Il meraviglioso decennio della boxe

12 Giugno 2012 di Stefano Olivari

Quello fra Ray Sugar Leonard e Marvin Hagler è stato uno dei tanti grandi incontri della storia della boxe ad essere presentato e ricordato come ‘The Fight’ (è un po’ lo stesso discorso dei ‘The Shot’ del basket), di sicuro è stato fra i più strani di tutti. Non per l’esito finale, anche se Leonard veniva di fatto da 5 anni di inattività (un solo combattimento, nel 1984 contro Kevin Howard) ed era dato sfavorito contro il campione, ma per l’attesa che lo aveva preceduto, gli interessi mossi e soprattutto il fatto che non ci sarebbe stata la rivincita che tutti gli addetti ai lavori prevedevano. Per moltissimi motivi, quindi, quell’incontro del 6 aprile 1987 al Caesars Palace di Las Vegas ha segnato la storia della boxe. Oltretutto in una categoria, quella dei pesi medi, che si presta alla mitizzazione meno dei massimi anche se è lì che si vede il miglior pugilato, in equilibrio fra velocità e potenza.

Dario Torromeo prende questo match come punto d’arrivo del suo libro ‘Meraviglioso – Marvin Hagler e i favolosi anni Ottanta’ (Absolutely Free editore), storia di un decennio di grande boxe e di ancor più grandi personaggi conosciuti da vicino, in un’epoca in cui i giornali investivano sulle trasferte anche quando non c’era di mezzo il calcio. Non è un caso che un quindicenne italiano del 2012 magari abbia sentito nominare Roberto ‘Mani di pietra’ Duran (magari in una delle mille rievocazioni nostalgiche) ma non saprebbe indicare senza consultare Wikipedia cinque campioni del mondo di oggi. Eppure la boxe non è peggiorata, anzi pur nella sua follia organizzativa ha nel mondo e nella stessa Europa (in particolare Germania e Inghilterra) un’importanza mediatica notevole e da noi inimmaginabile. Torromeo, giornalista del Corriere dello Sport, per raccontare l’epoca usa come chiave la sua categoria preferita e il suo pugile del cuore. I medi e Hagler, appunto, tenendo sullo sfondo un’America di grandi speranze e grande dignità. Con uomini scolpiti nella memoria di chi li ha visti anche solo in televisione combattere contro il grande Marvin: Thomas ‘Cobra’ Hearns, John ‘La bestia’ Mugabi, il nostro coraggiosissimo Vito Antuofermo. Unica eccezione il primo Mike Tyson, perché non si possono raccontare gli anni Ottanta senza Mike Tyson. In particolare efficacissimo il racconto dell’intervista con il sospettoso Duran, guerriero e archetipo del pugile scialacquatore di talento e soldi.

Leonard e Hagler pur avendo lo stesso colore della pelle fanno parte di Americhe diverse e sono gli idoli di Americhe diverse, anche se nessuno dei due ha mai fatto della razza una bandiera come era stato ad esempio per Muhammad Alì. Sugar Ray il predestinato, medaglia d’oro nei superleggeri alle Olimpiadi di Montreal e archetipo del pugile di classe bravo a colpire e a sfuggire al corpo a corpo (Duran ci impazzì, anche se è ancora oggetto di discussione il famoso e forse mai pronunciato ‘No mas’). Hagler il demolitore sottovalutato e poco protetto organizzativamente, con avversari che gli sfuggivano e verdetti ai confini dello scandalo (il pari con Antuofermo del 1979 rientra in questa tipologia), che con le sue forze si era imposto nel mondo dei medi del post-Monzon. Minter, Duran, Hearns e soprattutto Mugabi: la loro sesta ripresa è probabilmente la più selvaggia ed emozionante della storia di questo sport (e noi ce la ricordiamo bene, con la telecronaca di Rino Tommasi). Fino a Leonard, l’incontro tanto aspettato per entrare definitivamente nella storia. Match molto tattico, vittoria di misura ai punti del più mediatico dei due che poi avrebbe centellinato le apparizioni (da ricordare un pari con Hearns e un’altra vittoria contro il fantasma di Duran) fino al ritiro definitivo avvenuto nel 1997 dopo la sconfitta con Hector ‘Macho’ Camacho. Marvellous dopo quella serata strana non sarebbe invece più salito sul ring.

Stefano Olivari, 12 giugno 2012

 

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