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Svegliarino

Il designatore dei semi-ricusati

Stefano Olivari 01/03/2008

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A qualche giorno dalle relative moviole e supermoviole, magari non taroccate come quelle ‘a punti’ di Biscardi (con Moggi che dava indicazioni al giornalista sugli arbitri da salvare), il pessimo arbitraggio di Dondarini in Reggina-Juve merita qualche considerazione che permetta di capire cosa (non) sia cambiato nel calcio italiano nell’ultimo anno e mezzo. La prima è che Dondarini era tutto tranne che sereno: da quasi due anni per questioni di opportunità non dirigeva partite dei bianconeri, non per l’ambigua telefonata di Pairetto prima e dopo Sampdoria-Juventus ma per l’indagine su un Lazio-Juve e per i vari processi sportivi (in sintesi: la Caf l’aveva condannato, la Corte Federale l’ha rimesso in circolazione) e non. La seconda è che l’assicuratore (professione principe fra gli arbitri italiani) emiliano non poteva essere tenuto lontano dalla squadra più seguita d’Italia ancora a lungo, per la banale considerazione che si tratta di un arbitro internazionale: o un arbitro è credibile ed allora può andare dappertutto, oppure non lo è e non deve più arbitrare, questa la condivisibile linea di Collina. La terza è che il designatore ormai ha un organico pieno di giovani non-talenti e di semi-ricusati. Invisi non solo alle grandi che occupano gli spazi televisivi, ma anche a squadre come la Reggina: con un buon potenziale ‘sociale’ di pressione ed in panchina quel maestro di vita di Renzo Ulivieri, rappresentante degli allenatori italiani. Insomma, Dondarini era uno dei pochi disponibili, nello scorso fine settimana, a non essere detestato a priori né dalla Juve né da Foti. La quarta considerazione è che Dondarini nella stagione 2007-2008 si era comportato, prima di Reggina-Juventus, più che bene pur venendo strautilizzato da Collina. La quinta e ultima più che dietrologica è davantologica, da tanto che è scontata: bastonando questa Juve Dondarini ha di sicuro fatto un piacere ai dirigenti di quella vecchia, cioé i veri avversari ed avversatori di Cobolli e degli Elkann. Ma se Giraudo se ne è fatto una ragione, non altrettanto si può dire dell’amicone di tanti giornalisti purtroppo non licenziabili. Che in attesa delle stimmate, dello sconto di pena e della nuova società, continua ad ispirare articoli memorabili.

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