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Televisione

Le tre storie di Stranger Things 4

di Stefano Olivari

Pubblicato il 2022-06-15

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La quarta stagione di Stranger Things non è ancora finita, l’ottavo e il nono episodio saranno su Netflix soltanto dal primo luglio, ma già i primi sette sono degni di una recensione perché questa serie continua ad essere vivissima e a giocare in più campionati: quello della nostalgia anni Ottanta, quello del teen movie, quello dell’horror-fantasy, quello spielberghiano d’avventura e quello delle citazioni cinematografiche e letterarie, arrivate ad un livello di nerdismo e di crossoverismo quasi insostenibile.

Noi che siamo gente semplice abbiamo però apprezzato il procedere parallelo delle tre macrostorie, che inevitabilmente si incroceranno (già in parte lo hanno fatto). Quella di Undi, che nemmeno l’emigrazione a Los Angeles ha salvato dal suo passato e dai suoi poteri, persi e ritrovati. Quella di Hopper, che si ritrova in un gulag sovietico (siamo nel 1986, quindi in era Gorbaciov, ma pur sempre in URSS), con tanto di creatura del Sottosopra, mentre Joyce e Murray provano a fare di tutto per liberarlo. Quella dei ragazzi rimasti ad Hawkins, Indiana, che cercano la verità sulle nuove uccisioni (eufemismo), anche per discolpare la new entry Eddie, improbabile liceale metallaro interpretato da un attore quasi trentenne (Chicco Lazzaretti, perdonali).

Come abbiamo già scritto, ogni episodio ha la dignità e anche la lunghezza di un film, forse rendendo ostica la visione a chi non è rimasto folgorato da Stranger Things fin dall’inizio ma esaltando i fedeli. Stiamo comunque parlando di un prodotto eccezionale, uno dei pochi per cui la definizione ‘per tutta la famiglia’ non è dispregiativa. Ma cosa accadrà negli ultimi due episodi partoriti dai Duffer Brothers? Intanto dureranno tantissimo: l’ottavo quasi un’ora e mezzo, il nono quasi due ore e mezza. Una vera e propria maratona, che non ci spaventa: a parte guardare Wimbledon e i Mondiali di atletica, cosa abbiamo di meglio da fare in luglio? A livello di trama è probabile che qualcuno dei ‘buoni’ debba morire, da tanti che sono diventati. E poi Nancy si metterà con Steve o rimarrà con Jonathan?

Ma al di là di questo, abbiamo sentito e letto (ne ha scritto anche Aldo Grasso) tante lamentele sulla lunghezza degli episodi, come se ‘finire’ una serie o un film nel più breve tempo possibile fosse un valore, per passare subito ad altro in maniera bulimica (sì, avremmo Winning Time, ma non è che Sky lo cancelli). Non siamo d’accordo, un’ora di Giallini e Mastandrea è una tortura, 15 di Heimat sono vita. E con Stranger Things, pur con tutti gli asterischi del caso, siamo in zona capolavoro.

info@indiscreto.net

 

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