Attualità

Fca Renault, fra fusione e disoccupazione

Stefano Olivari 29/05/2019

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La fusione fra Fca e Renault è una cosa positiva per l’Italia? Tutti noi, pur appassionati al futuro di Sarri, abbiamo letto dell’operazione partita il 27 maggio 2019 e che nelle intenzioni di John Elkann dovrebbe portare, una volta completata, anche all’integrazione con Nissan e Mitsubishi, già legate a Renault, per formare il primo polo automobilistico mondiale.

Una cosa enorme, in ogni senso. Come al solito rimandiamo a giornali e siti per la cronaca e andiamo direttamente a ciò che pensiamo noi qui al bar, nella pancia del paese. Il quadro della situazione è che lo stato francese è azionista di Renault al 15%, al di là del fatto che in ogni caso un’operazione riguardante Renault coinvolgerebbe la Francia.

A sua volta la Renault controlla Nissan (circa 43% delle azioni) e da Nissan è partecipata (con il 15). Renault e Nissan a loro volta detengono in maniera congiunta, sintetizziamo, il 34% di Mitsubishi. Se l’idea di Fca, nata già ai tempi di Marchionne (anche se lì il partner individuato era Peugeot) si materializzasse nella sua versione strong allora si arriverebbe ad un mega gruppo da quasi 16 milioni di auto prodotte all’anno, tanti marchi notissimi, 700.000 dipendenti senza calcolare l’indotto, eccetera.

Nella nostra rubrica motori, curata da Furio Fedele, abbiamo mille volte parlato di Fiat, Renault, Nissan e Mitsubishi. Non c’è però bisogno di essere grandi appassionati di auto per notare quante sovrapposizioni ci siano, in termini di mercato, fra i modelli di queste quattro aziende che nella sostanza sono generaliste. E anche un modesto appassionato di politica, uno di quelli che nei sondaggi sta nel ‘Non so, non rispondo’ può intuire come la vicenda farà presto scendere in campo Trump, Macron, Abe e Conte (o chi per lui).

Quindi? Stiamo assistendo alla gara, in queste ore, fra chi minimizza il rischio di creare centinaia di migliaia di disoccupati un po’ in tutto il mondo. Eppure il 100% delle fusioni nella storia, si pensi soltanto a quelle bancarie, ha prodotto effetti di questo tipo. La pur internazionalizzata Fca mantiene in Italia 27 siti produttivi, la Renault invece in Francia ne ha 14. Non solo: i francesi sono molto più avanti per quanto riguarda elettrico e ibrido, quindi in un mercato senza vincoli politici e umani l’operaio francese medio della Renault dovrebbe rischiare molto meno dell’operaio italiano medio della Fiat. Il ‘Di qua o di là’ di Di Maio e Salvini è chiaro: rispettare totalmente l’iniziativa privata, sia pure di un gruppo che allo Stato italiano ha nel corso dei decenni preso tantissimo, o scendere in qualche modo nell’arena?

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