Il declino del tifo puro

22 Gennaio 2009 di Stefano Olivari

Rimpiangere gli anni Ottanta ed i quasi 40mila spettatori di media a partita della stagione 1984-85 (quella con la maggiore densità di fuoriclasse assoluti, oltre che la meno disonesta nella storia del nostro calcio: che c’entrasse il sorteggio arbitrale?) scalda il cuore, ma impedisce di apprezzare i piccoli successi del presente. I dati sulle presenze negli stadi, resi noti dalla Lega, parlano chiaro: nel 2008-2009 stiamo viaggiando a 24.825 spettatori a partita, contro i 22.430 del 2007-08 e i 19.192 del 2006-07 (senza Juventus e Napoli, però). A casa nostra significa un aumento di oltre il 10% rispetto all’anno scorso, nonostante il percorso ad ostacoli (fra card e tutto il resto) per entrare negli stadi ed il fatto che i progetti stile Disney de’ noantri annunciati siano rimasti sulla carta. E’ migliorato il prodotto? Il calcio è più credibile? Vedere le partite in televisione, diciamolo, è noioso? Non occorre essere Pirandello per intuire che la verità assoluta non esiste. In ogni caso la serie B è in caduta libera: nel 2006-2007 c’erano 8.921 spettatori per partita (con Juve e Napoli), nel 2007-2008 5.612, mentre adesso siamo a quota 5.503: cifre paragonabili alla serie A di basket. Il dettaglio per i singoli club è ugualmente interessante: 60.067 di media per il Milan, 51.637 per l’Inter, 41.225 per la Roma e 38.658 per il Napoli, ultimo in A non il previsto Chievo ma il Siena con 10.630. Ultimi in A significa primi in B, visto che la Salernitana viaggia sui 10.883: in coda il Cittadella con 1.141. Fuori dall’overdose di numeri, una considerazione su tutte: il tifoso e soprattutto l’appassionato italiano del 2009 decidono di lasciare il divano solo se hanno la possibilità di vedere calcio di un certo livello. Forse sta diminuendo il tifo puro, come lascerebbero pensare anche le vendite dei giornali sportivi (tuttora pensati e redatti per tifosi) e le difficoltà delle società di provincia nel trovare sul territorio anche solo il solito riciclatore. Ma di sicuro il calcio di serie A, quello che si autoflagella, è ancora vivo.
Stefano Olivari
stefano@indiscreto.it
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