Economia
Eat the rich, il popolo di Robinhood e GameStop
di Stefano Olivari
Pubblicato il 2022-10-06
Il popolo dei piccoli trader che umilia gli hedge fund, le grandi banche d’affari degli Stati Uniti, gli esperti dei media mainstream ed in generale i poteri forti. Troppo bello per essere vero, però è proprio ciò che è avvenuto nel gennaio 2021 e che è alla base della docuserie Eat the Rich: la saga GameStop, da poco su Netflix e che abbiamo appena finito di guardare. La vicenda raccontata da Theo Love è nota: un’azienda in crisi, come può esserlo nell’era del web una che vende videogiochi in negozi fisici, contro cui scommettono tutti i grandi investitori, vendendone le azioni allo scoperto, ma le cui azioni schizzano in pochi giorni da un prezzo di 5 dollari fino ad un massimo di 483, spinte da migliaia di piccoli trader.
Questi trader, il cui numero durante la pandemia è aumentato molto fra disoccupazione e lavoro da casa, di solito operano come cani sciolti ma a questo giro si coalizzano grazie ai loro gruppi Reddit di riferimento, su tutti WallStreetBets (lo seguiamo anche noi), e a vari youtuber che vanno contro gli esperti dei media tradizionali, quelli che Salvini definirebbe ‘i giornaloni’, con il più pittoresco che è tale Roaring Kitty. In Eat the Rich si spiega il meccanismo: fondi e grandi trader prendono a prestito a termine le azioni e le vendono, sperando (nel caso di Game Stop una certezza) di riacquistare a un prezzo inferiore e quindi di realizzare un profitto. Tutto lineare, fino a quando la massa non si muove in maniera anomala.
Il motivo? Un misto di ‘Facciamogliela vedere a questi giganti che dal 2008 ci hanno sempre fregato‘ e di opportunità speculativa, con un’ondata di acquisti veicolata in gran parte da Robinhood, la piattaforma che si proponeva di democratizzare la finanza. Colossi come Citadel, Point72 e Melvin Capital si sono così trovati nella situazione di short squeeze, costretti a comprare azioni a un prezzo più alto per contenere perdite astronomiche. E così facendo il titolo saliva ancora di più, per la gioia dei piccoli che ci avevano creduto dall’inizio: ognuno con una sua storia, con il comune denominatore della media borghesia impoverita, che risponde al declino non con la rivoluzione ma con progetti di vita velleitari.
Interessante è quando si arriva al punto di svolta, cioè quando improvvisamente su Robinhood scompare per GameStop il tasto Buy. Intervento dei poteri forti, malamente mascherato dalla imbarazzata supercazzola dei due fondatori di Robinhood? Forse, ma di sicuro c’era un volume di contrattazioni che aveva reso impossibile per la piattaforma (che ne esce comunque malissimo) reggere finanziariamente la situazione, visto come funziona il sistema delle compensazioni.
In definitiva un racconto che è più una fotografia della società odierna che una lezione di finanza, un racconto che non sorprende chi ha seguito la storia a suo tempo ma che rappresenta molto bene la rabbia della classe media, quella che non scende in piazza nemmeno quando viene derubata ma che non vede l’ora di farla pagare ai cattivi. Con un titolo azionario che tutti disprezzano o con un voto non considerato perbene, contro i veri farabutti ed i loro media addomesticati. E GameStop? Mentre scriviamo queste righe vale 26,63 dollari, un disastro per chi non ne è uscito in tempo ma comunque il quintuplo rispetto all’inizio del 2021. Commovente, tanto simile a noi, chi dice di comprare il titolo perché così medierà.
stefano@indiscreto.net