Chiudiamo le ricevitorie

3 Giugno 2011 di Andrea Ferrari

di Andrea Ferrari
Mentre la cronaca è passibile di aggiornamento ogni cinque minuti, si può già dire che cosa sarebbe necessario per prevenire altri scandali scommesse nel calcio…

Prima di addentrarsi nel merito della questione va detto che parlare di passione per le scommesse per chi invece, di mettere in gioco la propria abilità, si occupa di taroccare in modo fraudolento dei risultati è sbagliato e fuorviante. A coloro che, tra stadi di proprietà e supercazzole managerialistiche, continuano a sdottorare sugli spalti sempre più vuoti degli stadi italiani, andrebbero fatte rivedere le imbarazzanti immagini del 3-0 di Atalanta-Piacenza, una delle pistole fumanti delle indagini sul nuovo scandalo scommesse: due ridicoli falli di mano in area dei difensori piacentini Gervasoni e Zenoni con il portiere che praticamente si scansa sui rigori calciati da Doni ed un terzo gol con l’atalantino Ruopolo che entra quasi in porta col pallone. Inevitabili alcune considerazioni, quindi ve le infliggiamo.
1. Le pene attuali, sia in sede sportiva che penale, non si sono dimostrate un valido deterrente se è vero che sul banco degli imputati ricorrono alcuni nomi già coinvolti in passato come Doni e Bettarini. Quindi, sembrerà banale, ma le pene vanno rese molto più severe.
2. Sarebbe funesto se passasse la teoria che vede le squadre dei giocatori coinvolti solo come vittime e che quindi non vadano penalizzate. Se così fosse si disincentiverebbe in partenza un sistema di doppio controllo che metterebbe le squadre stesse in grado sia di porre clausole contrattuali che possano farle rivalere sui propri giocatori qualora fossero coinvolti in casi di scommesse, sia d’implementare strutture interne (investigatori privati, chiamiamoli con il loro nome) che si muovano sulla falsariga della task force sulle scommesse messa in piedi dall’Uefa, a cui andrebbero assegnati ulteriori poteri.
3. Va ridotto il numero di squadre professionistiche (in Italia sono quasi il doppio di quelle tedesche) e vietata la possibilità di scommettere su partite di non professionisti. Va da sè che una vincita, più o meno alta, ha molto più appeal per chi nella vita guadagna i soldi d’un operaio-impiegato che di chi gioca in Serie A.
4. Per controllare meglio il fenomeno andrebbero vietati i punti di scommessa sul territorio. Chi vuole scommettere lo deve fare da siti che chiedano una carta di credito ed un documento, in questo senso la tracciabilità elettronica è già di per sè un disincentivo per condotte fraudolente tant’è vero che nelle indagini ricorrono invece i nomi di gestori di ricevitorie, un modello di business vetusto e opaco che va superato. 
5. Andrebbe ribaltato il quadro normativo italiano attuale che, per difendere i bookmaker “di stato”, ha vietato i bet exchange che, oltre a fornire quote migliori mostrano la liquidità presente nei mercati, come avviene nelle Borse, dando subito un segnale di anomalia se, come ci è capitato personalmente, vediamo arrivare puntate da decine di migliaia di euro su un determinato risultato in mercati scarsamente liquidi come la Serie B (che coincidenza). Non è un caso se il bookmaker che più aiuta gli uomini dell’Uefa a scoprire le partire truccate sia un exchange.

Andrea Ferrari
(in esclusiva per Indiscreto)

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