Il Bagni liberato

16 Giugno 2009 di Stefano Olivari

Uno dei tanti aspetti positivi del calcio delle nazionali è che in occasione delle loro poche partite annuali reintroducono il diritto di critica nel giornalismo sportivo, senza legarlo a discorsi di marketing geografico. Quante volte in una telecronaca di Champions League, con in campo un nostro (nostro si fa per dire, perché al massimo ce ne è simpatico uno e detestiamo tutti gli altri) club, si è sentito ammettere che il rigore contro di ‘noi’ c’era o che anche uno dei presunti ‘nostri’ sarebbe stato da espellere e che in generale gli avversari avevano meritato? Troppo poche. Per uscire dal recinto del tifo per il paesello, inteso anche come datore di lavoro in vari ambiti, ci voleva quel che rimane della maglia azzurra. Gli ipotetici Civoli e Bagni su Inter, Milan, Juve, Roma, eccetera, non avrebbero permettersi il lusso di giudicare quello che vedevano, pena interrogazioni parlamentari di peones dementi o insulti del fantomatico popolo della rete. Non per inchieste sui vari farabutti che regalano campioni (sempre meno) alla gente, non sia mai, ma per la semplice stigmatizzazione dell’errore di un difensore. Un discorso molto italiano, il nostro, perché non è colpa di Rai o Sky se i Comuni e le Signorie oltre alla madonne con bambino ed al pecorino doc hanno prodotto un campanilismo praticamente senza limiti.

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