Il meglio non è passato

10 Gennaio 2012 di Jvan Sica

di Jvan Sica
In questo anno che ci ha condotti verso il centenario del Guerin Sportivo ho perso alcune mie ore notturne a studiare (dopo aver perso le diurne a comprare in vicoli sgarrupati) fascicoli di diverse annate del giornale. Dopo attenta analisi arrivo a quello che per me è un assunto da cui partire: il giornale attuale è per qualità letterarie, sviluppo analitico dei temi trattati e profondità giornalistica il migliore di tutta la storia della nostra rivista preferita.
Il cavallo di battaglia che ha generato il boom degli anni ’70-’80, il calcio internazionale, non ha mai avuto tutti insieme autori del calibro di Gotta, Giordano, Spessot, Pizzigoni, De Benedetti, Cordolcini. Il calcio altrui negli anni del boom guerinesco era quasi del tutto sconosciuto e il target del giornale non faceva eccezione. I pezzi aprivano finestre, illuminavano macrocosmi che erano le culture e le tradizioni calcistiche degli altri paesi. Oggi il ragazzino alle prime letture guerine in quelle finestre guarda ogni giorno e si ha piena esperienza della pratica calcistica mondiale, quasi completamente globalizzata. Per questo motivo i pezzi non devono più spiegare evidenze non viste o solo sfiorate ma scendere nel profondo di piccoli ecosistemi sociali legati al calcio che rimangono per fortuna ancora in vita. E gli autori del Guerin attuale riescono in questo intento ogni mese, dando alle stampe dei pezzi in cui conoscenze, competenze e studio sono costanti e approfondite.
Il secondo grande tema guerinesco, il commento ragionato del calcio italiano, non è più quello degli anni ’60. I vari Iori, Calzaretta, Bortolotti, Beccantini, Mura, Tucidide, Marani non si muovono più su strutture critiche definite. Il calcio italiano non ha più modelli di commento predeterminati, ma tutto si mischia in un’atmosfera ermeneutica destrutturata. Per i critici questo rende la rivista giornalisticamente meno forte rispetto al passato ma non è del tutto corretto. Fare giornalismo sportivo muovendo opinione come il Guerin di Brera oppure incanalando tendenze come quello di Cucci non è più fattibile. L’unico giornalismo sportivo (ma direi non solo) di alta qualità è quello che miscela in un’analisi quanto meno di parte possibile punti di osservazione differenti, confondendo la tattica con il diritto, la preparazione atletica con la mondanità, le idee di gioco con la funzione di modello sociale raggiunta dai calciatori. Tutto questo è il calcio contemporaneo, di cui è difficile dire in modo nuovo senza una grande capacità analitica, in grado di spaziare in più campi. E ancora una volta i grandi giornalisti del Guerin di oggi riescono a parlare del calcio italiano con parole sempre nuove, un miracolo se ci riferiamo a quello che si scrive e si parla di consueto.
Il terzo tema storicamente forte sul giornale sono le inchieste. Il direttore Marani appena preso in mano il giornale ha puntato sul tema, cercando di riportare alla mente le tirate guerinesche degli anni ’30-50, ma ha lasciato velocemente perdere perché la possibilità di conoscere come vanno le cose in tempo reale del web sociale non è paragonabile a nessun altro media (anche i quotidiani hanno lasciato alla rete le grandi inchieste, ricostruite dal crowdsourcing e dalle fonti multiple interagenti).
Ma non per questo il giornale ne ha risentito, anzi forse lo sparare inchieste una dopo l’altra aveva preoccupato il target giovanile non troppo interessato alle questioni.
Detto che il Guerin di oggi è la migliore rivista in cento anni di vita, quello che si percepisce negli editoriali di Marani e dai dati che ho visto è la grandissima difficoltà in cui naviga. In questi ultimi due anni è stato in fin di vita ma non ha mollato. Ma quanto tempo ancora potrà resistere?
A questo punto mi piace dire la mia su cosa si può fare per dare forza al guerriero, ben sapendo che Marani, l’editore e gli altri tutto questo lo sanno perfettamente e per loro è l’acqua calda. Per me il futuro del Guerin è in tre plus che lo contraddistinguono. 
1) Il senso di community che accoglie chi lo legge. Nessuna rivista, neanche le femminili, riescono a creare con il lettore un link esperienziale così forte (in parte lo fanno anche i quotidiani sportivi, non più quelli politici), che ne modella addirittura l’esperienza di lettura. Il Guerin non lo si legge perché parla di calcio o perché riporta tabellini ma perché si è in una comunità di lettori che fanno esperienza delle stesse conoscenze, ponendo le basi per la loro condivisione. In questo termine la svolta: all’inizio ho scritto community ed è questa che bisogna rafforzare creando un dialogo costante con i lettori attraverso il potenziamento dei canali social che fanno riferimento al giornale, insistendo soprattutto sui canali di condivisione e scambio come i forum. Intorno ai forum, il Guerin rafforzerà la base di lettori e ne creerà degli altri. 
2) La qualità dei pezzi. La qualità nel mondo editoriale contemporaneo, soprattutto per le riviste ad ampia diffusione, è vista come la strega cattiva. Se bisogna scegliere tra un box di approfondimento storico e una fotografia in bella posa, la scelta è già fatta. Il Guerin sopravviverà se insiste sull’analisi ragionata e la buona scrittura. Ma non basta farlo, bisogna soprattutto dirlo, inserendosi in un mood sociale che tira alla grande: la slow essence. Il Guerin deve porsi come riferimento, fare manifesto, imporre la tendenza del “saper parlare” di calcio. 
3) La storia. Cosa vuol dire avere 100 anni di vita editoriale? Vuole dire poter fare storiografia a partire dalle proprie fonti. Quindi per il Guerin il gioco è fatto? Sbagliato. Oggi non porta consensi fare storiografia ma smerciare vintage, le due cose sembrano collimare ma sono molto diverse. Smerciare vintage (il termine potrebbe essere considerato negativo, ma non è così. Sono i trend, bellezza) è in parte quello che è stato fatto con i GS Storie e che in modo molto intelligente ha ripreso ISBN con i due Atlanti illustrati del calcio anni ’70 e ’80. Se fare storiografia del calcio vuole dire percorrere un sentiero a ritroso illuminando il passato, smerciare vintage calcistico vuole dire suscitare emozioni personalistiche proiettando tutto sul presente.
P.S. Operazioni che i vecchi Guerin facevano a pioggia e che adesso mancano sono le micro attività di marketing. Parlo da persona esterna alle dinamiche aziendali però un modo semplice per mettere in evidenza i tre plus di cui sopra sono proprio queste attività. Alcuni esempi: piccoli concorsi in cui attivare la rete di lettori (quello sulle figurine è un buon punto di partenza), creare momenti di scambio tra lettori e grandi firme che vanno al di là della risposta alla posta (invento, vinci una partita di Premier League accompagnato da Roberto Gotta, questo sì che sarebbe il massimo dello slow football), creare minieventi in cui le cosiddette tribù vintage abbiano la loro soddisfazione (sarebbe così impossibile organizzare qualcosa a basso budget in cui si parla di storia dei Mondiali con ex nazionali, non dico un convegno ma almeno una livechat). Una parola che ho letto in tante delle lettere pubblicate sul numero dei 100 anni rende il Guerin diverso: il Guerin Sportivo “accompagna”. Da questo concetto per me bisogna rilanciare.

(per gentile concessione dell’autore, articolo pubblicato su Letteratura Sportiva)

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