Videogiochi

Hyper Olympic tra dolori e sudore

Paolo Morati 02/12/2020

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Chiunque sia entrato in una sala giochi di metà anni Ottanta non potrà non aver notato ragazzi assiepati attorno al cabinet di un gioco sportivo all’epoca molto popolare battezzato Hyper Olympic. Sviluppato dalla giapponese Konami proponeva sei prove di atletica leggera, da svolgere affidandosi al famigerato ‘smanettamento’ con la leva del joystick o la pressione rapida e alternata dei pulsanti presenti sul cabinet, e con un altro tasto per saltare e lanciare.

Per ciascuna delle prove il passaggio a quella successiva avveniva dopo aver superato un limite prefissato. Così fino alla sesta per poi ricominciare da capo con obiettivi sempre più difficili. Fisicamente impegnativo per dita e braccio del giocatore, Hyper Olympic, noto anche come Track & Field, includeva in apertura i 100 metri piani con a seguire salto in lungo, lancio del giavellotto, 110 metri ostacoli (particolarmente impegnativi, dovendo alternare corsa e salto, ossia smanettamento e pressione tasto), lancio del martello e salto in alto. Con anche il decisivo parametro dell’angolazione di salto e lancio.

Qui le tecniche in Hyper Olympic si sprecavano, con la versione dotata di leva che richiedeva un attento controllo del polso mentre si facevano ondeggiare solo le dita delle mani attorno al joystick. Fronte tasti invece si trattava di alternare il più possibile tra sinistro e destro tanto che si poteva giocare in coppia per condividere lo sforzo inumano necessario a mantenere la barra di potenza al massimo possibile mentre il pubblico sugli spalti digitali, e quello in carne e ossa, si aspettava un nuovo record.

Un gioco storico, Hyper Olympic, poi riproposto su diverse piattaforme, graficamente all’avanguardia per l’epoca, e con il personaggio in gara dotato di baffi e quattro diversi colori di carnagione, talvolta erroneamente confuso con Mario. E con addirittura la sintesi vocale durante le competizioni fino al sottofondo del celebre brano Chariots of Fire di Vangelis. Divertente anche per alcuni particolari da fumetto, come il giudice che misura le distanze con il metro e il protagonista che si gratta la testa in caso di errore, quello della Konami era in definitiva un gioco molto impegnativo e per certi versi realistico nelle conseguenze, dolori al braccio e sudore compresi.

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