Tiri Mancinelli

30 Gennaio 2013 di Fabrizio Provera

Stefano Mancinelli a Cantù, insomma. Si riparte da qui. Dall’ufficialità della trade seguita alla perdita più dolorosa, per la storia moderna della Pallacanestro Cantucky: quella di Manuchar Markoishvili, già commentata con dovizia di particolari dal Direttore. Sono tuttavia molte altre, le corde emotive (e non solo) di questa vicenda, che ha visto intrecciarsi vorticosamente tantissime cose. Domenica sera eravamo al Pianella, a fianco di un’Anna Cremascoli – presidentessa di Cantù e vicepresidente federale – scossa dall’emozione e quasi in lacrime. Con Markoishvili che riusciva solo a rispondere ad una domanda: è difficile conciliare cuore e ragione? Difficilissimo. Poi l’abbiamo salutato un’ultima volta, nel buio del parcheggio retrostante il glorioso Pianella. Più buio e freddo del solito, anche se era pur sempre una domenica sera di fine gennaio.

Alla tristezza di Manu ha fatto da contraltare l’incredibile leadership di Gigi ‘Bandiera’ Datome, che abbiamo osservato con attenzione a pochi centimetri da noi (sulla panchina dell’Acea Roma) ergersi ad indiscusso lider maximo della squadra di Marco Calvani. Fatta con pane e cicoria ed ormai stabilmente nel novero delle prime della classe, contro ogni possibile pronostico della vigilia. Lo stesso Datome, giova ricordarlo, che la scorsa estate – elogiato sulle pagine di Indiscreto – decise di ridursi l’ingaggio per rimanere alla corte di Claudio Toti. E che nei giorni scorsi, come confermnato dal suo presidente, ha rinunciato ad un sontuoso biennale da 500mila euro a stagione offerto dai satrapi turchi del Galatasaray: il milione a cui Lucarelli, ai tempi del vecchio conio, rinunciò per restare nella rossa Livorno.  I turchi, non contenti di Drogba e Sneijder, si sono avventati con ferocia sull’argenteria buona della povera Cantucky e su Markoishvili, che ha seccamente rifiutato una prima proposta di ingaggio sostanzialmente triplice rispetto a quanto avrebbe percepito a Cantù, prima che la società fosse costretta alla cessione a causa dell’inadempienza di uno sponsor dal nome quanto meno improbabile. La polisportiva Galatasaray, che nel basket non ha mai vinto neppure una misera coppa al di fuori del Bosforo, ha fatto strame di storia e blasone, opponendo la forza dell’euro tintinnante.

Stefano Mancinelli, dunque: toccherà a lui l’ardua impresa non di sostituire Manu nel cuore dei canturini, del tutto impossibile, ma quanto meno di ricordare che Cantucky non è una terra da Senzapatria (cestistica), ma la terra di Marzorati e Riva. Per questa ragione, quando in estate se n’era ventilata la possibilità, avevamo sperato sino all’ultimo che Gigi Datome sbarcasse alla corte di Andrea Trinchieri. Ciò non toglie che anche con la casacca di Roma domenica abbia meritato il nostro sincero applauso, mentre guadagnava lo spogliatorio dopo aver espugnato un parquet grondante lacrime di sofferenza. E assieme a lui abbiamo applaudito e omaggiato Nicola Alberani, giovane gm under 40 dell’Acea che applica al mercato un metodo per certi versi assimilabile a quello di Billy Beane di L’arte di vincere. Pane e cicoria a volte bastano. Specie se in squadra hai una bandiera che rifiuta 1 milione di euro, e di questi tempi. Caro Stefano Mancinelli, speriamo davvero che tu possa ritrovare lo spirito fortitudino, che ha molto in comune con lo spirito nobile e villano di Cantucky.

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