Valigie ma non di cartone

10 Marzo 2008 di Alec Cordolcini

1. Un po’ come i brasiliani, anche i calciatori olandesi sono dappertutto. Li si trova a Cipro, in Bulgaria, in Canada o nella Serie C italiana, figli una mentalità migrante che, a differenza dei colleghi verdeoro, non nasce tanto dalla necessità di sbarcare il lunario e garantirsi una paga decente quanto da uno spirito esplorativo da sempre presente nel proprio dna. Stiamo ovviamente generalizzando, però lo Stefano Seedorf che sceglie di giocare con i greci dell’Fc Veria di norma non lo fa per percepire uno stipendio più alto di quanto gli possa pagare il Dordrecht di turno, mentre Alex Dos Santos opta per il B36 di Tórshavn, isole Far Øer, perché, a suo dire, “guadagno il triplo di quanto non farei in Brasile”. Oggi ci occupiamo di due realtà minori del calcio britannico, il Cardiff City e lo Swansea City, che annoverano tra le propria fila alcuni migranti oranje; tra questi Jimmy Floyd Hasselbaink, personaggio che non ha bisogno di presentazioni e per il quale l’aggettivo migrante non calza propriamente a pennello, dal momento che l’ultima sua esperienza sul suolo natio risale al 1994 quando vestiva la maglia dei dilettanti del Neerlandia. Abbandonati i propositi di ritiro dopo la non felice esperienza al Charlton, Jimmy è sceso di categoria per dare una mano, assieme ad altre vecchie glorie quali Trevor Sinclair, Gavin Rae e il mitico Robbie Fowler, ai Bluebirds dell’accoppiata David Jones (manager) – Peter Ridsdale (presidente). Se i risultati però stentano ad arrivare nel Championship, dove il Cardiff City naviga a metà classifica, tutt’altro spessore sta assumendo l’avventura in FA Cup, dove la squadra ha raggiunto i quarti di finale per la prima volta dal lontano 1927 (anno in cui i Bluebirds vinsero poi la coppa battendo 1-0 in finale l’Arsenal diventando il primo e unico club non inglese ad aver vinto il trofeo in 137 anni di storia). Il percorso fino ai quarti non è stato particolarmente tortuoso, 3-1 in casa dei dilettanti del Chasetown al terzo turno, 2-1 sul campo dell’Hereford United (League Two) in quello successivo, 2-0 a domicilio contro il Wolverhampton (Championship) proprio grazie ad Hasselbaink e a Peter Wittingham. La vera impresa è invece stata compiuta domenica scorsa con la vittoria in trasferta 2-0 sul campo del Middlesborough, che ha spalancato ai Bluebirds le porte delle semifinali. Adesso in corsa è rimasta una sola squadra di Premier League, il Portsmouth, più due di Championship, West Bromwich Albion e i giant-killers del Barnsley (Liverpool e Chelsea le vittime eccellenti). Ora più che mai il grande colpo è possibile.
2. Se Hasselbaink è una vecchia volpe giunta alla fine di una carriera per la quale Cardiff rappresenta poco più di un’appendice, il connazionale Glenn Loovens ha trovato proprio nella città gallese l’ambiente giusto per mettere in mostra quelle qualità che spesso erano latitate nei suoi inizi in Eredivisie con il Feyenoord. Difensore centrale dalle maniere spicce, perfetto per il clima old british style che respira nella Championship, Loovens è diventato un po’ a sorpresa uno dei beniamini del popolo di Ninian Park, e non ci sorprenderebbe vederlo a breve titolare in Premier nel Blackburn o nel Wigan di turno, per un salto di categoria al quale il nostro aspira da tempo e che mai come ora sarebbe più meritato. Dal momento poi che nel supermercato Olanda alla voce difensori centrali non abbonda la merce di qualità, ci permettiamo di consigliare al neo tecnico oranje (a partire dal primo luglio) Bert van Marwijck una gita nella capitale del Galles.
3. Per un Loovens che sorprende in Championship, rimanendo sempre nel paese di Ryan Giggs ma scendendo di un gradino troviamo un Ferrie Bodde che addirittura stupisce. Dopo sette anni di puro anonimato nell’Ado Den Haag nessuno avrebbe potuto immaginare per questo muscolare incursore di centrocampo un ruolo da protagonista nella marcia trionfale dello Swansea City in League One: undici punti di vantaggio sulla seconda, il Doncaster, a una dozzina di giornate dalla fine. Per gli Swans si tratterebbe di un ritorno in una divisione lasciata per l’ultima volta nel 2001 (ma nel curriculum del club figurano anche due stagioni consecutive nell’ex First Division, dal 1981 al 1983, la prima delle quali inaugurata con un 5-1 al Leeds e proseguita con vittorie di prestigio contro Manchester United, Liverpool, Arsenal e Tottenham Hotspur), per Bodde si scomodano irriverenti paragoni con Roy Keane (anche la stampa inglese non scherza in quanto a sparate) e si registrano contatti impensabili fino alla scorsa estate con club quali Atletico Madrid, Celta Vigo e Getafe. Loovens e Bodde, ovvero quando la classe operaia oranje va in paradiso.
4. Il tutto è falso, il falso è tutto. Citiamo il mai troppo compianto Giorgio Gaber per qualche considerazione sulla giornata monca di Eredivisie, con tre incontri (Az Alkmaar-Feyenoord, Ajax-Psv Eindhoven, Vvv Venlo-Twente) rinviati a causa dello sciopero degli agenti di polizia. Il motivo dell’agitazione risiede nella richiesta da parte dei sindacati di un aumento di 200 euro netti mensili (pari al 15% dell’attuale retribuzione) per tutto il personale del corpo di polizia, alla quale però si oppone il Ministro degli Interni Guusje ter Horst che non intende spingersi oltre una maggiorazione del 5.75%. La polizia non ha così esitato a incrociare nuovamente le braccia, con conseguente nuovo stop, dopo quello dello scorso dicembre, del campionato ma anche di altri eventi programmati nel paese. Se però è comprensibile la reazione della Federcalcio oranje che ha parlato di “giorno nero per il calcio olandese”, amaro commento volto a sottolineare come il problema violenza rimanga tutt’oggi una piaga del calcio olandese, lascia molto perplessi la dichiarazione (“il campionato è falsato”) uscita dalla bocca di un personaggio notoriamente sobrio e pacato quale il tecnico dell’Ajax Adrie Koster. Tutto falso insomma, nonostante le partite rinviate abbiano coinvolto la prima, la seconda e la quarta classificata, mentre la terza il sabato prima aveva incassato un sonoro 3-0 in casa dell’Heerenveen. Ma adesso abbiamo ben chiaro il quadro d’insieme; se l’Ajax non vincerà per il quarto anno di fila il titolo nazionale la colpa sarà dei sindaci, che non hanno voluto correre il rischio di vedere le loro città messe a ferro e fuoco dai “bravi ragazzi” delle curve, ma soprattutto di quelli straccioni della polizia, che alzano polveroni per un misero tozzo di pane. Perché si può discutere sui modi e sull’opportunità di uno sciopero che la comunità non ha particolarmente gradito, ma non strumentalizzarlo in maniera così becera.
5. Ledezma, Sibon, Sier, Christopher Kanu, Vierklau, Kinkladze, Mokoena, Verlaat, Nieuwenburg, Machlas, Kras, Sikora, Mitea, Sonck, Soeaters, Anastasiou, Charisteas, Juanfran, Lindenbergh, Rosenberg, Krohn-Delhi, Roger, Ogararu, Colin, Delorge, Urzaiz. Ci fermiamo qui, a quota 25; tanti sono i super-flop acquistati dall’Ajax in questi ultimi dieci anni, ma potremmo tranquillamente inserire almeno un’altra ventina di nomi. Del resto, tra gli 82 giocatori sbarcati all’Amsterdam Arena nel decennio 1997-2007, per un totale di 170 milioni di euro spesi, in materia di fallimenti c’è una possibilità di scelta quasi imbarazzante. Lo ha scritto nella propria relazione la Commissione Coronel, istituita per tracciare un bilancio sulla gestione tecnico-sportiva del club di Amsterdam, lo ha ribadito in un dettagliato servizio il settimanale Voetbal International. Eloquente il titolo: “Ajax, tien jaar miskopen” (Ajax, dieci anni di bidoni). Nessun accenno sulle eventuali responsabilità della polizia olandese.
6. D. Chi è il primo ministro olandese? R. Beatrice? D. No, quella è la regina. Mai sentito parlare di Jan Peter Balkenende (in carica dal 2002, ndr)? R. Ah sì, quello che tutti chiamano Harry Potter… Dialogo per niente surreale tra Jonathan De Guzman e il giornalista Martijn Krabbendam. Il centrocampista canadese del Feyenoord è fresco di nuovo passaporto olandese, che gli permetterà

in un futuro nemmeno tanto remoto di vestire la maglia oranje e di non fare così la fine, sono parole di sue, “di campioni del calibro di Ryan Giggs e Jari Litmanen, condannati dalla propria nazionalità a non disputare mai un campionato europeo e/o mondiale”. Per diventare cittadino olandese è necessario, oltre a risiedere da cinque anni nel paese e possedere un lavoro, superare un test linguistico e uno di conoscenza della cultura e della storia del paese, esami che qualche anno fa furono fatali a Salomon Kalou. Viste le risposte di De Guzman verrebbe da chiedersi se tali test non siano diventati un po’ troppo facili, o forse il ragazzo canadese è stato semplicemente fortunato. Di sicuro c’è che è cambiato il Ministro della Giustizia, passando dalla lady di ferro Rita Verdonk (Ministro senza portafoglio per l’Immigrazione e l’Integrazione) al cristiano-democratico Ernst Hirsch Balin. Altrettanto certo è che De Guzman, in Olanda ormai da otto anni, non ha tentato corsie preferenziali come invece il suo ex-compagno di squadra Kalou, che si era appellato alla procedura di naturalizzazione abbreviata consentita dalla legislazione olandese a coloro che, pur residenti nel paese da meno di cinque anni, si erano distinti “per l’altro contributo culturale offerto alla nazione”. Una categoria nella quale, secondo l’allora ministro Verdonk, non potevano essere inclusi i calciatori, per una decisione che innescò un’autentica bufera mediatica. De Guzman invece le uniche critiche le ha ricevute dalla stampa canadese, che lo ha definito senza mezzi termini “un Giuda”. Questione di scelte, quelle della Verdonk così come quelle di “Guzzy”, che non ci permettiamo di sindacare. In quest’ultimo caso, calcisticamente parlando, si tratta indubbiamente di un ottimo acquisto per i tulipani, anche se il buon Jonathan potrebbe però sforzarsi di imparare il nome del sovrano del paese nel quale vive…

Alec Cordolcini
wovenhand@libero.it

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