Van Basten il sinonimo

26 Febbraio 2008 di Alec Cordolcini

1. Calcio e logica sono due mondi che il più delle volte amano tenersi a debita distanza. Immaginiamo per un attimo il seguente scenario: Prandelli via dalla Fiorentina a fine stagione, Marino scaricato dalla dirigenza dell’Udinese, Malesani in lizza per la panchina della nazionale e Donadoni per quella del Milan. Un futuro che appare disegnato da un accanito consumatore di sostanze più o meno legali, eppure qualcosa di simile è in procinto di accadere in Olanda, dove la squadra con il miglior gioco della Eredivisie (l’Heerenveen) farà partire senza battere ciglio il proprio tecnico Gertjan Verbeek, e la rivelazione assoluta Nac Breda farà lo stesso con Ernie Brandts, l’allenatore che ha raccolto la più alta media-punti in tutta la storia del club del Brabante del Nord eppure viene criticato dalla dirigenza per il gioco “troppo all’italiana”, ovvero sparagnino e poco divertente. In più c’è un Ajax che ha scelto per la rifondazione l’inesperienza di Marco van Basten, emersa in maniera lampante dopo il Mondiale tedesco, che rispetto al Donadoni azzurro oltretutto non ha nemmeno alle spalle la gavetta di un Livorno in salsa oranje (“nel mondo il nome di Van Basten è sinonimo di calcio e di qualità” si è subito sentito in dovere di dichiarare Johan Cruijff, new entry nella stanza dei bottoni ajacide, per difendere la scelta del proprio pupillo dai mormorii della stampa). Infine la panchina della nazionale, dove i principali candidati sono Bert van Marwijck e Louis van Gaal, entrambi ottimi tecnici (il paragone con Malesani era ovviamente forzato) che però non stanno vivendo il loro periodo migliore; il primo, a dispetto di una campagna acquisti importante (Makaay, Van Bronckhorst, Sahin, Hofland, Bruins), non sta ottenendo per il Feyenoord risultati migliori di quelli raggiunti nel recente passato da Ruud Gullit e da Erwin Koeman (nella sua prima stagione), mentre il secondo è addirittura disastroso con l’Az Alkmaar dopo il titolo nazionale sfumato lo scorso anno all’ultima giornata. Un Van Gaal che, a dispetto della fama, assolutamente meritata, di maestro di calcio, è bene ricordare esser stato l’artefice principe della mancata qualificazione dell’Olanda ai mondiali nippo-coreani del 2002. In questo giro di valzer ci si domanda però il motivo per il quale nessuno faccia il nome di un allenatore serio e preparato come Martin Jol, attualmente “werkloos”, disoccupato, ma soprattutto dimenticato.
2. Jol proviene da un bruciante, e onestamente non del tutto scevro da colpe proprie, esonero con il Tottenham Hotspur, ma bisognerebbe anche ricordare in che acque navigavano gli Spurs quando il buon Martin, a sorpresa, si trovò a capo della ciurma conducendola, dopo un nono posto iniziale, a due qualificazioni consecutive alla Coppa Uefa. Senza dimenticare le ottime annate a Kerkrade (con il Roda vinse una coppa d’Olanda) e soprattutto a Waalwijck, quando prese un piccolo club di provincia quale l’Rkc portandolo alle soglie di una storica qualificazione in Europa. Frank Rijkaard, tanto per nominare un tecnico che ha vinto la Champions League, quando decise di scendere in provincia (lo Sparta Rotterdam nel suo caso) raccolse una rovinosa retrocessione. Non è un genio Jol, ma un serio professionista con il terribile difetto di non avere il benché minimo appeal a livello di immagine, una qualità che nel calcio odierno conta parecchio. Quando tre anni fa il Feyenoord era alla ricerca di un sostituto per Ruud Gullit, l’allora presidente Van den Henrik, persona simpatica e affabile quanto un recente ministro dell’economia il cui nome abbiamo volutamente dimenticato, dichiarò a mezzo stampa che Jol era stato scartato perché “troppo grasso”. Oggi né dall’Ajax, né dalla Federcalcio olandese e né da altri club sono giunte simili motivazioni “tecniche”. Però Jol non lo chiamano lo stesso.
3. Parlavamo della rivelazione Nac Breda. Mai tale termine è stato più appropriato per una squadra che da anni navigava nella più assoluta mediocrità, con punte di assoluto degrado come la salvezza centrata due stagioni fa ai play-out. Adesso invece si parla di play-of Champions League e si affronta alla pari l’Ajax (il “superzondag” di domenica, emozioni, spettacolo e 3-2 finale per gli ajacidi, invero non pienamente meritato) per contendersi il ruolo di vice-regina del campionato. Ma ciò che davvero stupisce del Nac sono le fondamenta sulle quali poggia la squadra; nessuna stella, ovviamente, ma anche nessun talento emergente o qualsivoglia giocatore che possa finire sul taccuino di qualche osservatore di un club di medio-alto livello. A Breda ci sono scarti del Psv Eindhoven (l’interno ungherese Fehér e il portiere Ten Rouwelaar, che ha pure stabilito il nuovo primato di imbattibilità del club, 536 minuti senza subire gol) e del Feyenoord (Mtiliga), onesti mestieranti (Elshot, Zwaanswijk, Ronnie Stam, nessuna parentela con Jaap, Molhoek) e un tridente d’attacco composto da elementi con alle spalle più flop che gol segnati; il modesto finlandese Kolkka (pessimo l’anno scorso al Feyenoord, non memorabile nemmeno in passato con Psv, Panathinaikos, Borussia Mönchengladbach e Crystal Palace), la punta ghanese Amoah (bene nel Vitesse, malissimo in Bundesliga nel Borussia Dortmund) e il timido e pauroso Anthony Lurling, ala dalle qualità tecniche inversamente proporzionali alla capacità di subire la pressione che non azzecca una stagione giusta dal 2002, quando dopo gli anni ruggenti con Den Bosch e Heerenveen aveva ingannato molte persone in merito alla bontà dei propri mezzi. Stesso discorso per il panchinaro Viktor Sikora, arrivato fino all’Ajax (lo zampino ce lo mise Ronald Koeman) e alla nazionale olandese. Eppure il tutto funziona, magari al Rat Verlegh Stadion non ci si diverte molto (la squadra detiene il primato stagionale di vittorie per 1-0), però si respira aria di alta classifica e all’orizzonte si profilano, salvo clamorosi quanto improbabili tonfi contro i dilettanti del Quick Boys, le semifinali di Coppa d’Olanda, con qualche probabilità di successo finale visto che tra le big è rimasta in pista solo il Feyenoord. Calcio e logica continuano a non fare amicizia.
4. La Eredivisie non tradisce, e ciò che promette di solito mantiene. Lo diciamo dopo aver casualmente ritrovato nei nostri archivi un vecchio numero del mensile Fc Voetbal Magazine, datato 11 novembre 2004, nel quale compariva il classico dossier stile Saranno Famosi. “Vi diamo alcuni buoni motivi (leggi giocatori, ndr) per guardare il campionato olandese”, annunciava l’occhiello del pezzo, “memorizzateli e tornate tra qualche anno per controllare dove sono arrivati”. Radio Olanda non ha voluto mancare all’appuntamento. Abbiamo così riscoperto l’attacco atomico del Feyenoord composto dall’imberbe Salomon Kalou e dal tignoso Dirk Kuijt, il cervello del Psv Eindhoven targato Hiddink Mark van Bommel, la devastante fisicità dell’ivoriano del Roda Arouna Konè, bocciato alle visite mediche dell’Ajax per problemi cardiaci che i dottori del Psv non avrebbero poi considerato rilevanti, un emergente attaccante dell’Heerenveen di nome Klaas-Jan Huntelaar, tre prodotti del vivaio Ajax in diverse fasi di crescita (il maturo Van der Vaart, l’emergente Sneijder e il nuovo arrivato Babel), il miglior terzino (il brasiliano Maxwell dell’Ajax) e il miglior difensore centrale (Joris Mathijsen dell’Az Alkmaar) della Eredivisie. Dieci giocatori che hanno fatto il salto di qualità, e che oggi giocano in alcune delle migliori squadre d’Europa: Real Madrid, Chelsea, Liverpool, Inter, Bayern Monaco, Siviglia, Amburgo e Ajax (è il caso di Huntelaar, ma ancora per poco). Degli altri il mitico Barry van Galen si è ritirato, Darl Douglas (ieri all’Utrecht, oggi nel Willem II) e Ugur Yldirim (Heerenveen/Sivasspor) hanno disputato il cosiddetto campionato della vita, Pius Ikedia (Rbc Roosendaal/Metalurg Donetsk) si è autodistrutto tra infortuni e un carattere insostenibile per qualsiasi essere umano, mentre Danny Landzaat (Az Alkmaar/Feyenoord) e Blaise N’Kufo (Twente, ier

i come oggi) hanno proseguito con dignità la loro carriera, togliendosi anche qualche soddisfazione (una stagione e mezza di Premier League con il Wigan e un Mondiale con l’Olanda per Landzaat, il ritorno in nazionale, corroborato da valanghe di reti in campionato, per l’attaccante svizzero-congolese). Il totale dice dieci top, tre miti a metà e tre flop. Un bilancio non certo da buttare.
5. Un plauso al Corriere dello Sport, che non ha pubblicato la terrificante immagine del fallo spezza-gamba commesso dal difensore del Birmingham Martin Taylor sull’attaccante dell’Arsenal Eduardo Da Silva. Foto che invece non è mancata sui principali quotidiani olandesi, il De Telegraaf e Algameen Dagblad. Questi ultimi poi, colti da improvvisa mania stile Alta Fedeltà, hanno pure stilato la top-10 dei falli “criminali” nella storia del calcio. Una squallida classifica che non vale la pena di riproporre.
6. Non è recentissimo ma merita comunque di essere riscoperto da chi ama un certo cinema di matrice storica l’ultimo lavoro di Paul Verhoeven, Zwartboek (Black Book), regista dal curriculum discontinuo con alle spalle una filmografia capace di alternare pellicole di valore (Soldato d’Orange, Il quarto uomo) o di puro svago però ben fatto (Atto di Forza, Robocop) ad autentiche boiate quali Basic Instinct, Showgirls e L’uomo senza ombra. Uscito nel 2006, Zwartboek narra le vicende di un’ebrea tedesca che per sfuggire alla persecuzioni naziste si rifugia in Olanda unendosi alla Resistenza; grande successo in patria, ottime recensioni all’estero (fu candidato al Leone d’Oro alla Mostra del cinema di Venezia), ma soprattutto il lancio nel panorama cinematografico mondiale della talentuosa Carice Anouk van Houten, ammaliante e fascinosa 31enne originaria di Leiderdorp, provincia del Zuid-Holland. Un nome nuovo da seguire; dopo l’insipido Alles is Liefde (L’Amore è Tutto), millesima commedia romantica sulla falsariga di Love Actually fortunatamente non pervenuta in Italia, sarà protagonista a fianco di Leonardo DiCaprio e Russel Crowe in Body of Lies di Ridley Scott (ottimo il suo ultimo American Gangster), e con Tom Cruise in Valkirye di mister X-Men Bryan Singer. Cinematograficamente parlando, tifiamo Carice.

Alec Cordolcini
wovenhand@libero.it

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