Giardini invidiosi

25 Novembre 2011 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni
Il momento della pallavolo, le percentuali di Nicholas, la tavola di Armani, l’Italia di seconda fascia, i fondamentali di Van Zandt e l’agente di Evans.


 

Oscar Eleni dai giardini dell’invidia dove Nausicaa gioca a pallavolo e nessuno dei nostri eroi della palla a spicchi viene invitato per farsi cospargere da unguenti miracolosi. Una settimana nera davvero mentre quelli del volley, dopo la vittoria della nazionale femminile nella coppa del mondo, possono orgogliosamente tifare per quella maschile di Berruto in un torneo dove vince tanto, guidando l’Iran, anche Julio Velasco il seminatore d’oro nell’era degli italiani invincibili, o quasi, diciamo quasi per quella storia maledetta delle Olimpiadi che ad un tapino del calcio faceva dire che l’Italia aveva un allenatore perdente. E vero che anche il basket ha mandato in uno strano esilio dorato l’Ettore Messina che si trova intrappolato, beh non esageriamo, aspettando che i Lakers lo mettano al lavoro come assistente.
Ma torniamo al nostro basket che nella settimana europea ha fatto un bello zero su quattro che riqualifica persino le percentuali inesistenti del Drew Nicholas che Milano non riesce a sbloccare. La Benetton paga la presunzione dei suoi giovanotti dagli occhi indecifrabili così diversi dalla tigre Djordjevic, ma si sapeva che sarebbe andata così. Più difficile valutare la caduta del Montepaschi anche se adesso è fin troppo evidente che è stato un errore aggiungere il ritardatario Rakocevic in una squadra che sotto canestro è una canna al vento perché Andersen si sarà anche portato dietro il cane a Siena per far capire che vorrebbe chiudere in Toscana la sua bella carriera, ma di sicuro non è neppure il parente del giocatore che portò lo scudetto in casa Mens Sana, figurarsi quello che Messina bacchettava spesso sia a Bologna che a Mosca quando l’Europa era quasi ai piedi dell’Italia. Minucci deve assolutamente intervenire prima che si inizi la seconda fase di eurolega visto che ci sono prove sulla qualità del pilota, sulla struttura, ma esistono dei forti dubbi su una stagione dove l’età sta condizionando il rendimento di tre uomini chiave come Stonerook, Lavrinovic e Kaukenas, ci sono necessità per alzare peso e statura della squadra senza fare processi che sarebbero comici dopo cinque scudetti consecutivi e due final four europee.
Sulla Milano che a Tel Aviv è rimasta in piedi per l’abuso del tiro da tre non si riesce ad essere lucidi: la spesa è stata ancora una volta altissima per fare questa squadra, dall’allenatore al dodicesimo uomo, in questa nuova casa dell’Emporio stanno sempre in panchina Melli e Viggiano, ma a dire la verità non si riesce a vedere qualcosa che abbia un marchio di famiglia pensando alla vera Olimpia. Tutti sanno stare a tavola perché il gruppo è formato da gente che ha vinto già molto, da Scariolo a Bourousis, ma poi ti rendi conto che non vedono l’ora di alzarsi prima della seconda portata, non diciamo del dolce. Col Real Madrid giovedì al Forum avremo le risposte vere, anche se saranno le trasferte di Istanbul e Belgrado a dirci se anche questa volta l’Europa sbatterà la porta in faccia a chi più ne ha bisogno per qualità del marchio, per la sua storia societaria che esiste anche se c’è chi vorrebbe farcela dimenticare, riuscendo spesso a farlo con pochissimo sforzo.
La sconfitta di Cantù a Nancy è molto diversa, prima di tutto perché tenersi in vantaggio sui francesi nel confronto diretti può già valere la promozione alla seconda fase, considerando poi l’infortunio serio a Scekic, valutando una prova da squadra vera come del resto nelle trasferte di Vitoria e la sconfitta ai supplementari sul campo dell’Ulker. Prima che siano gli altri a trattarci male andiamo tutti insieme dietro la lavagna europea, ma in questo momento dove l’Italia, a parte la pallavolo e la pallanuoto e, ogni tanto il calcio, viene castigata su troppi fronti, dall’economia alla difesa del territorio dove si chiede sempre solidarietà il giorno dopo la catastrofe, mai prima che avvenga, anche se annunciata, non possiamo dire che che la cosa ci faccia più male del solito ed essere nella seconda fascia per i prossimi sorteggi che ci diranno se avremo speranze di essere agli europei lascia tutti indifferenti.
Chi va in trasferta con le squadre e nasconde tutto dietro letture pedanti di statistiche non vi dice che in ogni città dove si gioca l’Eurolega i campetti sono pieni di ragazzi. Da noi sono troppo spesso vuoti, con tabelloni fissati male, retine slabbrate. Per fortuna esistono ancora dei credenti e proprio dove abitiamo noi un gruppo di ragazzi ha deciso di aprire un negozio di articoli sportivi soltanto per il basket modellando il locale come il più famoso dei playground di Harlem. Una novità, un atto di fede in una città che non è mai riuscita a fare mettere una targa anche modesta sul campetto di via Dezza, davanti alla casa che fu di Mario Borella, uno dei maestri della scuola milanese, dall’Olimpia alla Canottieri, come potrebbero testimoniare centiniaia di ragazzi cresciuti nella religione dei fondamentali come voleva Elliot Van Zandt che è stato importante per il movimento, dalla Nazionale al Cus Milano, anche se pure lui aspetta di sapere quando sarà ammesso nella casa della gloria che, non per caso, non esiste ancora. Nell’ultima scelta della commissione sono entrati dei giganti veri, sarebbe bello poter dire a tutti loro che sarà piazzale Azzarita a far conoscere la loro storia alle nuove generazioni. Ma chi ci pensa? Qui si va a cercare il colpevole se gli arbitri sbroccano, se l’ufficio tesseramenti non si aggiorna, qui il presidente federale risponde per le cose minime, ma nessuno si fa avanti chiedendo quanto ancora ci vorrà per averla questa Hall of fame de noantri.
La serrata NBA fa arrivare a Roma un grande talento a dimostrazione che Toti non vuole passare un’altra stagione di sola sofferenza, ma ingaggiare talenti con il biglietto di ritorno già in tasca diventa pericoloso, come direbbero a Milano visto che l’unico a funzionare è il Gengis Gallo che da un momento all’altro, se i ricchi d’Otreoceano non vorranno passare il Natale fra carbone dorato, potrebbe tornare a Denver, anche se questo Evans di Sacramento fa parte della scuderia Vittorio Gallinari come l’allenatore Lardo, come il Danilo che ha incantato Tel Aviv, dandoci l’idea che forse la serrata non terminerà così presto. Ma certe forzature forzano e allora aspettiamo dietro la lavagna.

Oscar Eleni
(25 novembre 2011)

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