Continenti e cadaveri

12 Febbraio 2008 di Stefano Olivari


1. L’Egitto dei sacrifici bovini, comunque criminali quanto quelli ispirati dalla macelleria sotto casa (e quindi dai suoi clienti), ha purtroppo vinto la sua seconda Coppa d’Africa consecutiva, la sesta in assoluto. Senza giocatori che colpiscono l’immaginazione quanto quelli di Costa d’Avorio o Camerun, ma comunque con una squadra di ottimo livello: l’ordinato leader Hosny è stato premiato come miglior giocatore della manifestazione, per il gol nella finale si è guadagnato le copertine il geniale Aboutreika (già autore del rigore decisivo due anni fa nella finale con la Costa d’Avorio: chissà se al Cairo hanno scritto che è ‘un vincente’), reclamizzato è stato come al solito l’amburghese Zidan, anche se Shehata lo ha snaturato in un pressatore alla Ravanelli, per quello che abbiamo visto (tutto tranne la partita con il Sudan, nel girone), continuiamo a non capire come mai a 25 anni Amr Zaky non abbia trovato ancora un ingaggio vero in Europa, dove ha fatto solo per qualche mese da comparsa nel Lokomotiv Mosca. Famoso due anni fa per essere stato il sostituto schillaciano dell’imbizzarrito Mido, la stella dello Zamalek ha fatto grandi cose anche in questa edizione: giocate super e quattro gol di cui tre pesantissimi, all’Angola nei quarti e due alla Costa d’Avorio in semifinale. Pur non interessando l’Italia in chiave calciomercato, a parte qualche banalità su Drogba buona per tutte le stagioni (vuole tanto il Milan, ovvio, ma anche il Barcellona e forse i Galaxy: attenti però all’inserimento di Moratti che non ha abbastanza attaccanti), la manifestazione è stata molto spettacolare soprattutto dalla metà in poi e sul piano organizzativo i ghanesi hanno fatto un bello spot in favore di un Sudafrica in ritardo su tutto. Dispiace che l’errore da copertina nella finale l’abbia fatto l’immortale capitano Song, va detto che le nazionali più famose hanno tutte onorato il proprio status. A parte forse la Nigeria di Vogts, che pur andando ad un passo dalle semifinali ha fatto vedere pochissimo. Rimane il discorso di fondo: assurdo disputare la Coppa in questo periodo, per una stupida esibizione di muscoli nei confronti dell’Europa.

2. A proposito di Europa, bene ha fatto Abete ha sottolineare che l’Italia non è fra i corvi che aspettano i cadaveri di Polonia ed Ucraina in chiave 2012. Non per fair play, ovviamente, visto il modo in cui nello scorso aprile era stata presa dai giornalisti vicini al Palazzo l’assegnazione dell’Europeo (‘Hostess e champagne’, aveva scritto qualcuno, mentre ovviamente l’Olimpiade 2006 ed il Mondiale 1990 l’Italia li aveva avuti solo in virtù del suo prestigio), ma per la realtà dei nostri stadi: rimasti quelli montezemoliani e orrendi di due decenni fa, senza un solo vero progetto concreto. L’Inter vaneggia di trasferirsi a Rogoredo nel solito fantomatico impianto polifunzionale, anche Lotito tenta di piazzare la solita speculazione immobiliare, mentre la Juventus spaccia per successi i minori vuoti sugli spalti dell’Olimpico rispetto a quanto accadeva al Delle Alpi (perché non giocare nella palestra della scuola, allora?) ed il San Paolo in televisione, con l’immancabile deserto nell’anello basso, fa tornare ai tempi del bianco e nero tanto che ti aspetteresti di vedere da un momento all’altro Bruscolotti e Juliano. In sintesi la situazione è che entro luglio l’Uefa farà un punto della situazione, dando ancora qualche mese di tempo a Paolonia ed Ucraina per avviare un miglioramento delle infrastrutture. Solo a inizio 2009, realisticamente, ci potrebbe essere un cambio di organizzazione ed in questo caso anche un paese con stadi sbagliati ma strade ed alberghi decenti, come appunto l’Italia, potrebbe essere un’ipotesi credibile. Per questo in Figc nessuno si sbilancia: secondo una certa mentalità è sempre meglio far finta di essere scelti che scegliere. Vengono in mente le teorie breriane sulle squadre femmine…

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