Il muro di Francoforte

11 Novembre 2009 di Stefano Olivari

Qualche anno fa Arsene Wenger rispose così a chi criticava il suo Arsenal quasi totalmente privo di giocatori inglesi: ”Il cuore di una squadra sono i suoi proprietari e soprattutto i suoi tifosi, sono loro che devono essere attaccati alla maglia e al territorio. Noi in campo andiamo e veniamo”. Non è più così nemmeno per l’Arsenal, visto che nel frattempo il principale azionista è diventato l’americano Stan Kroenke: proprietario di mille cose e tante squadre: i Denver Nuggets della Nba, i Colorado Rapids della Mls, i Colorado Avalanche Nhl, una quota dei Rams Nfl). Però il concetto è valido, per chi lo vuole comprendere. Per questo ieri la Lega tedesca ha deciso ufficialmente di fare muro contro possibili acquirenti stranieri di sue società. L’assemblea tenutasi a Francoforte ha infatti respinto quasi all’unanimità le richieste dell’Hannover di rivedere la norma del ‘50% più uno tedesco’ che in paesi con un’etica pubblica più cialtrona sarebbe peraltro facilmente aggirabile. Senza mezzi termini il presidente del Borussia Dortmund e gallianamente anche della Bundesliga, Reinhard Rauball, ha spiegato il perché di un voto apparentemente autolesionistico. Perché meno possibili acquirenti significa anche minor valore della società: ”Forse perderemo dei soldi, ma non vogliamo che la Russia o l’Asia controllino il calcio tedesco, che ha costruito il suo successo sull’identificazione con i tifosi. Stabilità, continuità, umanità: la Bundesliga è questo, non ci importa se altri hanno più soldi. A parte il fatto che non vedo tutte queste leghe più ricche di noi”. L’Inghilterra invece si sta gradualmente vendendo (spesso al nemico), mentre in Italia il problema è giustamente meno sentito: quelli veri stanno alla larga da un mondo senza regole, pronto però a credere e a far indossare sciarpe ai Barton, ai Tacopina ed ai Taci. Non sappiamo difendere la nostra identità, ma siamo fortunati perché nessuno la vuole.

stefano@indiscreto.it
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