Trattamento rumeno

28 Dicembre 2007 di Stefano Olivari

Cristian Chivu non apprezzerà, pazienza. I lettori che ci accusano di parlare quasi solo di lui nemmeno: hanno ragione anche loro. Però dovevamo scriverlo da un pezzo, perché la situazione è disgustosa e ci permette di mostrare come funziona la stampa sportiva quando riprende le notizie da altri paesi. I fatti sono semplici: i giornali rumeni, come quelli di altre nazioni, agiscono come se fossero un giornale solo per esaltare o denigrare un personaggio a seconda della convenienza. Una sorta di pensiero unico che, soprattutto in politica, permette al cosiddetto quarto potere di sentirsi importante. Venendo al nostro microesempio, la quasi totalità dei giornalisti della Romania riprende sistematicamente solo i giudizi negativi su Chivu e mai quelli positivi. A chi importa di simili vicende? A nessuno, probabilmente, ma invece interessante è la situazione che ha portato a questo atteggiamento mediatico.

Di base c’è che Chivu non ama rilasciare interviste, sia a chi lo insulta ma anche in generale: pensa che sul calcio non ci sia molto da dire, oltre a quello che si vede sul campo. Il retroscena più interessante è che Cristian non finanzia i giornalisti rumeni. Avete capito bene: non dà loro soldi. Citiamo un caso clamoroso, con protagonista una ‘firma’ che conosciamo bene, che ai tempi dell’Ajax andò da lui facendogli un discorso chiaro: “Avrei bisogno di 1.000 euro, se me li dai ti prometto che scriverò bene di te”. Il difensore rispose no, al contrario di quanto avevano e avrebbero fatto altri suoi connazionali. Da quel giorno potete immaginare i commenti del giornalista. Giornalista, o meglio ‘giornalista’, che nel frattempo ha aumentato la posta e ricatta vari allenatori e presidenti chiedendo ai personaggi di primo piano anche 50mila euro per una campagna di stampa ‘pro’ di tipo completo. E in tanti lo pagano davvero.

Non Victor Piturca, l’allenatore della Nazionale, che a questa persona ha fatto anche causa. Ovviamente al processo, come testimone, si è presentato anche Chivu. Il bello è che nessuno della stampa rumena apre bocca o scrive qualcosa, per la semplice ragione che in tantissimi hanno la coda di paglia (con cifre e personaggi di livello più basso, ma lo schema è lo stesso). Uno di questi campioni dell’informazione ci ha regalato una frase simpatica: “Ma perche’ Cristian non si fa i fatti suoi e sta a Milano invece di difendere l’allenatore della Nazionale?”. Tanto per farvi capire la famosa etica professionale. Occhio, accade anche in Italia, noi l’abbiamo preso alla larga per arrivare (anche) qui. Non saltiamo però da un argomento all’altro. Chivu, dunque. Lo massacrano, così come la sua futura moglie Adelina (fra l’altro giornalista). Cristian, cosi come Mutu, non ama parlare con la stampa del suo paese perché punta solo allo scandalismo anche quando non c’é il minimo appiglio. Scelta editoriale magari giusta e magari rispettabile, ma a questo punto i giocatori hanno il diritto sacrosanto di starsene alla larga. Arrivati a Bucarest per le feste natalizie abbiamo trovato gente che del Chivu italiano non conosce molto, dal fatto che giochi in tre ruoli diversi nella stessa partita a tutto il resto. In prima pagina invece la scelta di Adelina di rinunciare all’American Express regalata dal futuro sposo.

Questo articolo non cambierà la situazione in Romania, ormai senza speranza, ma potrebbe far meditare su quella in Italia. L’abbiamo presa larghissima, ma perché secondo voi un allenatore che da anni in Italia vince tutto facendo giocare bene la sua squadra viene considerato solo, quando va bene, un miracolato di Moratti? Che, come è noto, con altri allenatori e giocatori non inferiori a quelli del presente (tolto Ibrahimovic, i titolari valgono meno di quelli dell’Inter di Cuper), vinceva tutto…A un primo livello possiamo dire che questo allenatore non invita i giornalisti a cena, a parte due vecchi amici, e che non regala indiscrezioni al telefono ai giornali potenti: possiamo testimoniare che tratta l’ultimo collaboratore dell’ultima radio come la grande firma. Domande e risposte, niente finta amicizia e ognuno al suo posto. Ad un secondo livello ci viene in mente che questo allenatore non va quasi mai ospite nelle trasmissioni, che detesta (ricambiato) la cosca giornalistica dominante e che almeno due grossi dirigenti del calcio italiano (uno con aderenze televisive importanti) gliel’hanno giurata a morte. Ad un terzo livello i pensieri diventano…rumeni.

Dominique Antognoni, da Bucarest
dominiqueantognoni@yahoo.it

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