Takaya ci ha deluso come uomo

10 Giugno 2009 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari

Kakà e Ibra (forse) se ne vanno in Spagna, ma come diceva quel cronista embedded che poteva entrare nello spogliatoio rossonero (unico a poterlo fare, negli anni d’oro): ”Va sempre in campo il Milan!”. Varianti: l’Inter, il Crotone, o la neoadepta del bilancio in pareggio che volete voi. Commento generico, non riferito ad alcuno in particolare, dei vecchiacci del Muppet Show: in passato avremo anche pagato in nero, ma eravamo ragazzi. Di tutto questo ci importa comunque meno che dei migliori cartoni animati ad argomento sportivo della nostra vita, importante discussione nata in privato dopo il post su Holly. Questo il nostro personalissimo podio, da Nick Hornby fuori tempo massimo. Ed Holly escluso, è chiaro.
1. Grand Prix – Protagonista l’automobilismo ed una F1, poi Formula Zero, molto umana. L’eroe (Takaya Todoroki) si distingueva dalla massa dei cartoni-manga-anime per una caratteristica straordinaria: vinceva raramente, anzi quasi mai. Anche se andando avanti nella serie la sua media punti si alza, fino all’inevitabile titolo di campione. Benissimo sceneggiata, la storia parte dalle difficoltà di Takaya nelle formule minori e dalle sue complicate vicende private (su tutte quella del padre mai conosciuto, in realtà meccanico della Katori). Di superculto la figura di Nick Lanz, praticamente Niki Lauda ma senza pagargli i diritti, il grande pilota che crede in lui fin dalle prime gare. La prima fidanzata, Isabella, muore eroicamente per salvarlo, ma Takaya la dimenticherà con Suzuko: in questo si rivela un piccolo uomo, considerazione che rende il cartone valido anche per gli adulti.
2. Mimì e la nazionale di pallavolo – La magnifica carriera di Mimì Ayuhara, dalle scuole medie a ai campionati mondiali (vittoria in finale sulla formidabile URSS). Assurde le azioni di gioco, più quelle delle avversarie che quelle delle ‘nostre’ (chi si ricorda dell’attacco quadruplo?), molto cupo il contesto. Allenamenti durissimi (memorabile quello con le catene alle braccia), una serie infinita di sfighe personali (malattie, la morte del fidanzato), lo sport visto come dedizione assoluta e come missione, nei rapporti interpersonali un realismo forse inadatto ai bambini: dal nonnismo delle vecchie della nazionale ai favoritismi dell’allenatore (nel doppiaggio chiamato Nacchi, ignoriamo il nome originale). Un altro pianeta rispetto al banalissimo Mila & Shiro.
3. L’Uomo Tigre – Benissimo caratterizzato il protagonista, con un passato affascinante ed un presente da giornalista sportivo (parliamo del II, meglio precisare visto che i puristi preferiscono la prima serie) oltre che ovviamente da lottatore con tutte le arti marziali possibili. Mafia, politica, violenza, alcune figure reali (su tutte Antonio Inoki, che sconfigge anche il ‘vero’ Uomo Tigre): cose che in un cartone animato dei primi anni Ottanta (in Italia) raramente si vedevano. Abbiamo adorato l’etica di Tommy ed i suoi cambi di identità, ancora più dei combattimenti in situazioni tipo Lionheart.
stefano@indiscreto.it
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