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Basket

Vi conosco mascherine

Oscar Eleni 11/05/2020

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Oscar Eleni sul treno a vapore della memoria leggendo una poesia di Vittorio Lingiardi, milanese, classe 1960, psicoanalista che insegna alla Sapienza di Roma. Il tipo giusto per aiutarci a capire cosa può aver ispirato il consiglio federale del basket quando ci ha fatto sapere che sta studiando mascherine per favorire la ripresa agonistica.

Ci aspettavamo coraggio, ma, si sa, don Abbondio gira sempre per le antiche scale, volevamo sentire un messaggio come quello di Velasco alla pallavolo sui giovani da portare in locande dove lavorare, lavarsi la roba, ma intanto crescere come uomini e giocatori o giocatrici. Niente. Il sussurro di Sacchetti, ci mancano centimetri sotto canestro, o perbacco, ma nessuna idea per rivoluzionare adesso che le società sono davvero  alla ricerca di progetti per resistere davanti all’orrido, per mandare in giro  fratacchioni cercatori, per non perdere la passione, la voglia di fare anche con poco, lavorando.

Certo nel consiglio federale del basket hanno parlato di soldi da distribuire, la gola va alimentata, hanno invitato gente che c’entrava come i cavoli a merenda, passando la patata bollente a leghe che non sanno davvero cosa cercare perché, purtroppo, le società di oggi, ascoltano poco la competenza, non sanno leggere la storia, restano a bocca aperta se arriva uno che urla al mercato delle vacche televisive: vi faccio guadagnare di più.

Ci volevano barricaderi come  quelli della scuola Nikolic, ci sarebbero serviti i consigli di quelli che sul campo vanno davvero e non usano i droni, non sparlano in giro, faticano per costruire un giocatore, un uomo. Dieci, cento mille che hanno paura, ma sanno accettare una sfida e senza fare nomi guardatevi intorno e scoprirete chi ha lasciato davvero qualcosa e chi ha succhiato  le ruote e il suo ghiaccio interiore.

Certo non è facile se dopo la “confessione” di Chiellini su un talento che si è lasciato incantare dalla solita Circe del sistema  professionistico, in molti preferiscono ancora i Balotelli della situazione. Ecco, trovare non vuol dire arrivare dove si voleva. Tanjevic rimpiange ancora di non aver visto Ricci dominare dove poteva, in tanti si domandano perché Rusconi adesso vaghi ramingo fra una panchina e l’altra, il grande Pentassuglia saprebbe indicare la strada per andare a cercare omoni come i fratelli Errico, ma noi invitiamo alla tavola gente di valore, ma che c’entra poco con il sudore del campo, della ricerca, degli allenamenti con le pallonesse. Aiutaci tu monachino che danzi sui rami per conquistare la tua compagna cercando, come dice Lingiardi, un po’ d’amore insonne cinguettando il “Vada come vada” che oggi ci  rende finti fratellli.

Solidale con tutti quelli che cercano di riempire pagine sportive senza risultati, fatti, nella speranza che abbiano capito la differenza fra le porcadas variadas dei mercati e le battaglie vere nell’arena, sulla pista, andiamo a cercare negli appunti sparsi i pensieri da pandemia vigliacca che ci tengono prigionieri, nell’illusione che si possa cambiare o, come dice Alcanterini, nei suoi bei pensieri quotidiani,  si possa dar valore alle scelte del cuore adesso che già ci si divide e sbrana sulla conversione di Silvia Romano.

Nei giorni dove nei giornali, l’archivio si saccheggia volentieri, qualcuno ricorda l’eurolega vinta 19 anni fa dalla Virtus di Messina. Luce degli occhi Ginobili, protagonisti sul campo Rigaudeau e Jaric. Fatti. Una grande società, un bel vivaio, gente giusta al posto giusto. Vietato negare gloria a De Raffaele che ha vinto tanto, ci mancherebbe, ma neppure a Sacchetti che ha vinto altrettanto nel periodo in cui il potere era nelle casseforti altrui.

Bravo Ghiacci, come bravo Vazzoler: Trieste riparte dai giovani con Dalmasson, Treviso avanza seguendo le insegne del cuoco Menetti. Speriamo che Reggio Emilia dopo aver perso il grande Max non faccia la stessa cosa con Buscaglia.

Domanda per gitanti distratti: sarà un caso o se lo sono meritato davvero quelli di Milano, prima di Armani, sia chiaro, di avere cinque grandissimi nella casa della gloria? Sì, certo, Meneghin e Gamba devono anche molto a Varese e alla Nazionale, di sicuro McAdoo e Bradley sono figli di un dio maggiore, mentre Rubini rappresenta la summa di pensiero ed azione, nel basket e nella pallanuoto. Comunque come diceva il Pilade, provateci voi.

Siamo con Mario Boni quando urla in faccia a troppi noti che non possono lasciare per strada i molti che hanno pensato di poter sopravvivere anche nel finto professionismo minore. Siamo anche con quelli che invece di rispondere in cagnesco hanno cercato di capire, riunendo chi al basket ha dato per passione non per interesse.

A chi si chiedeva se stavo al Torchietto, con gente che resterà nella mia vita per sempre, il giorno in cui è morto Senna in quella vigliacca curva del Tamburello, risponderò che non potevo esserci. Dalla Voce mi avevano fatto sapere che dovevo  andare all’obitorio dove stavano trasportando il brasiliano che  in tanti abbiamo amato come quelli del mondiale vinto dall’Italia di Bearzot il giorno in cui, eliminati dal cobra Rossi, abbandonavano il loro cattivo ritiro sulle colline catalane.

Hanno venduto la palazzina della Fiera dove il basket aveva trovato il calore che cercava, la folla che voleva, dove la Pierisa, moglie del capitano Pieri, aveva accettato di essere “zia” paziente del discolo in tribuna, una guida sicura che sicuramente avrà perdonato l’irriverenza del ricordo olimpico romano per le due palle perse dal maestro d’orchestra inventato da Rubini trasformando una macchina da canestro vicino ai ferri in un creatore di gioco.

Abbiamo fatto notare una cosa davvero strana, non tanto, se si pensa all’evoluzione forzata del grande giocatore, perché quelle immagini Rai, con la voce lunare di Tito Stagno, ci hanno messo davanti ad un basket che oggi farebbe ridere i trepuntisti traditori, come il nostro amatissimo D’Antoni, auguri veri se a Houston non ci sono e non ci saranno problemi, sicuri che Laurel gli farà giocare le carte giuste.

Per noi quel dai e vai ossessivo, quelle braghette, quel Riminucci che assaliva col ginocchio ballerino, il Gamba ossuto, il Dado Lombardi prodigio petulante, Alesini, Canna, Calebotta, sono  gli eroi nel posto delle fragole quando ci staccavamo dal calcio, a cui avevamo dato tutto, anche i tendini delle ginocchia, ed entravamo in una famiglia dove oggi, purtroppo, sono più i pavidi degli eroi, i ganassa più dei costruttori, anche se dovessero essere soltanto palafitte. Tenetevi le mascherine per il tre contro tre. Noi preferiamo stare col Canaglia club, i grandi Gurioli, guardando indietro perché la cosa ci dà soddisfazione, gioia vera anche se non erano tutti santi, ma almeno sapevano di essere diavoli.

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