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Le serie TV, storia che non finisce

Paolo Morati 13/10/2016

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Avevamo appena finito di leggerlo che è arrivato l’articolo del Wall Street Journal che parlava di ‘Rinascimento della televisione Italiana’ riferendosi alle serie che vanno da Romanzo Criminale a The Young Pope passando per 1992 e Gomorra. Stiamo parlando del saggio Le serie Tv scritto da Gianluigi Rossini per Il Mulino che nel quarto capitolo, dedicato appunto a quelle d’Italia, proprio riferendosi a queste produzioni di Sky sottolinea un’adesione agli standard internazionali in termini di durata e struttura e una contemporanea rincorsa della qualità grazie a investimenti importanti.

Ma andando con ordine, l’autore – che è dottore di ricerca in Generi Letterari all’Università dell’Aquila – affronta il tema della serialità televisiva osservando prima di tutto in modo approfondito le produzioni nord americane, fin dagli albori del mezzo, con i teledrammi trasmessi in diretta e quindi i primi telefilm registrati su nastro magnetico. E pochi network (ABC, CBS, NBC) a dominare la scena. Quindi la svolta, siamo a inizio anni Cinquanta, impressa da I love Lucy e Dragnet, due adattamenti radiofonici. Da lì si parte per un viaggio a tappe, tra sitcom e drama, quality e soap opera, dettagliato nello spiegare le epoche televisive quella classica, la multicanale e quella digitale, legate ciascuna e rispettivamente al marketing di massa, di nicchia e di brand, con minuziose distinzioni di generi. Perché, come si è visto in ciascuna finestra temporale, alle ‘serie’ si possono legare iniziative commerciali correlate, considerata anche la natura principale della televisione americana.

Il saggio osserva le produzioni, e le caratteristiche proprie di ogni fase, con alcune ritenute sostanzialmente più decisive di altre per la trasformazione del mezzo, rese possibili anche dai canali a pagamento e via cavo (su tutti HBO, capace di rischiare e stravolgere il concetto di broadcasting) ben posizionati nel trovare un determinato pubblico, magari più ridotto ma disposto ad abbonarsi (anche in forma mensile) per un prodotto unico. Citiamone alcune di quelle arrivate in Italia: All in The Family (Arcibaldo), Mary Tyler Moore, Dallas, Hill Street Blues, Twin Peaks, X-Files, I Sopranos, Il Trono di Spade...

Torniamo però a dove eravamo partiti. L’Italia. Rossini analizza le produzioni tricolori, individuando la fase dello sceneggiato, principalmente un adattamento letterario come ad esempio i Promessi sposi, quella delle miniserie girate in pellicola, fino alla rottura del monopolio RAI, tentativi di sitcom come I ragazzi della Terza C da parte dei privati, e l’importazione di serie estere. Ecco che La Piovra viene individuata come punto d’arrivo di un processo che porta verso la serialità vera e propria, mentre poco oltre la metà dei Novanta si ha l’anno zero del genere. Qui si citano adattamenti di format stranieri come Un posto al sole (particolarmente importante nella sua durata pluriennale) e, fronte prima serata, casi come Il maresciallo Rocca o Linda il Brigadiere, e successivamente Don Matteo e Montalbano. Negli anni 2000 cresce di fatto la complessità dell’offerta sulla generalista RAI e Mediaset, pur preferendo – salvo rare eccezioni – la forma breve.

Evidenziando anche come il mezzo sia di fronte a una ennesima rivoluzione, attraverso operatori come Netflix, Le Serie TV mette comunque ben al centro quanto prodotto negli USA, sviscerato in modo estremamente approfondito dalle origini ad oggi, partendo dalla radice commerciale del sistema televisivo americano. A questo punto sarebbe interessante un ulteriore saggio che affronti più nel dettaglio quanto invece realizzato in Europa a cominciare dal Regno Unito, solamente accennato, considerandone l’importante e vasto contributo dato alla causa seriale televisiva. Lo aspettiamo.

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