Ci difenderà Lippi

12 Ottobre 2009 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari
1. Settimana iniziata alle 7 e 45 con bomba a 150 metri esatti, misurati correndo da scoppiati all’eccellente passo di 5 minuti al chilometro, dalla finestra di casa. Sul piano culturale la cosa peggiore non è l’attentato, perchè un ferito sottocasa causato da un pazzo isolato non è certo più importante di venti (mila) morti all’altro capo del mondo, ma che il nostro relativismo etico sia senza ritorno: non possiamo trasformarci a comando in fanatici o perlomeno in persone che credano a qualcosa di serio. Siamo solo capaci di deridere (anche giustamente: avete mai letto davvero il Corano, al di là del sentito dire? Al confronto il Mein Kampf è Zagor) chi ci crede e di aspettare che arrivino i nostri, parlando nel frattempo delle convocazioni di Lippi. Solo che i nostri non ci sono più, mentre la filosofia del c.t. è una certezza.
2. Qualificati contro nessuno, via libera all’arroganza. Contro Trapattoni, reo di aver strappato due pareggi con una squadra da bassissima serie A (di solito in questo tipo di paragoni offensivi si usa il Frosinone, che invece sta facendo benissimo). Contro chi gli chiede della formazione, di Cassano, di Barzagli, della Juventus, di Amauri: insomma, contro i pochi che ancora gli facciano domande. Addirittura contro chi dice che l’Italia sarà fra le favorite in Sudafrica: ma si è più contro facendo i pessimisti o gli ottimisti?
3. In realtà tutti i discorsi possono essere ricondotti ad uno: al Mondiale non ci saranno nuovi ingressi nel club, a meno di esplosioni clamorose ma che comunque dovranno riguardare elementi del giro giusto. Sfugge solo agli embedded il modo in cui è stato trattato Giuseppe Rossi, uno fuori dal giro, o il concetto di ‘gruppo’ tirato fuori in maniera selettiva: il Barzagli dal procuratore sbagliato potrebbe dire qualcosa in merito.
4. A proposito di gruppo, agli addetti ai livori non è sfuggito il modo in cui Giampaolo Montali, neacquisto del Napoli ma di fatto cresciuto calcisticamente nella Juventus, abbia affrontato la questione l’altra sera da Chiambretti. In sostanza l’ex c.t. della pallavolo azzurra ha spiegato che il concetto di gruppo, di cui tanti si riempiono la bocca, nello sport vero è una barzelletta. Persone che si odiano possono, usando usando il cervello, remare nella stessa direzione per un mese: basta un allenatore bravo che li convinca, come Montali o come Lippi. Al primo non è piaciuto il modo in cui il ‘nuovo corso’ gli ha indicato la strada per Napoli.
5. La linea di Abete sugli oriundi, aggiornata ad un minuto prima di quando abbiamo iniziato questo pezzo, è la seguente: sì se servono e no se non servono, sempre per non allontanarci dal realtivismo etico di cui sopra. Amauri esce da questo discorso, visto che non segna un gol in Italia da otto (8) mesi e che nella Juve è stato sorpassato dal più tonico Iaquinta e dal più freddo Trezeguet. A questo si può aggiungere che Gilardino è rinato e non da sabato, che Pazzini ha trovato la sua dimensione, che per Totti (relativismo etico anche qui) qualcosa potrebbe cambiare, che Rossi è il futuro. Quale può essere il senso della fremente attesa di Amauri, che avrà il passaporto italiano solo fra qualche mese? Magari la cosa farà piacere al direttore generale della Juventus. Che per adesso è Blanc.
6. Fra le profezie anni Ottanta di Silvio Berlusconi se ne è avverata almeno una, quella degli stadi con tifosi di un’unica squadra. E’ accaduto al Del Buffa di Figline Valdarno, dove per Figline-Pro Patria di LegaPro erano presente solo 380 spettatori: tutti locali, tutti con la tessera del tifoso visto che lo stadio non è ancora a norma. Un mondo relativamente pacifico, unanime ed orribile, dove l’unica notizia positiva è che sia stata rispettata la legge (sbagliata).
7. A proposito di unanimità, continua a farci impazzire il pensiero unico, unicissimo, sulla necessità degli stadi proprietà nel paese in cui società che ricevono decine di milioni da Nike e Adidas (Inter e Milan, per citare i due esempi più clamorosi) hanno di fatto legalizzato il merchandising taroccato con magliette vendute fuori dallo stadio senza il logo dello sponsor tecnico. Senza memoria del Rhett Butler che sfotteva i sudisti che andavano a morire per difendere piantagioni e schiavi che non erano loro, molti fiorentini di bocca buona si sono innamorati di Della Valle (ma perchè questo campione del made in Italy non compra un club in Lussemburgo? La sua holding ha già sede lì…) e addirittura di Ligresti. Ultime da Milano: l’Allianz Arena dell’Inter si costruirà a meno di due chilometri da San Siro (ma tanto domani spunterà un’altra zona, rimanete collegati). Ultime da Roma: Giovanni Malagò, indagato per abusivismo edilizio riguardante gli impianti allargati con il pretesto dei Mondiali di nuoto, afferma che alla Roma non basterà lo stadio ma che ci ‘dovrà essere costruito qualcosa intorno’. Da notare che Malagò non è solo un tifoso, ma anche uno dei nomi da copertina delle varie cordate per il post-Sensi. Il popolo bue, con i suoi cinque telecomandi, esulta: i nuovi crociati respingeranno l’invasore a colpi di loculi venduti a 7mila euro al metro quadro.
stefano@indiscreto.it

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