Chiudersi nel cesso

20 Aprile 2010 di Libeccio

di Libeccio
La rinuncia a Balotelli, la qualità del campionato,  i tifosi delle intercettazioni, la rinuncia a Totti e lo zapping di Raimondo Vianello.
 1. Gli interisti che vedono il bicchiere mezzo pieno dicono: siamo ancora in lizza su tre fronti come raramente accade in Italia e alla squadra non si può rimproverare proprio nulla. Il calo in campionato è fisiologico per una squadra che guida dall’inizio e gli impegni di Champions a questo punto diventano priorità su ogni altra cosa. Quelli invece che vedono il bicchiere mezzo vuoto contestano il fatto che la stagione potrebbe anche finire con “zeru tituli” e quindi con un completo fallimento. A noi personalmente sembra che il campionato sia ormai andato, la Champions difficilissima da conquistare avendo davanti un totem come il Barca e la coppa Italia da escludere dalla voce trofei che contano. Pensiamo inoltre che Josè Mourinho (bravissimo per altri versi) abbia una rilevante responsabilità nell’avere rinunciato al giocatore più forte della rosa interista nel momento topico della stagione, preferendogli sempre gente più scarsa o bollita per stanchezza. Un giocatore come Balotelli (pochi altri come lui in Italia) lo valuti soprattutto per quello che fa in campo, anche se arriva in ritardo agli allenamenti o se non è proprio sempre conforme al bon ton.
2. Fino ad un paio di mesi fa gli esperti di italico pallone sostenevano che quello in corso fosse il campionato più scarso e noioso degli ultimi 30 anni. Da un paio di settimane a questa parte invece sentiamo e leggiamo pareri di segno completamente opposto. Campionato bellissimo e sfida al batticuore. Cosa sarà cambiato di così importante?
3. Siamo un paese dove ne accadono di tutti i generi su rilevantissimi temi di interesse collettivo, però gli indici più alti di reazione, indignazione, collera, stupore, nausea, si registrano sul coinvolgimento o meno di questo o quello (l’Inter soprattutto) in Calciopoli. Dopo le telefonate raccolte da Moggi sul coinvolgimento di Facchetti e Moratti, raramente abbiamo assistito come questi ultimi giorni a scontri, amicizie che finivano, gente che non si saluta più, giornalisti che gridano con le vene fuori dal collo, vecchi arnesi del mestiere giornalistico che improvvisamente sembrano diventati (insieme a Luciano Moggi) più giovani e sorridenti. Alla fine torniamo sempre dove ci eravamo lasciati: ovvero che l’Italia è una repubblica fondata soprattutto sul calcio. E’ sconfortante, anche per chi pensa che il tifo sia un male necessario.
4. Nella simbologia non scritta, ma prepotentemente emersa, domenica sera nel derby romano si è consumato un parricidio al contrario. Il Condottiero ha simbolicamente ucciso i due suoi figli migliori lasciando sbigottiti e felici (per il risultato) i tifosi romanisti. Dopo un primo tempo imbarazzante Ranieri ha lasciato negli spogliatoi Totti e De Rossi e ha vinto una gara che altrimenti avrebbe perso pesantemente. L’intoccabilità di Totti (soprattutto) e De Rossi è molto costata negli anni alla Roma (anche a Spalletti) in termini di risultati e di crescita societaria. Da domenica sera è diventato chiaro a tutti che Ranieri è il nuovo Re di Roma. Anche gli spot pubblicitari ripetuti e diversificati (operatori telefonici e videopoker) da Totti interpretati nell’intervallo della gara sui canali che trasmettevano la partita, hanno chiarito la sua attuale e prevalente occupazione. Niente di male, il tempo passa per tutti: però provate a spiegarlo a Spalletti.
5. Un grande studioso delle comunicazioni di massa sosteneva in un suo celebre libro che mai nessuno al mondo ha perduto denaro investendolo in operazioni di cattivo gusto. Pensavamo a questo dimostrato assunto guardando l’ennesima esibizione trash di certi programmi tv dove viene fatta ballare una ottantenne in abiti discinti come fosse una cubista (da Maria De Filippi), oppure si trasmette in diretta l’ecografia della velina incinta per scoprire tra lacrime e applausi il sesso del nascituro (da Barbara d’Urso). Di fronte a questa pornografia dilagante in nome dell’audience (peggiore anche di quella vera) e alla desertificazione dell’opinione pubblica italiana, ci veniva da pensare a Raimondo Vianello e a ciò che raccontava in un libro sulla sua vita: “Non ho mai visto il Grande Fratello, ma mi è capitato comunque, perché cambi canale e improvvisamente vedi qualcuno nel cesso intento a fare i bisogni. Al giorno d’oggi sono diventati tutti divi. Noi ci abbiamo messo 50 anni e tanta fatica, intelligenza, garbo e applicazione. Loro si chiudono nel cesso ed è fatta”. A proposito di Vianello: leggo sui giornali almeno 4 versioni diverse sulla sua fede calcistica. Chi lo indica tifoso dell’Inter, chi dell’Ancona, chi del Milan, chi della Roma. Come dire: la bellezza dell’informazione pluralista. Nella realtà tifava in maniera tiepida per il Venezia (e per il suo editore).

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