Ragazzi di Frisia

25 Marzo 2007 di Alec Cordolcini

Quando scoppia la Seconda Guerra Mondiale la regina Guglielmina d’Orange dichiara, come già fatto venticinque anni prima, la neutralità del proprio paese. Una mossa che non ferma l’avanzata delle truppe naziste, che il 10 maggio del 1940 invadono l’Olanda costringendo la regina alla fuga in Inghilterra. Il paese, privo di armi e soprattutto di un esercito in grado di opporsi all’avanzata dei tedeschi, si arrende dopo soli quattro giorni. L’occupazione è brutale, viveri e provviste vengono requisiti e destinati all’esercito tedesco, oltre duecentoquarantamila tra uomini e donne vengono uccisi perché sospettati di organizzare quella resistenza che incessantemente da Londra il governo olandese in esilio continuava ad incitare attraverso i microfoni di “Radio Orange”. In simili condizioni il calcio (ma in generale tutto lo sport) rappresenta uno dei pochi momenti di svago e di fuga da una realtà tanto cupa da risultare a tratti insostenibile. I campionati in Olanda si disputano fino al terribile inverno 1944, quando la fame e gli stenti causano la morte di migliaia di persone e il calcio viene abbandonato completamente, ma ad eccezione della stagione ‘39-40, conclusasi con la vittoria del Feyenoord in un’Olanda non ancora occupata dall’esercito tedesco, i tornei si caratterizzano per la povertà qualitativa ed il livello estremamente basso. Chiamarli “falsati” sarebbe ingiusto, è però innegabile che la guerra e l’occupazione hanno inciso profondamente sulle squadre partecipanti al campionato, stravolgendo gli assetti e modificando i rapporti di forza tra queste. Molti giocatori infatti fuggono all’estero, alcuni vengono obbligati a trasferirsi in Germania per essere usati come manodopera, altri ancora vengono internati in Polonia nei campi di lavoro, e dal 1941 viene proibito ai giocatori di origine ebrea di giocare in club con membri non appartenenti alla loro razza. Il risultato di tutto ciò sono squadre con rose monche, mutevoli e che devono spesso ricorrere ai ragazzini (od a sostituti di fortuna) per rimediare ai buchi creatisi nell’organico. Prima dell’interruzione si laureano campioni d’Olanda l’Heracles Almelo (‘40-41, al loro secondo e ultimo titolo), l’Ado Den Haag (‘41-42 e ‘42-43) ed il sorprendente De Volewijckers Amsterdam (‘43-44), squadra della zona nord di Amsterdam alla sua seconda apparizione nella massima serie olandese. Una vittoria, quest’ultima, indubbiamente frutto di eventi e situazioni particolari che molto probabilmente mai sarebbe avvenuta in condizioni “normali” (basti pensare che la maggior parte delle gare di andata e ritorno dei play-off in quegli anni vengono disputate in campo neutro, che molto spesso significa Amsterdam); una vittoria ottenuta però sul campo mettendo in fila avversari ben più blasonati quali Ado Den Haag, Sparta Rotterdam, Dws Amsterdam, Heerenveen ed Heracles Almelo. La matematica certezza dello scudetto per il piccolo club di Amsterdam arriva il 29 maggio 1944, secondo giorno di Pentecoste, grazie ad 4-1 colto in trasferta contro l’Heerenveen. In Frisia lo stadio è gremito a dispetto dei tempi bui che l’Olanda sta vivendo; ricorda l’allora presidente del De Volewijckers Meneer Cornstens: “C’erano persone ovunque, lo stadio straripava di gente. C’era chi offriva burro, uova o altri generi alimentari pur di procurarsi un biglietto, e chi, ricercato dalla polizia locale, la NSB, e dai tedeschi, sfidava la sorte mischiandosi tra la folla pur di assistere all’incontro”. A fine partita la festa è per il De Volewijckers, ma coinvolge tutti i presenti; le difficoltà cementano le amicizie, e infatti pochi mesi dopo la dirigenza dell’Heerenveen si renderà protagonista di un bellissimo gesto di solidarietà nei confronti non solo del De Volewijckers ma anche degli altri tre club di Prima Divisione della città di Amsterdam, l’Ajax, il Blauw Wit e il Dws; nell’inverno del 1944 infatti una devastante carestia (denominata hongerwinter, l’inverno della fame) si abbatte sull’Olanda, colpendo in maniera più dura soprattutto la parte occidentale del paese, quella del Randstad, il cuore economico di tutta l’Olanda e quindi quello più provato dall’occupazione nazista, dai bombardamenti, dalla distruzione di ferrovie, ponti e strade, dalla più completa mancanza di viveri. “Ad Amsterdam le strade traboccavano di cadaveri, e nessuno si preoccupava più nemmeno di rimuoverli”; queste sono le parole di Henk Vocht, all’epoca giovane giocatore del Dws Amsterdam. Un ambiente pregno di miseria e morte alla quale sfuggono 86 giovani giocatori militanti nei quattro citati club della capitale, che su proposta del presidente dell’Heerenveen vengono fatti segretamente trasferire in Frisia e ospitati da famiglie locali fino alla liberazione del paese. I giovani di Dws, Ajax e Blauw Wit vengono imbarcati su una nave diretta a nord, a Lemmer per la precisione, mentre quelli del De Volewijckers vengono nascosti in un furgone e portati direttamente in Frisia, quasi una terra straniera per loro viste le difficoltà di impatto che si presentano; una terra in cui gli abitanti parlano una loro lingua (che nessun olandese capisce), con usi e costumi diversi dal resto del paese e una profonda fede calvinista, le cui rigide regole creano non poche difficoltà a dei giovani studenti cittadini perlopiù atei. A dispetto però dei problemi legati all’ambientamento, questi 86 ragazzi hanno un tetto sotto cui dormire, due pasti caldi al giorno, vanno a scuola e si allenano con i giocatori dell’Heerenveen; in un’Olanda messa in ginocchio dalla fame, dal freddo e dalla brutalità dell’esercito occupante non è poco. L’avventura dei campioni d’Olanda del De Volewijckers in Prima Divisione durerà ancora una decina di anni, poi con l’introduzione del professionismo e la nascita del campionato nazionale a girone unico il club scomparirà nei meandri delle serie inferiori fino al 1974, anno in cui si fonde nell’Fc Amsterdam, società nata a sua volta dalla fusione (nel 1972) di due club storici della città di Amsterdam, il Dws ed il Blauw Wit, e che vivrà il suo momento di gloria nelle stagioni a cavallo tra il 1974 ed il 1975 (quinto e nono posto in campionato e due partecipazioni alla Coppa Uefa) prima di sciogliersi nel 1982. Ma quella storia di amicizia, in tempi orrendi, rimarrà nel cuore dell’Olanda più delle imprese sportive.

Alec Cordolcini
wovenhand@libero.it

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