Piccoli grandi monelli

27 Marzo 2007 di Alec Cordolcini

Nel 1959 un fabbricante di sigarette di Eindhoven donò come gentile omaggio alla città di Amsterdam una scultura raffigurante un ragazzino di strada quale simbolo di quella gioventù olandese, povera ma di buon cuore, alle prese con la difficile ricostruzione del paese dopo la Seconda Guerra Mondiale. Nessuno avrebbe potuto immaginare che poco meno di dieci anni dopo quella statua, sita in piazza Spui e soprannominata Het Lieverdje (Piccolo Monello), sarebbe diventata il simbolo della controcultura olandese che avrebbe trovato la sua massima espressione nel movimento hippy anarco-ecologista dei Provo (dal francese provocateur), un gruppo che predicava il rapido rovesciamento delle istituzioni dell’epoca, considerate reazionarie e repressive, nonché la lotta contro il fumo, e che era solito organizzare i suoi happening proprio sotto l’Het Lieverdje. Quando nel 1972 il neonato club FC Amsterdam, società costituita dalla fusione di alcune squadre storiche (Dws, Baluw-Wit e, in seguito, anche De Volewijckers) della capitale, decise di adottare la sopraccitata scultura quale simbolo societario, non lo fece per caso; se l’Ajax di Johan Cruijff era il riflesso in campo calcistico della rivoluzione socio-culturale che stava mutando la società olandese, l’FC Amsterdam ne rappresentava l’ala rivoluzionaria e ribelle, l’alternativa dell’alternativa, la controcultura all’ennesima potenza. Un radicalismo mai però violento il loro, bensì guascone, bizzarro e chiassoso, ben rappresentato dalla figura di Jan Jongbloed, tabaccaio part-time, comunista, amante della birra, delle sigarette e del gentil sesso, portiere che parava a mani nude perché i guanti, a suo dire, non gli permettevano di bloccare bene la palla e che finì per disputare, quasi per caso, due finali mondiali. Amici fraterni Cruijff e Jongbloed, ma Johan era un sex symbol, oltre che un fuoriclasse, Jan semplicemente un folle; in due parole, la differenza che passava tra Ajax e FC Amsterdam. L’amministrazione comunale della città, che già sopportava a malapena i capelloni dell’Ajax, rifiutava qualsiasi contatto con i ragazzi dell’FC; del resto, loro avevano scelto come madrina della squadra nientemeno che Phil Bloom, la fotomodella che sul finire degli anni Sessanta era apparsa per due volte nuda davanti alle telecamere dell’emittente VPRO causando uno scandalo nazionale seguito da un’interrogazione in Parlamento. A livello calcistico l’FC Amsterdam ha vissuto i suoi migliori anni a cavallo tra il 1973 e il 1975, con un quinto posto in Eredivisie e la conseguente partecipazione alla Coppa Uefa la stagione seguente, per quella che è rimasta l’unica avventura del club in ambito europeo. Superato fin troppo facilmente il primo turno contro i maltesi dell’Hibernian La Valletta (5-0 in Olanda, 7-0 a Malta), ai sedicesimi di finale l’urna riserva a Jongbloed e compagni l’Inter di Mazzola, Boninsegna e di un Luis Suarez alle prime esperienze in panchina. E’ un’Inter giovane, penalizzata da molte partenze (Burgnich, Bellugi, Bedin) e dal braccino corto del presidente Fraizzoli, ma che comunque gode largamente dei favori del pronostico. Il 23 ottobre gli olandesi si presentano in campo reduci da una serata a base di rum e coca (cola, naturalmente), ma sono passati solo pochi minuti dal fischio d’inizio quando Frits Flinkevleugel serve Nico Jansen che, solo in mezzo all’area, può battere a rete indisturbato gelando i 30mila di San Siro e facendo la felicità dell’unico tifoso dell’Fc Amsterdam (Cor Visser, pubblicitario del quotidiano Het Parool) arrivato a Milano per sostenere la propria squadra. I nerazzurri reagiscono in maniera disordinata, e all’inizio della ripresa Jansen colpisce di nuovo, questa volta sfruttando un errato colpo di testa di Facchetti. Boninsegna dimezza lo svantaggio a un quarto d’ora dal termine, ribattendo in rete un rigore che Jongbloed gli aveva respinto, mentre pochi minuti dopo tocca a Theo Husers sbagliare un tiro dagli undici metri calciando alto. L’assedio finale dell’Inter non c’è, la difesa dell’Fc Amsterdam, guidata da un sempre carismatico Jongbloed e da un lucidissimo Flinkevleugel, terzino destro che proprio quella sera si prenderà una sonora rivincita nei confronti della stampa che lo considerava ormai un ferrovecchio consigliandoli a più riprese di “tornarsene nelle catacombe”, procede sicura fino al novantesimo. Stesso copione due settimane dopo ad Amsterdam; l’Inter non punge, Flinkevleugel risulta ancora una volta impeccabile, Jansen, tutto solo a centro area, grazia Bordon e l’incontro finisce a reti inviolate. L’avventura degli olandesi, che negli ottavi si sbarazzano del Fortuna Düsseldorf (3-0 in casa, 2-1 in trasferta), si interrompe in Germania ai quarti contro il Colonia che, lanciato dai gol di Dieter Müller, si impone 5-1 a domicilio e 3-2 all’Olympisch Stadion di Amsterdam. Festa finita in Europa, ma anche in patria la squadra è ormai avviata sul viale del tramonto, soprattutto per ragioni anagrafiche. Nell’agosto del 1979 la rete televisiva giapponese Tokyo Channel Tv organizza un torneo amichevole per festeggiare i propri quindici anni di vita, e tra i partecipanti vuole che ci sia la nazionale vice-campione del mondo, ovvero l’Olanda. La Federcalcio oranje (Knvb) accetta la proposta senza nemmeno interpellare giocatori e squadre di club, ottenendo in cambio un rifiuto generalizzato e pressoché unanime nel partire per il Sol Levante per affrontare una massacrante tournée a poche settimane dall’inizio della nuova stagione calcistica. L’impasse viene risolto dal presidente dell’Fc Amsterdam Dé Stoop; datemi le maglie oranje, dice, e in Giappone ci porto i miei. Una squadra di Eerste Divisie (Serie B, campionato in cui l’Fc era retrocesso l’anno precedente) che scende in campo spacciandosi per la nazionale olandese; una truffa gigantesca riuscita perfettamente grazie al beneplacito della Federcalcio giapponese, coinvolta nella mascherata, alla quale si aggiunge anche l’ex portiere dell’Ajax Heinz Stuy che, pur privo di un qualsivoglia contratto con la società Fc Amsterdam, si aggrega alla comitiva in gita organizzata presentandosi in Giappone come l’indiscusso numero uno dei tulipani, salvo poi non scendere in campo nemmeno un minuto a causa di “un infortunio rimediato in allenamento”. Intanto però le casse del club, per nulla supportate da risultati sportivi di una qualche rilevanza, si svuotano sempre di più; il principio della fine si materializza con l’abbandono dell’Olympisch Stadion, troppo grande per la media spettatori della squadra, poi nel 1982 arriva ineluttabile il fallimento. Il prossimo 19 maggio l’Fc Amsterdam rivivrà per un solo giorno allo Stadio Olimpico, dove è in programma una giornata all’insegna del più puro amarcord. Ci saranno Jongbloed, Rensenbrink (che non giocò mai nell’Fc ma crebbe in uno dei suoi antenati, il Dws) e altri reduci, per ricordare una piccola storia di culto. Alla fine i ribelli hanno perso, però quanto si sono divertiti…

Alec Cordolcini
wovenhand@libero.it

Share this article