The Americans terza stagione, il momento dei figli

29 Gennaio 2016 di Stefano Olivari

Una serie televisiva ti prende quando ti senti obbligato a guardarla ‘in diretta’, come se la televisione fosse quella di una volta senza My Sky On Demand, con l’ossessione un po’ infantile del sapere il prima possibile come va a finire. Questo ci accade in pratica soltanto con The Americans, pur avendo negli ultimi anni apprezzato tante altre produzioni (buona parte di quelle recensite, non potendo recensire ciò che non abbiamo guardato) ambiziosi, poco adatte alla tivù generalista ma non per questo intellettualoidi o di nicchia.

La terza stagione della serie è terminata due settimane fa, trasmessa in Italia da Fox, con un colpo di scena notevole e tante situazioni aperte. Pur essendo cresciuti con i cineracconti di Tivù Sorrisi e Canzoni (alcuni erano da Nobel per lo spoiler), non riveliamo le situazioni ma osserviamo che pur con schemi rigidissimi Joel Weisberg (ex agente CIA) e gli altri sceneggiatori sono riusciti a far evolvere i protagonisti, Elizabeth e Philip Jennings (nomi di copertura dei russi Nadezhda e Misha), insieme agli spettatori, nonostante la vicenda sia collocata oltre trenta anni fa. Philip è più tormentato e meno fedele alla linea del KGB, un interessante e non inedito caso di anarchico che però esegue gli ordini, mentre Elizabeth è più convinta di lui della necessità di coinvolgere nell’operazione anche i figli. Impossibile, visto che ormai sono adolescenti, continuare a ingannarli con viaggi di lavoro e uscite notturne mal giustificate.

Nelle singole puntate della terza stagione gli agenti cercano di intervenire nel rapporto degli USA dell’epoca con Pakistan e resistenza afgana, infiltrandosi in varie situazioni con travestimenti abbastanza improbabili (punto debole della storia) e coperture davvero insostenibili, come quella di marito segreto di una segretaria dell’FBI. Con punte di violenza rare ma davvero tremende e anche un momento di commozione assoluta riguardante Elizabeth, la madre e la figlia. Questa terza stagione vede descritto con più sfumature l’agente Beeman, vicino di casa dei Jennings e uomo importante nell’FBI, ma se guardiamo alla qualità delle loro apparizioni le stelle in ascesa sono Paige, la figlia sempre più vicina alla verità, e il manipolatorio Gabriel, dirigente del KGB che coordina le attività dei Jennings. Sta salendo di colpi, pur essendo ancora marginale, il figlio minore Henry, che in embrione può diventare il vero ‘The American’ (le scene in cui gioca a un football da tavolo con Beeman non sono buttate lì a caso) ma che è ancora troppo piccolo. Una serie che non è certo in fase calante, anzi, aspettiamo con ansia come vivranno i Jennings l’avvento della perestrojka (Occhio alla perestrojka, quindi). Il 16 marzo si riparte in America con la quarta stagione, cercheremo di non leggerne e saperne niente.

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