Il più odiato dagli stenografi

14 Marzo 2008 di Stefano Olivari

Qualche mese fa abbiamo ricevuto una bottiglia magnum di Veuve Clicquot. Non immaginavamo di stapparla così in fretta, ma il colpo mortale che Mancini ha inflitto alla stampa, preferendo regalare le sue verità a Vialli e Paolo Rossi piuttosto che ai giornalisti di solito al seguito, ci ha convinto ad aprirla e festeggiare. Siamo ancora allegri, ma lasciamo le nostre debolezze e passiamo ai fatti. Immaginate la scena: tutti, ripetiamo tutti, ma proprio tutti i giornalisti erano ieri sera davanti alla tivù (niente di nuovo, d’altronde spesso ci chiediamo cosa vengano a fare allo stadio quando anche lì le interviste le prendono da Sky, sempre accesa in sala stampa). Tutti lì per trascrivere le dichiarazioni di Mancini. L’allenatore dice “Ho le mutande rosa”? Loro stanno zitti e stenografano. Mancio dice che andrà ad allenare la Juve? Idem. Non hanno potuto fare alcuna domanda. Anzi, Mancini non ha concesso loro alcuna domanda, ricordandosi però di precisare a Vialli e Rossi: “Vi devono dare delle percentuali, sono tutti là a scrivere”. Sorrisetto, ben conoscendo le cose che dicono alle sue spalle molti dei cosiddetti cronisti.
Una mossa straordinaria, davvero, senz’altro più di Burdisso sulla sinistra. Ha potuto sminuirli in santa pace (“I giornalisti non possono capire come giocano undici giocatori, è già difficile seguirne uno solo”, ha detto), non ha dovuto sentire le idiozie legate al presidente (ci viene l’orticaria quando vediamo i giornalisti con le ginocchia lise davanti al presi, come lo chiamano): un colpo da maestro, più del tacco in quel Parma-Lazio. Riassumendo: l’allenatore dell’Inter ha riempito i giornali che oggi leggete senza che i giornalisti portassero neppure una parola in più rispetto alla chicchierata con Vialli e Paolo Rossi. Un bambino di sette anni avrebbe scritto un articolo identico. Tutti uguali, i giornali. Retroscena, sbrodolate, nulla di nulla: non sapevano alcunché sulla vicenda. In tre giorni Mancini li ha spiazzati due volte. La prima con le dichiarazioni dopo Inter-Liverpool (con qualcuno che si lamentava perché erano ‘già le 23’!), la seconda ieri. Se lo aspettava, l’attacco nei suoi confronti, finita la gara contro il Liverpool. Conosce bene l’ambiente. Ha dato loro bacchettate sulle dita, perché proprio mentre scrivevano il suo necrologio Mancio ha rimbalzato tutti. Magistrale: qui non c’entra il giudizio sull’allenatore, ma quello sul suo carattere. Non a caso è il tecnico che più di tutti gli altri è riuscito a resistere non solo agli avversari, obbiettivo ovvio in ogni ambiente, ma anche a Moratti e ai suoi cortigiani.
E qui mettetevi comodi che vi raccontiamo una storiella. I giornali, in base allo spazio che hanno per la vicenda, si vedono costretti ad inventarsi fatti, episodi, trame, voci di spogliatoio. Esempio: se hai una pagina da riempire e non sai nulla tiri fuori la storia della cena segreta. Per riempire una pagina (fatto dovuto alla mancanza di pubblicità, in caso contrario lo spazio sarebbe stato dimezzato) scrivi quello che hanno mangiato, cosi occupi spazio. Meno cose sai, più portate e piatti citi: possibilmente prelibatezze con nomi lunghi. Raviolini di magro con salsa blu e carne alla griglia con verdure miste e e e e. Non riesci a riempire? Nessun problema, aggiungi altri due commensali (uno più uno meno, cosa conta, è tutto inventato, comunque) che significano altre quattro portate. Roberto Mancini ha chiamato ics, zeta e si sono riuniti in gran segreto (perché secondo le menti malate uno che vuole tramare lo fa davanti ad altre trenta persone in un luogo pubblico), mangiando bla bla bla e bevendo il Tavernello fatto con uve spremute proprio quel giorno nella cucina del ristorante.
Fin qui la nostra esaltazione nei confronti della mossa manciniana, adesso inizia la parte da vomito (spiace, ma é proprio così). Avete visto e rivisto l’esercito dei morattiani. Magari siete stati anche attenti alle domande dei giornalisti. Nessuna del tipo “Presidente, ma forse lei ha fatto qualcosa di sbagliato, che ha provocato la decisione di Mancini?”. No. Nel calcio italiano sono rimasti pochissimi tabù: fra questi vietato parlare male dei tifosi, non solo di quelli dell’Inter, e di alcuni personaggi, fra i quali Moratti. Noi che come il 99% delle persone siamo costretti a lottare e che cerchiamo di migliorare (senza riuscirci, ma questo è un altro discorso), non possiamo guardare Massimo come se fosse un dio. Chiediamo sempre ai talebani morattiani: “Ma cosa vi piace di lui? Dice frasi spesso incomprensibili, mai chiare, senza finirle, e spende i soldi del padre Angelo”. In estrema sintesi, questo è il Massimo Moratti presidente dell’Inter. “E’ gentile ed educato”, rispondono, quasi con lacrime agli occhi. Lo é anche Suor Germana, ma non risulta abbia fatto la CEO della General Motors. Per capire il rapporto distorto fra Moratti e la stampa vi raccontiamo un episodio che sa tanto di fantascienza ma di cui siamo stati testimoni diretti. Primavera del 1999, Lucescu dà le dimissioni. Lavorato alle spalle, attaccato da tutto l’ambiente, preso a sputi (due volte…), dice basta. Il giorno seguente incontra per puro caso un giornalista e si mette a vuotare il sacco. Il collega quasi quasi non crede alle sue orecchie, sentendo tante notizie scomode. Non avendo una grande personalità chiama altri due di quotidiani diversi e il giorno dopo esce tutto. Apriti cielo. I giornalisti della corte sbiancano e chiedono alla società di emettere un comunicato dove lui deve smentire le proprie dichiarazioni. Traduzione: siccome noi non abbiamo avuto le dichiarazioni di Lucescu il club deve dire che il giornalista si é inventato tutto. Il tecnico rumeno, schifato oltre misura dell’ambiente, ci chiama, racconta l’accaduto, va in sede (abitava a dieci metri) e concorda le dichiarazioni. Ecco, questo ambiente non è cambiato: tanto a cambiare è (era) di solito il nome dell’allenatore. Lucescu cercava di avere tutti dalla sua parte, Mancini si diverte ad averli contro. Moratti è sempre lo stesso.

Dominique Antognoni
dominiqueantognoni@yahoo.it

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