Con Zeman si vince sempre

22 Maggio 2012 di Federico De Carolis

L’ho conosciuto personalmente ai tempi di Parma quando c’era il povero Ceresini, l’uomo della prima promozione dei crociati in serie A. Le cose non andavano bene, infatti dopo poco sarebbe stato esonerato.  Eppure la città era quasi tutta dalla sua parte, una situazione incredibile considerando che in Italia e in particolare a quei tempi regnava la cultura del risultato ad ogni costo. Qualcuno dei tifosi più incalliti addirittura sottolineava che non sarebbe stato un grosso peccato retrocedere, visto che si stava assistendo a un calcio spettacolare e appagante. Pescara, abituata a Galeone e che prima ancora aveva avuto un altro uomo appartenente alla modernità calcistica come Giancarlo Cadè, ha ritrovato in Zeman la summa ideologica dei suoi due predecessori. E non c’è tifoso al quale adesso si possa ricordare come la serie A, appena conquistata, sarà molto diversa dalla B e non si potranno mettere in preventivo i trionfi di una stagione di quelle che si definiscono irripetibili ma di cui si riparlerà nel tempo e forse quando verrà un altro Zeman.

Perchè la città di Ennio Flaiano da sempre si accende non per le vittorie, ma per un calcio che rompa quello della tradizione. Quando vinse un campionato di B Antonio Valentin Angelillo, quell’angelo dalla faccia sporca ch’era circondato ancora da un alone di ammirazione per i suoi gol, nessuno andò oltre  la rituale sfilata e qualche strombazzamento per il lungomare. Ad Angelillo riservarono solo polemiche e contestazioni, tanto che nella successiva stagione di A fu quasi subito esonerato. Il tutto perchè qui se proprio non è importante vincere, ma partecipare, non si farà mai un dramma per una sconfitta che arrivi con tecnici come Zeman o Galeone, ma i drammi ci saranno invece sempre con quelli accusati più o meno apertamente di pensare solo al risultato. Mazzone, che pure non è mai stato l’ultimo tra i tecnici italiani, dovette arrendersi per propria scelta nonostante la società lo difendesse a spada tratta, per lasciare la panchina al ritorno di Galeone, il cui nome era implorato settimanalmente sia che la squadra vicnesse o perdesse.

Tutti decoubertiniani in biancoazzurro? Sicuramente no, almeno non lo sono mai stati i dirigenti. Non ci sono magnati dell’industria o del commercio da queste parti, ma c’è un pubblico che accetta tutto in nome del bel gioco e si entusiasma persino nelle sconfitte con i gol. Per questo adesso Zeman è diventato intoccabile e, forse, egli stesso non presterà ascolto al coro delle sirene che si è levato alto già prima della conquista della promozione. Quel che doveva dire l’ha già detto, Zdenek. Non potrà essere neppure la Fiorentina a staccarlo da un pubblico, una città e una regione con cui si trova a meraviglia. Forse qui, tra qualche tempo, gli concederanno la cittadinanza onoraria non solo per il risultato che ha ottenuto in una stagione, ma per non aver avuto mai rispetto e non aver mai chinato la testa di fronte a gente che lo costrinse a recarsi addirittura in Turchia per trovare quel lavoro che in Italia gli rifiutavano tutti. Pescara, ammaliata dai suoi stessi modi di fare, dai suoi strali, dalle sue parole sempre difficili da intendere senza una ripetizione della frase, che escono sempre fuori da una normalità calcistica in cui c’è, c’è stato e resiste ancora il timore nei confronti dei potenti, l’ha adottato come figlio illustre e difficilmente penserà di disfarsene. Anche quando perderà, cosa che in serie A avverrà più di frequente. L’unica certezza è che Zeman con la sua sola presenza manderà letteralmente fuori di testa tutti i furbi e i loro ammiratori, lo scudetto della sua carriera rimarrà questo.

Federico De Carolis, da Pescara (22 maggio 2012)

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