Il peggior Best

19 Febbraio 2008 di Alec Cordolcini

1. Si respirava profumo di tropici nei dintorni del De Kuip nell’estate del 1977. L’aveva portata dalle Isole Bermuda un gigantesco e barbuto omone di colore sbarcato a Rotterdam dietro un compenso di svariate migliaia di fiorini. Si chiamava Clyde Best e di professione faceva il calciatore, o almeno così sosteneva. Nessuno però al Feyenoord se ne accorse. Simply not the Best, oppure, se preferite la versione olandese, Clyde Niet Al Te Best; era ciò che cantavano i tifosi dalle tribune accompagnando il deambulare senza meta tra le aree avversarie dello spaesato Clyde, prima punta da 3 gol in 23 partite in un Feyenoord partito con ambizioni di titolo e finito al decimo posto dopo aver a lungo flirtato con la zona retrocessione. Scontato l’epilogo a fine stagione. Eppure una qualità nascosta il giocatore isolano la possedeva, come ricordato dal suo vecchio compagno di squadra Kees-Jan Snoeck. “In ogni parte del continente americano in cui ho viaggiato, quando dicevo di aver giocato con Clyde Best mi si spalancavano tutte le porte. Del perché non me ne capacito ancora oggi; sicuramente non aveva a che fare con le sue capacità di calciatore, francamente inesistenti”.
2. La sorpresa di Snoeck sarebbe probabilmente ancora più grande però se venisse a conoscenza del titolo di Membro dell’Ordine dell’Impero Britannico assegnato nel 2006 a Best per il contributo reso alla storia dello sport in Inghilterra e nelle Isole Bermuda. Proprio Clyde Best, uno dei più grandi bidoni di sempre nella storia del Feyenoord, che però prima di arrivare in Olanda aveva alle spalle sei stagioni nella massima divisione del campionato inglese tra le fila del West Ham, club raggiunto all’età di 17 anni e con il quale aveva anche vinto, nel 1975, una FA Cup. Molto amato dai tifosi degli Hammers per la fisicità e il grande impegno, Best si è meritato un posto nella storia del calcio inglese quale pioniere dei calciatori di colore nella Football League. Non il primo in assoluto, ma il primo a riscuotere successo e consensi. Best ha sfidato razzismo e pregiudizi (tra i quali quello secondo cui un giocatore nero non era adatto a giocare sui fangosi terreni di gioco britannici) diventando un inconsapevole apripista per l’integrazione dei giocatori di colore nel calcio inglese, che a cavallo tra gli anni Sessanta e i Settanta era ancora uno sport seguito e praticato quasi interamente da bianchi. Poi, una volta appese le scarpe al chiodo (ha giocato anche nella NASL americana), è diventato allenatore negli Stati Uniti specializzandosi nell’ambito dei settori giovanili prima di tornare in patria e, dopo aver allenato la nazionale locale, intraprendere la carriera di operatore sociale nelle prigioni. Il Best in black insomma le pernacchie le ha prese solo a Rotterdam.
3. Tornando alla stagione 77-78, tema principale di questa puntata all’insegna dell’amarcord, in Eredivisie a farla da padrone è il Psv Eindhoven, che dopo un fuoco di paglia iniziale del Nec Nijmegen (sei vittorie nei primi sei incontri) prende il comando e giunge in porto con sole due sconfitte (contro Haarlem e Ajax), maturate per giunta quando lo scudetto è già in ghiaccio. Jan Poortvliet, difensore con il vizio del gol, viene spostato a centrocampo per lasciar spazio nelle retrovie al nuovo arrivato Ernie Brandts, terzino sinistro di un reparto arretrato di estrema solidità (solo 21 reti subite) formato da Kees Krijgh, Adri van Kraay, Gerrie Deijckers e dal portiere Jan van Beveren, il nemico per eccellenza di Cruijff e uno dei tesori meglio nascosti nella storia del calcio oranje (ancora oggi sono in molti a ritenerlo il miglior numero uno mai nato nel paese dei tulipani). La grande stagione del Psv prosegue anche in Europa, con la vittoria della Coppa Uefa per quello che è il primo trofeo internazionale messo in bacheca dal club. L’avversario in finale è il Bastia di Johnny Rep, uno che dal calcio aveva già avuto tutto a 26 anni, ovvero coppe campioni, finali mondiali ed elogi; l’esatto opposto di Willy van der Kuijlen, puntero principe del Psv perennemente oscurato dal cono d’ombra proiettato dagli interpreti del calcio totale. Segnava più di loro in campionato, ma in maglia oranje raccoglieva sempre e soltanto briciole. Bastia-Psv è in realtà Rep contro Van der Kuijlen e, per una volta, vince il secondo. 0-0 allo Stade Furiani, 3-0 al Philips Stadion (doppietta di Willy van de Kerkhof, chiusura di Deijkers). Il Psv è diventato grande.
4. Geels parato, Van Dord parato, La Ling fuori. L’avventura dell’Ajax nella Coppa Campioni 77-78 finisce all’olandese, ovvero con la sconfitta ai rigori. Il teatro è il Comunale di Torino, l’avversaria una Juventus smaniosa di prendersi la rivincita dopo la finale di Belgrado di cinque anni prima, persa quasi senza giocare. Di quell’Ajax non era rimasto pressoché nulla, se si eccettua un Ruud Krol modello disco rotto che ripeteva a inizio di ogni stagione “questo sarà il mio ultimo campionato ad Amsterdam” (manterrà il proposito solamente nel 1980). Era addirittura cambiata la filosofia di gioco, tanto che la stampa aveva coniato il termine di “Ajax contro-natura” per indicare la squadra messa in campo dallo slavo Tomislav Ivic, la cui vittoria del campionato l’anno prima era avvenuta stabilendo il primato del minor numero di reti segnate da una squadra campione d’Olanda. Un difensivismo spinto che aveva visto gli ajacidi esordire in Coppa Campioni sul campo dei dilettanti norvegesi del Lillestrøm schierando un oltraggioso 4-4-1-1 nel quale toccava al solo Johan Zuidema (altro “nemico storico” della Juventus a causa dalle tre reti rifilatele nella semifinale di Coppa Uefa 74-75 che erano costate ai bianconeri un’inaspettata eliminazione per mano del Twente) dare una mano all’unica punta Ruud Geels. Il risultato furono due reti subite nel primo quarto d’ora, con una qualificazione rimasta pericolosamente in bilico fino al ritorno, poi vinto 4-0. Eliminato il Levski Sofia negli ottavi, la combriccola di Ivic deve arrendersi alla dolce vendetta juventina nel turno successivo. Causio pareggia allo scadere all’Olympisch Stadion di Amsterdam, La Ling annulla il vantaggio di Tardelli a Torino, poi la parola passa agli undici metri, e tra Dino Zoff e Piet Schrijvers non c’è gara. L’annata grigia per la città di Amsterdam si conclude con la retrocessione dell’Fc Amsterdam, ultimo superstite nel calcio professionistico, oltre ovviamente all’Ajax, di una città che fino a vent’anni prima annoverava ben quattro derby.
5. Tra qualche anno però forse Amsterdam potrebbe tornare ad avere un derby in alto loco grazie all’introduzione della Topklasse, un progetto della Federcalcio olandese (la KNVB) destinato a rivoluzionare il campionato dilettanti dei Paesi Bassi. A partire dalla stagione 2009-2010 sarà infatti varata una lega semiprofessionista, la Topklasse appunto, che agirà da anello di congiunzione tra la Eerste Divisie (la serie B) e i vari gironi della Hoofdklasse (il livello più alto dei campionati amatoriali). Attualmente quelle dei professionisti e dei dilettanti sono categorie chiuse e non comunicanti; dalla Eerste Divisie non si retrocede, se non in caso di fallimento, e dalla Hoofdklasse non si sale, se non tramite apposita richiesta formulata alla KNVB nella quale si certifica la trasformazione della società in una bvo (betaalde voetbal organisatie), ovvero in un club professionistico, come recentemente accaduto per l’Agovv Apeldoorn e l’Omniworld di Almere. La Topklasse (che diventerebbe una sorta di Serie C nella quale verrebbe concentrato il meglio del calcio dilettante olandese, come accaduto dal 1956 al 1971 con la Tweede Klasse, poi abolita) vanta numerosi estimatori, dai dirigenti della Federazione ai commissari tecnici delle selezioni nazionali (Van Basten, De Haan), da Johan Cruijff fino alla stragrande maggioranza dei tifosi. Le uniche resistenze arrivano da una parte delle squadre della Hoofdklasse, e precisamente da quelle che giocano al sabato, i Zaterdagamateurs, a cui si contrappongono invece i Zondagamateurs (zondag = dome

nica). Una divisione ereditata dalla profonda cristallizzazione della società olandese agli inizi degli anni Settanta, con i club di fede protestante-calvinista che rifiutavano di giocare di domenica in quanto giorno da consacrare a Dio e non ai propri svaghi e interessi personali, e quelli cattolici, in larga parte composti da proletari che al sabato dovevano lavorare, e che pertanto avevano nella domenica l’unico giorno libero per praticare il loro sport preferito. Oggi si citano l’aumento dei costi di gestione, le trasferte più lunghe e la diminuzione dei derby locali quali motivi principali per respingere la Topklasse, ma le divisioni all’interno degli stessi schieramenti lasciano prevedere che la Federcalcio avrà gioco facile nel superare tutte le resistenze residue.
6. Chiudiamo parlando di San Valentino. Per la festa degli innamorati Louis van Gaal ha ricevuto in regalo da parte di una sezione del tifo organizzato dell’Az Alkmaar una torta con allegato un biglietto d’auguri tutto particolare; “dopo l’amaro arriva il dolce”, recitava la scritta. Un’idea simpatica per sdrammatizzare la tensione presente all’interno di una squadra che non vince da sette partite consecutive. Nota particolare per il portiere argentino Sergio Romero; tre partite, tre rigori procurati, tre sconfitte. Più che San Valentino, ci vorrebbe la Madonna di Lourdes.

Alec Cordolcini
wovenhand@libero.it

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