I fatti nostri

10 Febbraio 2009 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari

1. Chiunque si sente in diritto di sdottorare su tutto, dagli Ogm a Gaza, ma gli sportivi non hanno ancora superato il tabù della politica. Non che il parere di Lippi o Cannavaro sul caso Battisti sia più interessante di quello dei Negramaro, di Ivan Zazzaroni o della hostess del Grande Fratello, ma il punto è che Lippi e Cannavaro ‘sanno’ di non poterlo esprimere. Pena il ‘pensate a giocare’ gridato da nullità parlamentari o dai forzati dell’opinionismo, nel caso l’analisi del Lippi di turno fosse in direzione ‘sbagliata’. Mentre non vale il discorso contrario: proprio stamattina ascoltato su Eurosport (crediamo fosse l’intervista ripresa dalla ESPN) Obama mentre commentava la vicenda steroidi del campione di baseball Alex Rodriguez, se proprio non vogliamo scendere negli abissi dell’onorevole Cento o del giudice Calabrò che commentano la moviola da Biscardi. L’abbiamo già detto, ma ci ripetiamo: quello storico Guerino del 1976, con i giocatori di serie A che uno per uno indicavano il partito per cui avrebbero votato nelle successive Politiche (quelle del ‘turatevi il naso e votate Dc’ montanelliano), oggi sarebbe impossibile. Quei calciatori erano spesso trattati come oggetti, oltretutto giuridicamente di proprietà delle società, ma essendo solo calciatori e non testimonial di qualcosa sapevano elaborare un pensiero proprio e soprattutto renderlo noto. Adesso saremo anche collegati in tempo reale con tutto il mondo, ma solo per farci gli affari nostri.
2. La carta stampata sta morendo, ma con il web in Italia non si vive: ormai è uno slogan. E’ bello (si fa per dire) quando le nostre fissazioni vengono confermate dai sondaggi, come quelli su cui si basa l’indagine dell’Osservatorio del Nord Ovest presentata ieri a Torino. La navigazione web in Italia risulta mediamente di un’ora al giorno, ma è abituale solo per il 41% degli intervistati. Prima di fare sogni di gloria e di copertine su Capital con la mano a sorreggere il mento dovremmo ricordarci che il 54% degli italiani non va mai sul web e che il 5% naviga solo saltuariamente. Detto in altre parole: il pubblico potenziale, anche per l’editore più bravo del mondo, è solo il 40% della popolazione. Il dato fondamentale è purtroppo questo, poi ci sono differenze geografiche nell’uso del mezzo (nel Nord Est è più usato per le transazioni economiche, nel Sud per svago e socialità) che però vanno valutate in base alle opportunità ed alla velocità di connessione. Non tutti hanno Fastweb, il Blackberry, le chiavette, eccetera. Conclusione? Non solo non esiste (ancora?) un modello economico valido per l’editoria web, ma a priori bisogna contare solo sul 40% della popolazione. Conclusione bis: accontentatiamoci del copia & incolla e del semiprofessionismo.
3. Perchè Sky ha deciso di chiudere la redazione romana di SkySport, trasferendo a Milano parte dei giornalisti? Raccolte da dentro varie versioni, oltre a quella scontatissima del risparmio finanziario e della solita imprecisata ‘razionalizzazione’. Fra le più credibili c’è quella che parla di una tivù più concentrata sugli eventi che su news, collegamenti e trasmissioni collaterali. Eppure SkySport24 è una droga, quando ci si collega è difficile staccarsi anche quando palesemente non esistono notizie: al quarto collegamento da Trigoria per dire che Aquilani ha lavorato a parte siamo ancora lì, sia pure facendo altro. La notizia farà felici quei giornalisti della carta stampata che vedono con insofferenza (alcune grandi firme l’hanno anche messo nero su bianco) l’attivismo delle troupe di Sky: quando le notizie le hanno tutti, l’articolo necessità di qualche sforzo in più.
stefano@indiscreto.it
(appuntamento a domani verso mezzogiorno)
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