18 nei primi 24

24 Aprile 2007 di Stefano Olivari

BUCO NERO – Che Rafael Nadal sia più forte sulla terra rossa ormai è un dato di fatto. Che per questo non si debba crocefiggere Roger Federer è altrettanto vero. Che però quest’ultimo abbia ormai un timore reverenziale nei confronti dello spagnolo è assoluta verità: tutto cominciò con i due match point giocati con il braccino nella finale di Roma dello scorso anno, ma ora a Montecarlo il 6-4, 6-4 con il quale Rafa si è aggiudicato il torneo per il terzo anno di seguito è stato meno netto in tema di superiorità rispetto ad altre volte, nel senso che questa volta Roger non è neppure sceso in campo. Quando il Campione comincia a steccare il diritto (il suo colpo meno naturale) vuol dire che è nervoso e contro Nadal è stato un vero e proprio festival, nel giorno in cui il suo avversario non ha giocato al massimo. Insomma Nadal ha vinto con merito ma senza dover fare il Federer, cioè superarsi nei momenti difficili. E’ andato a velocità di crociera, mentre Roger – che giusto prima l’inizio del torneo aveva detto che le finali due set su tre lo agevolavano – alla fine ha guardato avanti così: “A Parigi sarà un’altra cosa. Lì si gioca tre su cinque”. Che dire: un attimo di confusione? RESURREZIONE – Visto che lo avevamo criticato, sembra giusto lodare Andreas Seppi, capace di dare filo da torcere a Federer nel Principato e poi approdare al secondo turno di Barcellona battendo Karlovic. Nei due casi il gioco degli avversari gli è stato congeniale: sia Roger che Ivo (sia detto con rispetto parlando) hanno un tennis contro il quale Andreas può appoggiare bene i suoi colpi. Altro è invece quando Seppi deve comandare il gioco: resta in fondo e comincia ad andare fuori giri. E’ insomma il passo avanti che finora è mancato e che ancora manca. E a Seppi non rimane ancora molto tempo per adeguarsi. ADDIO – Non siamo certo noi a poter giudicare Boris Etsin come statista: come si dice in questi casi “solo il tempo” potrà dire se l’uomo salito sulla torretta del carro armato ha salvato il mondo oppure l’ha riconsegnato ai comunisti, quelli di ieri e quelli di oggi, vestiti sotto altre forme. Di sicuro però la sua passione per il tennis qualcosa ha prodotto: quanto meno due coppe Davis che l’hanno visto protagonista sulle tribune e poi in campo a festeggiare (memorabile il trenino del 2002 in Francia). E poi aiuti a un vivaio pronto ad esplodere che alla fine ha prodotto risultati sia tra le donne che tra gli uomini. Insomma, vodka a parte, Eltsin qualcosa di buono ha fatto: la Storia dirà se solo con la racchetta. FURIE CINESI – Sul perché la Cina abbia lasciato a casa le migliori giocatrici ci sono un paio di spiegazioni: una vuole che ci siano stati non meglio identificati problemi regolamentari, l’altra – molto più verosimile – è che le giocatrici in questione si siano stufate di farsi taglieggiare dalla loro federazione che di solito vuole il 50 per cento di quanto guadagnato, cosa confermata recentemente anche da Li Na. Comunque sia, l’entusiasmo azzurro per la “schiacciante” vittoria in Fed Cup sembra un po’ eccessivo: che il settore femminile sia assoltamente trainante e da lodare non è in dubbio e c’è da esserne orgogliosi. Da qui a farne un trionfo ce ne passa: non si era detto che la “Davis femminile”, così come quella maschile, non rappresenta il vero valore di una nazione? LA NUOVA CLASSIFICA – “Questo è un momento molto positivo per il tennis italiano”: lo dice il presidente della Federazione Binaghi, lo ripete pari pari il ct Barazzutti. E’ vero, segnali ci sono, il numero di tesserati aumenta, gli Internazionali d’Italia faranno segnare il tutto esaurito in termini di giocatori e di biglietti venduti. L’importante però è non voler strafare: non risulta – e forse Barazzutti dovrebbe ricordarselo – che nei tornei dello Slam i nostri giocatori superino mai la prima settimana. E non è il caso, questo vale per il presidente Binaghi, utilizzare la classifica come un elastico. Ovvero: “Nel settore maschile abbiamo otto giocatori tra i primi centodieci”. A parte che sono tutti oltre il numero cinquanta, a parte che non sono otto ma sette, ma visto che il cento non vale più (e lì ne abbiamo solo quattro) perché non dire che abbiamo 18 nei primi 284?

marcopietro.lombardo@ilgiornale.it

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