Il segreto del Made in Italy

26 Gennaio 2010 di Andrea Ferrari

di Andrea Ferrari
Gli omaggi ai neo-schiavisti, l’utilità della Supercoppa Italiana e la generosa offerta dei Glazer.

1. Non sappiamo quanti spettatori abbia avuto nelle novecento e rotti sale italiane in cui è stato proiettato nel weekend, di certo una cifra superiore a quella avuta in Cina dove è stato deciso che “Avatar non s’ha da vedere”. Sarà per la contemporanea uscita del kolossal autoctono su Confucio o forse per la trama del film che in qualche modo evoca la questione del Tibet. Resta il fatto che una cosa del genere, da noi totalmente impensabile, rientra in pieno in quel modello sintetizzabile nella formula ”Il peggio del comunismo e il peggio del capitalismo in un unico Paese”. Tra neo-schiavismo, tarocco libero e cambio dello yuan manipolato al ribasso, alla faccia degli esegeti della Cina come novello eldorado del made in italy e del liberoscambismo senza limiti. Fra questi anche noti dirigenti del nostro sport, che in Italia stipendiano solo qualche designer e qualche fumoso manager: per la produzione vera e propria ci sono gli schiavi lontani.
2. La dittatura comunista cinese sta semplicemente facendo una guerra con altri mezzi (anche perchè con le armi non ci sarebbe partita, almeno per ora) e il dramma è che in tanti qui in Occidente neanche se ne son accorti. Per questo impazziamo quando viene data evidenza alle operazioni di immagine di questo regime, alle queli si prestano (a pagamento) anche gli ultimi simboli dell’identità nazionale: le squadre di calcio. Ancora dieci, cento, mille Inter-Lazio e ci sembrerà normale che una partita del campionato italiano si giochi in Cina. E pensare che negli anni ’80 il vituperato Reagan subordinò il commercio con l’Urss al rispetto dei diritti umani. Per fortuna Obama ha ripescato da quell’epoca il buon Volcker e forse messo un pò da parte i Geithner e i Summers, infausta eredità dell’era clintoniana. Staremo a vedere.
3. A proposito di finanza spericolata, non si può non accennare a cosa sta accadendo al Manchester United e al suo proprietario Malcolm Glazer, dopo la tragicomica notizia delle obbligazioni offerte ai suoi giocatori per far fronte agli oltre 800 milioni di euro di debiti che pendono sul club con gli introiti più alti al mondo. Più che lecito chiedere: come si è arrivati a questa situazione? Sono stati costruiti per caso due nuovi stadi? Sono state fatte campagne acquisti degne di un Florentino Perez al quadrato? No, i Red Devils hanno subito la stessa sorte che toccò per esempio alla Telecom dell’era Tronchetti Provera e cioè i soldi presi a prestito per la scalata che vengono poi riversati dallo “scalatore” sull’azienda conquistata, indebitandola. A proposito di tale meccanismo, detto leveraged buyout (su Indiscreto già se ne è parlato ieri), nostro nonno avrebbe detto ”Così son buoni tutti…”. Ma i processi decisionali delle banche sono spesso oscuri, anche se per il leveraged buyout esistono case history di successo (in Italia poche). L’impressione è che le cosiddette ‘unintended consequences’ di un sistema che ruota attorno a capitalisti senza capitali e ad un’enorme liquidità con cui è stato inondato il mondo negli ultimi 15 anni, Stati Uniti in primis, siano spesso drammatiche.
Andrea Ferrari
(in esclusiva per Indiscreto)

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