Cliniche per muli

3 Maggio 2010 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni
Arnold fioca lampadina, le entusiastiche adesioni azzurre, Jumaine Jones MVP, l’affidabilità di Motiejunas e quelli dalle palle lesse. Voti a Restani, Evans, Rocca, Pianigiani, Markoishvili, Bargnani, Meneghin, Green, Aradori e Parodi.

Oscar Eleni a cavallo del mulo che è dentro tutti noi, cercando fra i sui Walser della Val d’Aosta una delle tre cliniche specializzate che ci daranno consolazione in questo finale dove i peccati sono grandi e piccoli, ma nessuno è paragonabile a quelli dei mufloni abbacinati dal calcio che, come ogni stagione, alla fine, scoprono di essere scoperti nel “lato bi” senza lo sfogo e la giustizia dei play off. Nessuna sorpresa per certi biscotti confezionati anche male, ma fare le vergini è ridicolo direbbero quelli dello snooker appena risvegliati dallo scandalo del campione che vendeva in sala scommesse qualche frame. Dicevamo di un’altra clinica da collocare a Tasilaq, in Groenlandia, dove gli Inuit aspettano ansiosi i pazienti. La prima sarà di solo ghiaccio e serve per l’eiaculazione precoce. Posti speciali per quelli che Tranquillo chiama i ragazzi, o le ragazze, della banda Sky, quelli che vedono di tutto e di più, gente pronta per l’endoscopia del professor Guaglioni, abile nel togliere il polipo dell’esagerazione tanto per sparare alla luna cavlcando una slitta tirata dalle statistiche del pisello più lungo. Un fenomeno che troverà il male segreto nello splendore logico capace di scoprire nell’ingaggio di Arnold, nuova luce dell’Armani, vecchia lampadina fioca di un sogno Virtus, la lungimiranza di una dirigenza che si è “ cautelata” nel caso Petravicius avesse ancora guai alla schiena, dopo essersi vista sbattere in faccia porte di compensato da giocatorini di seconda, terza fascia, una porta più solida persino dal Santiago che Varese scaricò nell’anno del signore del suo ultimo scudetto. Una dirigenza che ora ha deciso che il povero e grandissimo Rocca, re dei muli di alta montagna, è Rocc(i)a vera che consiglieremmo anche a Pianigini senza pensarci troppo, una spalla ideale per tutti i mezzi giocatori che porterà in azzurro.
La seconda clinica la costruireo sulla luna del Ruwenzori, in Uganda, dove il chirurgo in azione sarà Viper Costa che giustamente gira per i portici di Bologna mettendosi a ridere quando vede il terremoto creato dall’adesione alle fatiche di Azzurra del prode Bargnani. Forse ci sarà anche Belinelli, per Gallinari è più difficile. Da cadere svenuti, ma ci aspetta la terza pagoda tibetana del Shisha Pangma dove costruiremo la clinica per i muli come noi, quelli testoni che ogni anno fingono di poter giudicare questo basket andante floscio senza pensare a Siena. I motivi? Beh, caro dottor Mabuse, sembrano così lontani, inavvicinabili, insomma gente fuori concorso che ti sembra umana soltanto quando va verso gli ottomila senza bombole d’ossigeno cone è capitato in eurolega, che appare più fragile quando si mette in giro la voce del rinnovamento comunque vada la stagione, un virus che fa ammalare anche i gruppi più solidi, che crea qualche incomprensione o gelosia, qualche mossa pericolosa perché i Raiola sono in tutti i mondi professionistici come direbbe Vittorio Gallinari, padre del Danilo Knicks, appena impallinato sul sito dove un tempo primeggiava il suo unico e vero guru Dan Peterson, per il flop di Latina che assomiglia molto a quelli di tante altre squadre costruite sempre tenendo in mano il decalogo dell’agente che presenta soluzioni, chiavi in mano, che vanno dall’allenatore all’ultimo della panchina.
Insomma ci siamo svegliati tre volte nella stessa notte dopo aver avuto un fretta esagerata per soddisfare le richieste via computer della Lega che cerca i migliori della stagione. Abbiamo cancellato Siena che i premi li meriterebbe ancora tutti, dall’allenatore, al dirigente, per non parlare di Stonerook o Sato, addirittura abbiamo finto di non considerare Lavrinovic perché avevamo deciso che sui lituani, da sempre, non avremmo mai messo un copeko. Non c’entra niente lo sbrego Messina-Kaukenas che, casomai, ingigantisce il sistema Siena che aveva così ben educato ed imbrigliato uno dei grandi egoisti del gioco, uno della stessa scuola lituana a cui dobbiamo il massimo, come ricordano con soddisfazione gli azzurri diventati d’argento ad Atene. Insomma ci eravamo fatti incantare da Jumaine Jones e, anche se avevamo mandato il dottor Pisacane a visitare il Pittis che lo paragonava a McAdoo, lo avevamo scelto come MVP della stagione. Non dite che adesso siamo influenzati dalla paga doppia della partita che Siena ha vinto a Caserta di 41 punti, 41 accidenti alla seconda in classifica, ma ci sono altre prove del nove che avrebbero sconsigliato la scelta.
Pazienza. La stessa cosa nel caso Brunner trascurando Rocca, mentre per Leunen aspettiamo che ci dia conferma immediata. Sui giovani abbiamo fatto bene soltanto a non prendere in considerazione Aradori che sta affondando con Biella che a lui chiede una umiltà che non possono avere i giocatori che se la cantano e se la suonano come se fossero già assunti da Sky. Certo anche Motiejunas, scelto come numero uno, non deve essere un tipo facile: pure lui viene da terre dove nascono talenti, ma non campioni affidabili, ma su di lui si può ancora lavorare tanto. Più criticabile aver votato Chessa, anche se come regista potrebbe diventare qualcuno, ammesso che ci lavori tutta l’estate, o magari aver puntato così presto su Alessandro Gentile prima di toglierlo per fare spazio al Koponen che ha fatto finire nella solita pozzanghera una Virtus Bologna che si rifiuta di vivere nel grande mare lacerandosi, sempre, sul più bello. Un po’ come fanno i sapientoni che considerano coppette quelle sotto l’Eurolega, salvo poi scoprire che arrivare almeno alle finali è già una grande cosa. Certo che Pesaro ha vissuto età dell’oro, che la Virtus ha vinto la grande Europa, ma tenetevi stretti anche ai ricordi di vittorie che sono comunque storia.
Nella clinica dei muli non saranno ricoverati quelli che hanno scelto Arrigoni, Vacirca e Coldebella come manager dell’anno, ma verranno portati quelli che all’inizio credevano nella resurrezione dei progetti Atripaldi e nella scelta di Teramo. Ci siamo sbagliati, ma gente come Bechi o Capobianco la difenderemo comunque perché non fingono di essere innocenti, perché sanno di aver detto di sì una volta di troppo quando era il momento per dire no a certi giocatorini che sanno recitare bene nel teatrino della prima clinica di cui vi abbiamo parlato, ma poi all’esame concreto mostrano le famose palle lesse e per questo sono già stati affidati al diavolo Grigoletti che a Rovereto tiene il centro raccolta per certa gente. Restando in zona votazioni aspettiamo che Trinchieri, Frates e Sacripanti, scelti come migliori allenatori ci mandino il padroncino con il solito bastone nella stalla perché, come sapete, gli ultimi due hanno già fatto del lolro peggio per meritare tale investitura. Dalla vetta sul Gran Paradiso il mulo scalcia e prevede questa classifica finale a due turni dalla fine. Non sorridete, vedrete che fra due giornate sarete d’accordo con noi, perché quel giorno copieremo pari pari la classifica di Lega, ma, per adesso, lasciateci essere più felici del mulo di Mediterraneo accoppato dai soldati improbabili di Abbatantuono: Siena p. 52, Cantù 36, Caserta e Milano 34,Bologna, Montegranaro e Roma 32, Avellino 26, Pesaro 24, Treviso e Teramo 22, Cremona, Ferrara,Biella e Varese 20. Per le ultime quattro quota 22 è ancora in vista, ma saranno due settimane d’angoscia direbbero
più a Biella e Varese che a Cremona e Ferrara dove hanno scoperto che senza il cannoniere Grundy funzionano bene i guastatori che corrono dietro a gommolo Ford che ora è tornato ad essere il rimpianto Virtus. Pagelle dal Bernina onorando finalmente il maestro Paolo Conti, uomo d’arte e grande del basket che ieri ha parlato al liceo Righi di Bologna con la stessa passione mostrata a Castrocaro quando cercava di convincere Gianfranco Pieri che Giotto non sapeva dipingere le pecore perché ne aveva viste troppe da ragazzo e lo annoiavano, una similitudine per spiegare le manie di certi tiratori esagerati. Prima delle pagelle vi segnaliamo che Carlo Annese, uno che al basket dava passione, forse perché riusciva ad amarlo quasi più di se stesso, ci ha risvegliato con una bella intervista al grande scrittore Lapierre che ci ha portato nel Sudafrica come lo vedremo quando i leoni mangeranno qualche calciatore incauto.  
10 A Kevin RESTANI uno grande davvero, un giocatore che ha fatto storia nel nostro basket per come viveva la battaglia, per come dedicava se stesso alla squadra e a Livorno la sua maglia, se oggi ci fosse ancora una vera squadra, dovrebbe essere ritirata e venerata. Ci ha lasciato un ricordo che va oltre la finale dello scudetto perduta per un nanosecondo.  
9 A Tyreke EVANS, regista illuminato dei re di Sacramento perché anche nel mondo barnum della NBA non si dimenticano degli architetti.  
8 A Mason ROCCA se farà una conferenza nella cripta del Duomo di Milano per farci sapere che, dopo aver tenuto l’Armani e Bucchi fuori dalla palude delle squadre anonime, ora darà pure una mano alla Nazionale se glielo chiederanno per tempo, almeno prima che lo visitino quei medici che lo sconsigliarono a Recalcati quando ne aveva più bisogno.  
7 A Simone PIANIGIANI che torna ad arrabbiarsi se non riconoscono che Siena sta facendo bene quello che già le ha dato tre scudetti, ma è pronta pure per mostrare qualcosa di nuovo ai sognatori della clinica muli cocciuti che ancora vanno in giro a dire che il Montepaschi è battbile, che sognare lo scudetto non è mai esagerato. Cara gente andate alla clinica del dolore sostenuta da Bill Walton, uno che era al centro di grandi squadre dove il basket era anche scienza, e restateci fino a quando vi richiameranno in servizio.  
6 A Manuchar MARKOISHVILI non tanto per il partitone fatto contro Varese, quello della consacrazione canturina nei primi quattro posti, ma per averci deliziato con una intervista in lingua italiana. E’ una cortesia gradita alla gente che in questo modo si affeziona più volentieri a ragazzi che vanno e vengono. Stonerook non fa testo. Lui lo ami a prescindere.  
5 Ad Andrea BARGNANI che con la prosopopea di un grande giocatore NBA ci fa sapere dal pulpito del Foro Italico di avere una idea per la Nazionale. Certe volte devi chiudere per nervoso.  
4 A Dino MENEGHIN perché ha ammesso pubblicamente di essere stato spesso un pirlone con gli arbitri negli stessi giorni in cui un comitato di affezionati cercava di convincere ad esempio Vitolo, Duranti, Fiorito, Baldini, Zancanella, Ardito, che il presidente si era sempre comportato bene sul campo con i direttori di gara.  
3 A Marques GREEN il folletto che faceva impazzire Avellino, il genio della lampada che Tanjevic non era mai riuscito a far uscire sotto il cielo di Istanbul (ora vi chiedete ancora se potevano esistere dubbi sull’ingaggio?), perché anche in coppa ha trovato il modo per vivere separato da una Scavolini angosciata a cui serviva unione, fratellanza e non egoismo e paura.  
2 Al faraone ARADORI che fa tutto per tornare ad essere il misterioso tiratore a cui allenatori pazienti consigliavano di non fermarsi alle giornate buone, perché succede che con i compagni nel pallone, con la squadra a pezzi servano ben altre cose. Certo è un giovane, ma quando lo esaltavano in maniera esagerata sembrava il nuovo fenomeno che sa bene come si diventa campioni in tutto.  
1 Alla BENETTON presa nel suo complesso tecnico e dirigenziale per essere passata dalle stelle alle stalle in sette giorni. Certo non deve essere facile vivere nella Marca odorosa di vera primavera se la gente smette di amarti, ma proprio per questo servirebbero giocatori e non frilli.  
0 A Ghighi PARODI, cinquant’anni di giornalismo, ex del basket genovese ed azzurro universitario, perché, nel giorno in cui lo hanno premiato con medaglia d’oro, nel tentativo di darci una nuova lezione di sintesi giornalistica ha messo nel suo curriculum di vita professionale anche la fondazione dei Giganti del basket insieme a tale ”Oscar Menichelli”. Io e Gianni gli saremo grati per sempre, perché quella era la vita che volevamo, ma la sintesi, come ci diceva spesso Enrico Crespi, il motore del sistema, non era la nostra forza. Grazie comunque caro Parodi, anche se non eri fra i maturi baskettari perché adesso pensi soltanto al teatro.
Oscar Eleni

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