La maledizione di Caricola

22 Giugno 2010 di Franco Spicciariello

di Franco Spicciariello
Ci sono voluti i Mondiali in Sudafrica per avere notizie di lui, dopo che per alcuni anni era sparito dalla circolazione. Parliamo di Nicola Caricola, classe 1963, rappresentante di successo del caffè Lavazza in Sudafrica, ma negli Ottanta difensore centrale cresciuto nel Bari, con cui giocò dal 1981 al 1983 in Serie B, nazionale Under 21. Poi la Juventus – voluto da Giampiero Boniperti – dove arriva nel 1983 e nella prima stagione vince campionato e Coppa delle Coppe.
Non andrà granché l’anno successivo, in cui come giovane della situazione c’è anche Stefano Pioli, mentre nell’85/86 gioca pochissimo e nell’86-87 molto di più grazie agli infortuni di Cabrini e Scirea. Passa quindi al Genoa, dove rimarrà per sette stagioni, diventando una bandiera. Dopo una breve parentesi al Torino e un ritorno al Genoa, nel 1995 lascia il Genoa e vola negli Stati Uniti, per giocare nella neonata MLS con gli allora New York Metrostars insieme al milanista Roberto Donadoni. NY dov’è ancor oggi ricordato per quella che è diventata una maledizione cui è stato addirittura dato il suo nome: “the Curse of Caricola”.
Il giorno in cui la leggenda nasce i MetroStars, reduci da una sconfitta per 2-1 a Los Angeles, stavano giocando il primo match casalingo della loro storia
contro i New England Revolution di Giuseppe “Nanù” Galderisi. Erano oltre 46.000 i tifosi sugli spalti del Giants Stadium quell giorno, e la maggior parte di loro probabilmente non aveva assolutamente idea di chi fossero i giocatori in campo. Qualche appassionato magari aveva visto il portiere Tony Meola negli ultimi due Mondiali, oppure il collega di Nazionale Peter Vermes (che aveva giocato anche in Europa col Raba Eto, in Ungheria, e che oggi allena i Kansas City Wizards). Sicuramente mai aveva sentito nominare carneadi quali Andrew Restrepo, Jeff Zaun o Edmundo Rodriguez. Però il marketing in America è cosa seria, e allora il pubblico c’è. Non c’è invece Donadoni, che arriverà solo due settimane dopo.
Comunque, quei 46.000 si ritrovano ad assistere a 89 minuti di calcio orribile, comunque tutti fermi sugli spalti col fiato sospeso in attesa degli eventuali shoot-out (che rispetto ai rigori personalmente adoriamo, nonostante vengano considerati una bestemmia nel calcio). Ma quando mancano pochi secondi alla fine ecco che il difensore dei MetroStars Nicola Caricola prova a liberare sul cross di un certo Darren Sawatzky (mediano dalla carriera oscura ma passato anche per Leicester, in Premier League) parato da Meola. Ma il suo tentativo finisce dalla parte sbagliata, dritto nella porta di New York con un Meola impietrito. Pochi secondi ancora e il tempo arriva a zero (all’epoca c’è il countdown e niente recupero in MLS), e i MetroStars escono sconfitti dal Giants nel loro primo match in casa. La “maledizione di Caricola” è nata. Anche perché sempre lui ha deviato in rete un tiro dei Galaxy nel match perso per 2-1 la settimana precedente, e ancora lui ne mette a segno un alto a luglio in una sconfitta coi Colorado Rapids. Un anno davvero maledetto.
In realtà Caricola quell’anno giocò discretamente, interpretando al meglio il ruolo di libero di una squadra nata male
, guidata in panchina dal vecchio Eddie Firmani e poi da un Carlos Queiroz non ancora famoso (oggi è il CT della Nazionale portoghese, dopo anni da secondo di Alex Ferguson al Manchester United e una breve esperienza al Real Madrid), e segnando anche due gol nella porta giusta contro Dallas e contro Columbus (un tiro dalla distanza di rara bellezza). Ma torniamo alla “maledizione”. Molti tifosi di NY, oggi Red Bulls, considerano quell’autogol, quel giorno, l’inizio di una storia sbagliata, fatta di sconfitte e umiliazioni, lontana anni luce da quella vincente dei Cosmos di Pelé, Giorgio Chinaglia e Franz Beckenbauer.
Dopo ben 15 anni infatti i MetroStars/RedBull possono annoverare in bacheca solo un torneo amichevole precampionato (la La Manga Cup del 2004) e l’inaspettata finale di MLS Cup del 2008. Niente più, nonostante i milioni spesi negli anni per allenatori vincenti da altre parti (Queiroz, Carlos Alberto Parreira, Bora Milutinovic, lo scozzese Mo Johnston, l’ex CT USA Bruce Arena, ecc.), giocatori decotti (Yuri Djorkaeff, Branco, Lothar Matthäus, Claudio Reyna, ecc.) e più recentemente quasi 300 milioni per un bellissimo stadio, la Red Bull Arena, che molti sperano possa dare al team di NY una svolta definitiva, consentendogli di mettersi alle spalle gli autogol e il fantasma di Caricola che per quasi 15 anni ha infestato la palude che circonda l’area del Giants Stadium, recentemente raso al suolo per far spazio al nuovo stadio di Giants e Jets del MFL. Ma per ora, la “maledizione di Caricola” aleggia ancora su New York.
Franco Spicciariello
(in esclusiva per Indiscreto)

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