Portiere volante

7 Novembre 2023 di Stefano Olivari

Che cos’è il portiere volante? Anzi, che cos’era, perché oggi questa definizione, pur conosciuta da tanti ragazzini, viene usata molto meno. Questa domanda ci è venuta ieri sera mentre guardavamo in Tottenham-Chelsea l’eroica prova della squadra di Postecoglou (un maestro? No, troppo grosso, il calcio lo spiega meglio il maglioncino nero di un Farioli) che in 9 contro 11 dal 10′ del secondo tempo, dopo le espulsioni di Romero e Udogie, si è messo sull’1-1 a difendere altissimo, costringendo Vicario ad una serie incredibile di uscite a metà campo a spazzare, fra una parata e l’altra. È andata avanti così per 20 minuti, fino a quando i lanci del Chelsea sul filo del fuorigioco sono diventati più precisi e la squadra del sopravvalutato ex Pochettino ha vinto 4-1.

A questo punto dovremmo copiare dall’amico Ridge Bettazzi, l’intellettuale più scomodo di Pinarella di Cervia, la classifica dei migliori sweeper keeper della storia, pur senza avere erezioni su Jongbloed (lui e altri amici storyteller già su Jong), ma preferiamo ricordare ai più giovani il concetto di portiere volante, evocato dal telecronista di Sky ma che in realtà non mette d’accordo tutti. In linea generale per portiere volante si intende  un qualunque portiere che giochi anche lontano dalla porta: oggi una banalità, chiunque ad alto livello sa farlo o comunque è costretto a farlo, sia per spazzare sia per costruire dal basso (i migliori 10 portieri costruttori dal basso?).

Ma è una definizione senza senso: nessuno nel calcio vero impedisce ad un portiere di giocare dove vuole, se poi lascia la porta senza difesa è un problema suo. Il vero portiere volante è quello delle partite fra amici, con le porte fatte con le borse o con le basi dei canestri, che può (poteva) sì giocare il pallone con i piedi, ma non poteva farlo oltre un certo confine, di solito una presunta metà campo. La ragion d’essere del portiere volante, nella sua vera accezione, era quella di avere partite equilibrate a 4 (sui campi da basket sempre giocato a 4), a 5, a 7 o a un numero a scelta, quando uno dei giocatori era troppo più forte degli altri. In altre parole, si limitava il campione consentendogli di impostare il gioco ma senza mai avvicinarsi alla porta avversaria.

Il caso B di portiere volante si verificava quando le squadre erano più o meno equilibrate ma nessuno voleva stare in porta, oltretutto in una porta in cui il gol spesso era un’opinione. In questo caso ‘portiere volante’ era un mezzuccio per convincere a stare in porta, magari a rotazione, ma con libertà totale di movimento. Il caso C era quello delle squadre dispari, mettiamo 5 contro 4: il portiere volante era quello della squadra in inferiorità numerica, con libertà totale di movimento, mentre il portiere dell’altra non poteva andare oltre la metà campo o addirittura una presuntissima area di porta. Lo scenario più comune è quello A, ma secondo noi l’idea più giusta di portiere volante è quella C.

Tutto questo rimanda ad un mondo in cui si giocava, non soltanto a calcio, senza alcun controllo e regolamentazione degli adulti. Il nostro mondo, ovviamente, figlio di una scuola con orari limitati (quale bambino delle elementari oggi va a casa alle 12.30? Nessuno) e con pochi compiti da fare a casa (alle medie mai studiato più di un’ora al giorno e non certo per troppa intelligenza). Pro e contro in entrambe le situazioni, ovviamente, in ogni caso non è che non abbiamo giocato gli ultimi due Mondiali per questa ragione (se no bisognerebbe ricordare anche Euro 2020). Siamo incuriositi però da un’altra cosa: quand’è che tutto questo è finito? Perché quei bambini che si facevano le regole da soli sono diventati genitori ansiosi?

stefano@indiscreto.net

 

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