Cambierà solo il nome

21 Maggio 2009 di Stefano Olivari

La Coppa Uefa si è congedata con una buona finale, secondo qualcuno funestata dall’assenza di squadre italiane (chi abbiamo preso oggi?), regalando al sottovalutato Mircea Lucescu il terzo trofeo internazionale, dopo l’Anglo Italiano vinto con il Brescia 1993-94 e la Supercoppa con il Galatasaray 2000. Platini avrebbe avuto l’occasione di proporre per il futuro l’amata eliminazione diretta dura e pura, invece l’Europe League prossima ventura si configura come un pessimo ed interminabile ibrido fra la defunta Intertoto ed una specie di versione sfigata della Champions: qualcosa di molto simile alla Uefa di adesso, al di là delle etichette. Quattro turni preliminari, sempre di giovedì a partire dal 2 luglio, con le squadre che contano (sesta della A, settima della Premier eccetera) in scena solo dal terzo a fine luglio. Con le deluse degli ultimi preliminari Champions si arriverà a settembre ad avere 48 squadre, divise in 12 gironi all’italiana. Le 24 qualificate (prima e seconda di ogni girone) si uniranno poi alle 8 terze degli otto gironi della Champions propriamente detta: da lì in poi solo eliminazione diretta, con andata e ritorno, fino alla finale di Amburgo. La riforma è da un lato molto democratica (solo San Marino, Andorra e Liechtenstein schiereranno al via meno di tre squadre) e dall’altro molto furba: niente incroci prematuri da FA Cup, ma teste di serie rigide da coefficiente UEFA. La gestione centralizzata dei diritti tivù, un bene soprattutto per i piccoli che tanto non vincerebbero in alcun caso, lo impone.

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