Cosa hai nell’iPod?

12 Maggio 2022 di Stefano Olivari

Cosa hai nell’iPod? Tipica domanda di inizio millennio, per capire chi avessi di fronte. Adesso che la Apple ha annunciato che non produrrà più il lettore musicale più famoso della storia l’iPod è pronto per entrare nel circuito della nostalgia per millennial ma anche per gente più vecchia, che su questo oggetto aveva investito emotivamente come a suo tempo aveva fatto con il Walkman. Inutile farla lunga, tutti i prodotti diventano vecchi e l’iPod è anche durato molto più del previsto, 21 anni, ucciso lentamente dall’iPhone lanciato ad inizio 2007.

Le mille, o giù di lì, canzoni comprimibili nel primo modello (quello che poi si sarebbe chiamato Classic) da 5 Gb ci sembrarono un miracolo. Poi abbiamo saltato il Mini, avuto 2 Nano neri, evitato lo Shuffle, secondo noi senza senso, e chiuso con un Touch, l’ultimo rimasto in produzione, che di fatto era diventato un iPhone che non telefonava. Da ricordare che oltre a rivoluzionare l’industria musicale, con il download che oggi pare antico più del vinile, l’iPod è stato il prodotto che di fatto ha salvato la Apple permettendole di diventare la prima azienda del mondo. O la seconda, dopo il sorpasso di Aramco.

Va infatti detto che al momento del lancio dell’iPhone il 48% del fatturato della Apple arrivava dall’iPod, una delle tante genialate semicopiate dalla ditta Jobs-Ive. La scelta di cannibalizzare il lettore musicale sembrò a prima vista folle, ma fra chi ha creato la Apple e chi come noi compra i prodotti Apple rimane una certa differenza. Tornando alla domanda iniziale, cosa avevamo nell’iPod? Prima di tutto quella musica che avremmo voluto salvare e portare con noi in un’isola deserta, come se se uno scenario simile fosse imminente.

Esaurite le discografie complete di Pink Floyd, Ultravox, Talk Talk, Bee Gees, Soft Cell, Pet Shop Boys, Eagles, ZZ Top, OMD, New Order, Spandau Ballet, Alan Parsons Project, Talking Heads, Japan, Television, Pere Ubu, Duran Duran (volevamo scrivere qualcosa per il quarantennale di Rio, ma il tempo è tiranno) e XTC, e i singoli album imprescindibili come quello omonimo degli A Flock of Seagulls, rimaneva spazio soltanto per i nostri singoli tamarro-dance da corsa-palestra e per qualche inno generazionale (No East No West, Io vagabondo, Un’estate italiana, Vita spericolata, eccetera). Però nell’isola deserta non siamo mai andati e l’iPod è morto addirittura prima di noi.

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