impossibile lo scambio di qualsiasi parola fra gente che vorrebbe anche svagarsi chiaccherando.  
0 A Dan PETERSON che nei minuti di sospensione, quando è proprio indignato, furente, fa parlare gli assistenti per non trasmettere tensione ai giocatori. Non è che si fa suggerire da chi ne sa di più? Questo lo dicono, lo dicevano, lo diranno, quelli che scrivendo sono convinti di saperne una più del diavolo già dai tempi in cui il “ lavoro” veniva fatto da altri, o almeno si raccontava che veniva fatto da altri.

Oscar Eleni

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