In ginocchio da Scariolo (e Messina)

21 Settembre 2015 di Oscar Eleni

Oscar Eleni incapace di prendersi l’anima incatenata davanti allo stadio Pierre Mauroy di Villeneuve d’Ascq, alle porte di Lilla. Grazie a SKY l’europeo ci rimarrà nella testa, anche troppo. E nel cuore, per fortuna. Bella esperienza di ritorno dai paesi televisivi brulli, anche se bisogna riconoscere che gli sforzi dei “ragazzi” RAI sono stati importanti ed è giusto che la prossima stagione li riveda almeno in competizione con gli uomini “del cielo a spicchi ritrovati dopo averli sputati”. Sembra una battaglia impari. Le michelangiolesche capriole verbali del Tranquillo hanno conquistato tanta gente, soprattutto quelli importanti. Onore a lui, come direbbe il Veltroni che, sarà bene notarlo, da presidente onorario della Lega basket è tornato a farsi sentire in un mondo che pure aveva tanta fiducia in lui, proprio per elogiare il “lo famo strano” inventato sui canestri di Gallinari da super Flavio verdoniano ad honorem. Hai detto niente.

Si resta idealmente a Lilla anche per altre cose. Intanto perché in quella regione francese del Nord-Passo di Calais, è stata nascosta dagli inviati e dai servizi di contorno: un vizio per il giornalismo 2.0, zero emozioni esterne, di paesaggio, di vita, di sociale. Ma perché lamentarsi? La cena e il pranzo erano sempre gli stessi: far parlare i vincitori, pochissimo i vinti e condire con la zuppa delle partite. Polemiche mai, eppure non siamo stati noi ad inventare i malesseri presidenziali italiani, lo faceva lui a tavola. Comunque sia ci piace restare attaccati alla città tecnologica francese dove nei prossimi giorni celebreranno il rinascimento dei paesi emergenti, magari prendendo spunto dalla finale di Eurobasket dove, invece, sono rinate due rappresentative di un basket che aveva paura di essersele perse. Alla Lituania non davano quota in sala scommesse. Prima, nel mezzo del cammino per arrivare all’oro. La Spagna? Be’, ricordiamoci tutti cosa abbiamo scritto nella notte magica (irreale? Da valutare con la testa e non con le budella) di Azzurra, quella dove tutto finiva nel canestro nemico. C’erano facce, sì, anche quella di don Sergio che facevano capire come fosse difficile stabilizzare la situazione interna, anche senza conflitti nazionalistici fra catalani e il resto perché il capo branco era il Pau Gasol di Catalunya, ma anche uomo di mondo, principe bello come il suo re che prima di succedere al padre era patrono delle Asturie. Infortuni, l’idea che tutto fosse già scritto in casa dei francesi. Non è andata così e nell’amarezza di aver sbagliato fin troppi pronostici ci consoliamo perché in tanti avevano previsto la vittoria della Serbia dopo aver visto Collet sbattere il nasino sul broncio dei suoi guasconi da europeo. La confusione è nata, in noi, negli stessi allenatori, figurarsi nei dirigenti, dalla corsa corsa imposta con una formula crudele, esasperata: infatti per la prossima edizione aggiungeranno due giorni, in modo che non si possa dire che così si ammazzano i talenti, cavalli sfruttati fino a fargli scoppiare la testa.

Siamo felici che la finale l’abbia arbitrata Luigi Lamonica: la quinta, l’ultima per questa stupida regola sull’età che manda fuori gioco chi dovrebbe starci sempre. Prandi pensaci tu a cambiare questa baggianata. Ci è piaciuto anche quando ha dato un tecnico all’avvocato Scariolo che aveva bisogno della piccola scossa per far capire alla sua Spagna che c’era ancora un ponte da superare.

Ma cosa ci portiamo via dall’europeo? Molte immagini di giovani talenti, dal ventenne turco Cedi Osman a quella del suo coetaneo Giannis Antetokounmpo, figlio d’Africa ma nato in Grecia e con passaporto greco. La riscoperta del caso per far riuscire una organizzazione che dovrebbe tenere in vita questo progetto per una nazione “aiutata” da contrade amiche come questa volta: 711 131 spettatori in 16 giorni sono una grande cosa.

Per la nuova Azzurra che qualcuno vede apparire nei cieli texani dell’Ettorre Messina preoccupato per le nostre paturnie senili. Certo si sbaglia se ti aiuta soltanto la memoria. Avevamo detto che il Gamba fatto fuori dopo tre medaglie, dopo il bronzo di Stoccarda, era stato sacrificato all’idea del segretario Petrucci di allora, presidente a tutti gli effetti (accidenti, non ricordate?), al progetto per il lancio del giovane Messina allevato nel castello di Toranaga Porelli, ma, per la verità, al posto di Spartaco chiamarono l’evangelista Bianchini. Messina venne dopo, fece flop, fece splash, ci fece dire urrah urra urrah. Con Pianigiani questo urrah è soltanto nell’intimo. Siamo viandanti che cercano ancora una nazionale stabile. Gasol ha già detto che vuole medaglie olimpiche. Da noi si resta sul vago perché il prossimo luglio non è dietro l’angolo e poi è anche difficile ipotizzare una qualificazione sicura con i calabroni che ci sono in giro: un posto soltanto per ognuna delle tre mattanze preolimpiche deve tenerci in allarme, sperando che il ministro degli esteri Meneghin sia più simpatico alla FIBA di altri. L’unica cosa certa di questo Europeo è aver ritrovato cose che sembravano perdute: interesse al di fuori del nostro piccolo mondo affidato ai bauscia, scintille di verità per cambiare opinione su giocatori con troppe cuffie, tutori e coperte di Linus vicino al piumino per difendere, istruttori sulla recita delle facce truci e su quelle finte da fare quando si accendono i riflettori.

Cara gente da questa settimana si torna nel nostro circo a tre piste. Torino ospiterà la supercoppa dove, è giusto dirlo, Milano, questa volta, sembra meno favorita del solito perché ha preparato la prima fiesta con troppi assenti, qualche infortunio, scivoloni persino contro Derthona. Non sei favorito e allora è più facile arrivare, vincere. L’Europeo, come tante storie dello sport, magnifiche storie come quella dei giapponesi che battono il Sudafrica bicampeon mondiale su un campo di rugby, ci ha detto pure questo. Per non togliere niente a chi abbrevia la lettura di queste lenzuolate da poche stelle, vi semplico la vita con le pagelle, brevi sussulti, brindisi liofilizzati all’attualità.

10 A SCARIOLO tanto bistrattato, pure da noi che lo trovammo incerto nella Milano dove persino un allenatore pieno di medaglie, vittorie, era diventato suddito di altri poteri e paturnie interne, per averci smentito con una gestione magistrale della Spagna ammalata dentro e anche fuori.

10 bis A Pau GASOL che potrebbe essere il pacificatore delle tensioni catalano-castigliane nella Spagna dei separatisti, ma anche l’esempio giusto per aiutare il Bargnani che, come lui, sembrava un pesce rosso nell’acquario delle grandi emozioni, salvo poi uscire da delfino, il nostro, o da squalo, l’uomo che ha dato il titulo a compagni che erano anemici come il barbuto Mirotic, ma anche nascosti come il Claver, uno da film di Leone.

9 Al BASKET che non si sente importante in paesi calciocentrici se farà sapere, ad esempio, che Sara DANIUS, cinquantareenne professoressa di lettere all’università di Stoccolma, segretario permanente dell’accademia reale svedese che assegna i Nobel, si vanta del suo passato da giocatrice di pallacanestro. Volendo si potrebbe dire che anche Alice SABATINI, nuova miss Italia, gioca a basket in A2 a Santa Marinella, mondo che fu anche di Geppy Cucciari che una volta facemmo sposare al Bottura cestofilo, graffiante columnist nello sport del Curierun, confondendo due artisti omonimi.

8 Al Kazslaukas che pensavamo bollito per aver riportato la Lituania dove merita di essere un paese che, come ha detto la presidentessa della Repubblica Dalia Grybauskaite, spettatrice della finale con il re di Spagna, con tanto di sciarpa da tifosa, ha una religione cestistica che spesso batte l’ateismo di chi perde la strada.

7 Al GALLINARI che ha scritto la lettera “Lotta guerriero” per risvegliare Alessandro PAGANI, il ventunenne centro che ha avuto un cedimento al cuore durante una partita con la sua Casalpusterlengo, un posto dove il Gallo è diventato artista. Lui, come i tre medici che a bordo campo sono intervenuti, cercando di rianimare il giocatore, ci fanno capire che esiste questo mondo basket dove non manca la solidarietà.

7 più al MAMOLI che dopo il bel lavoro sul Canaglia Club ha portato la sua telecamera nel cuore di Azzurra, vincendo il pregiudizio di quei ragazzi così diffidenti, presentandoli al mondo per quello che sono quando non hanno maschere da indossare, facce finte da presentare. Se Azzurra è tornata ad interessare anche fuori lo deve a lui. Premio Lega dell’anno al filmato sui canestri da fondo campo, seduto su una panca, del Gallo sbancatore di chi osava scommettergli contro.

6 A DJORDJEVIC che ha diretto bene la Serbia fino a quando non sono saltati i relais mentali per fatica fisica. È stato bravo anche a togliere dall’imbarazzo Milano che avrebbe potuto trovarsi con due finalisti europei, due non trattati al meglio nella nobil casa di re Giorgio.

5 Al PARKER che ha fatto affondare la Francia come e più del suo amico Diaw perché quando dice che ora cercherà il riscatto nel preolimpico ci fa venire in mente che, troppe volte, questi campioni recitano parti che vanno bene ai loro agenti, ma poi sul campo le gambe non rispondo a cervelli affaticati.

4 Al PARTIZAN Belgrado che nel risvolto dell’Europeo si è separato dal maestro Dule Vujosevic. Amareggia vedere allenatori di questa qualità messi da parte, anche se qualcuno si era convinto che Dule fosse diventato un po’ come Zeman che ora soffre al Lugano. Noi, uno così, come potrebbero giurare Conti e Attruia, protagonisti di una delle più belle storie nel libro di Sani, quel “Vale tutto” che avrà presto (presto?) un fratellino, lo ingaggeremmo subito volendo costruire una vera scuola di basket.

3 Al PAU GASOL miglior giocatore dell’Europeo se non ha rimediato a quella che ci è sembrata la crudeltà più grande dei campionati: prima degli ottavi contro la Polonia era tornato in spogliatoio, saltando la presentazione delle squadre, lasciando senza il cappellino delle furie il giovane centro polacco che lo cercava disperatamente. Sul campo il cappello lo ha messo in testa ai suoi compagni.

2 A Denis MARCONATO che ritroviamo volentieri al massimo livello, cosa consigliata a tante squadre di vertice che cercavano in giro gettonari senza anima, perché nel messaggio che vuole dare ai quei pirati di Sassari, dove è stato accolto come meritava, spiega che rivincere il titolo è possibile difendendo forte, passandosi la palla in attacco. Se sarà così allora Petrucci pensi a lui per qualche giovanile.

1 Agli ALLENATORI del nostro campionato che fanno i pappagalli dei colleghi prigionieri dei luoghi comuni nel calcio. Parlare in precampionato non ha davvero senso. Tutto finto. Certo gli abbonamenti di devono vendere, ma è sempre meglio dire la verità per non trovarsi poi alla porta chi bussa per rinfacciare.

0 Alla LEGA così non si disabitua al dissenso nell’apoteosi dell’esposizione mediatica che è medaglia del Marino brindisino, adesso che ha spostato la presentazione del campionato da un teatro bolognese storico ad una villa di campagna, perché la nuova stagione si inizia senza novità reali sui palazzetti delle squadre più importanti. Sassari, Reggio Emilia, Venezia giocheranno sempre nelle loro piccole arene: un’altra estate sprecata a parlare del nulla, quando il vero problema organizzativo è negli impianti. Chiedere a SKY e RAI se è possibile lavorare in certi postacci.

Share this article