Il criterio degli All Blacks

20 Maggio 2008 di Claudio Arrigoni

C’era anche Guido sul prato di San Siro nelle feste per uno scudetto che l’avrebbe fatto gioire e che è stato anche suo. Era lì, a sorridere e a stare in disparte, come sempre faceva, ma c’era e, come sempre, la sua serenità sarebbe stata la migliore faccia della vittoria, come lo era nel momento delle sconfitte.
Per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo, per chi ha avuto il privilegio di essergli amico, per chi ha la sua memoria anche solo perché era sulla panchina dell’Inter, ricordarlo oggi è più che un dovere. A Brunico, nel ritiro di inizio stagione, era lì, insieme agli altri, a sognare quella coppa. La malattia che lo ha portato via in quei giorni di agosto non ha vinto sull’affetto per lui e sul ricordo dei momenti belli passati con lui.
Guido era parte della famiglia del calcio, non solo dell’Inter, ma lì stava il suo cuore. Anche quando vestiva rossonero e dava tutto a quei colori, perché Guido era un bravo giornalista e una brava persona. Punto. Dicono agli All Blacks quando devono scegliere un giocatore: Good people make good players, una brava persona fa un bravo giocatore. Guido era questo: una brava persona brava. E dovunque sia ora, ha gioito ai gol di Ibrahimovic, ha pianto felice quando Zanetti ha alzato la coppa, ha sorriso quando insieme a Monica ha carezzato Andrea, Luca e Rebecca che lo hanno avuto una volta di più nelle mente e nel cuore. Per questo, abbiamo pensato a Guido.
Lieve
A Guido Susini (Milano 1958 – Erbusco 2007)

Claudio Arrigoni
claudioarrigoni@yahoo.it

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