Schans per capire il mondo

29 Gennaio 2008 di Alec Cordolcini

1. Bel pareggio quello tra Feyenoord e Groningen al De Kuip, la scorsa domenica. Padroni di casa arrembanti ma un po’ arruffoni, ospiti in grado di sfoderare una maturità tattica che appartiene alle grandi squadre, con un ordinato 4-4-2 capace di controllare con lucidità la forza d’urto di rivali (la rete del Feyenoord è arrivata solo grazie a un’autorete) senza rinunciare a pungere in avanti. Anzi, se negli ultimi minuti il piedino del baby Nijland fosse stato meno tremebondo adesso staremmo parlando del quarto successo consecutivo del Groningen sul Feyenoord in incontri di campionato. Ma quella di Ron Jans è una squadra che in un incontro singolo può far soffrire chiunque, come ben ricorda la Fiorentina in Coppa Uefa, che si è sbarazzata degli olandesi solamente ai rigori al termine due incontri tiratissimi nei quali l’equilibrio tra le due squadre è stato pressoché totale. Peccato che i 16.5 milioni di euro che compongono il budget del Groningen non possano impedire la ciclica partenza dei pezzi migliori, dall’eccellente Luis Suarez (ceduto all’Ajax la scorsa estate) ai tre-titolari-tre persi in questo mercato di gennaio, un difensore (Bruno Silva), un centrocampista (Rasmus Lindgren) e un attaccante (Erik Nevland), tutti punti di forza della squadra, i primi due partiti per Amsterdam, il terzo per Londra, sponda Fulham. Dove non possono i soldi bisogna arrivarci con l’astuzia e l’intuizione: la rete di osservatori del Groningen è ormai una delle meglio strutturate dell’intera Olanda, di poco inferiore (soprattutto per ragioni quantitative) a quella del Psv Eindhoven ma molto più razionale di quella di un Ajax costretto a ricomprarsi giocatori (il già citato Lindgren, mediano svedese che studia alla scuola di Pirlo) prodotti dal proprio vivaio. E mentre a Groningen sbarca dal Boca Juniors il talento in erba Mathias Cahais, difensore centrale argentino classe ’87, ad Amsterdam arriva Samuel Osei Kuffour di anni 31.
2. Va di moda accusare gli arbitri, e nemmeno l’Olanda si sottrae a questo triste teatrino. Con toni e modi però decisamente più civili rispetto a quelli del “campionato più bello del mondo”. Insomma niente scorta ai designatori, nessuna minaccia di ricorsi, niente teoria del complotto. Eppure in Eredivisie si sbaglia, e parecchio; l’ultima paura delle giacchette nere sono i simulatori, la categoria degli anti-sportivi per eccellenza (citiamo un cascatore per ogni big, Danko Lazovic-Psv, Luis Suarez-Ajax, Jonathan De Guzman-Feyenoord) che ultimamente hanno giocato parecchi brutti scherzi ai vari Luinge, Bramhaar, Vink e compagnia fischiante, tanto che adesso per assegnare un rigore ci deve essere come minimo un tentato omicidio. Logiche le rimostranze a fine gara del derubato di turno, ma il tutto finisce lì. La stampa sportiva notifica l’accaduto senza soffiare sul fuoco, le trasmissioni televisive (meglio dell’Italia solo a livello sportivo, perché il resto è la solita cloaca di reality, gossip e lacrime, con qualche tetta in meno nei quiz) non hanno nella moviola la loro priorità. Abbiamo provato a tradurre in olandese a un amico di ‘s Hertogenbosch il concetto di “sudditanza psicologica”. Non l’ha capito.
3. Chiedi chi era Theo Janssen. Ti parleranno di un ragazzino dal sinistro fatato che durante un Inter-Vitesse, sedicesimi di coppa Uefa stagione 2000-2001 (doppio pareggio, ma l’1-1 ad Arnhem con gol di Simic nelle battute finali sorrise ai nerazzurri), aveva incantato la platea con tocchi e invenzioni di squisita qualità. Applausi a scena aperta, anche dalla stampa italiana, e un futuro da protagonista fin troppo facile da pronosticare. Sette anni dopo Theo Janssen gioca ancora nel Vitesse, finito nel frattempo nel grigiore della squadra di metà classifica dopo essere passato dalle stelle di un progetto fin troppo ambizioso di diventare la quarta big d’Olanda alle stalle di un dissesto finanziario anticamera di un fallimento evitato (quantomeno temporaneamente, perché secondo il quotidiano De Telegraaf la situazione sta nuovamente precipitando) all’ultimo respiro grazie alla buona volontà, e ai soldi, della municipalità di Arnhem. Lui è ancora lì; la scusa del tifoso che ha cucita addosso la maglia della propria squadra regge fino a un certo punto. Forse sarebbe stato sufficiente rinunciare alla birretta serale, o alle cene/feste con gli amici, o a qualche risposta troppo tagliente. Il talento, se non adeguatamente coltivato, magari non si esaurisce completamente, ma si disperde in mille rivoli. E’ la storia di molti, è anche la storia di Theo Janssen. Che a 26 anni suonati, più di duecento partite da professionista e un Mondiale sfiorato (Marco van Basten lo inserì nella preselezione dei convocati per Germania 2006), si dichiara un uomo sereno, un buon padre e un calciatore pronto a tornare per prendersi le proprie rivincite, per chiudere la bocca ai critici. Tifiamo per te, Theo; un sinistro come il tuo non è facile da dimenticare.
4. Tra le piccole grandi emozioni regalate da Germania 2006 c’è stata anche la bella avventura di Trinidad e Tobago, ennesimo capolavoro di un vecchio marpione della panchina come Leo Beenhakker, che al termine della kermesse ha lasciato al suo vice Wim Rijsbergen, indimenticato difensore centrale dell’Olanda di Cruijff e Michels al Mondiale del 1974, allenatore giramondo nella più classica tradizione olandese un volta appese le scarpe al chiodo. La missione, mantenere i Soca Warriors agli stessi livelli della gestione di Don Leo, era difficile, la disorganizzazione che regna in seno alla Federcalcio locale l’ha resa impossibile. Il problema è sempre il solito: mancano i soldi, oppure finiscono nelle tasche sbagliate. Accade così che lo staff tecnico di Rijsbergen non riceva più lo stipendio da parecchi mesi, che i big della squadra (Dwight Yorke, Stern John, Carlos Edwards) non rispondano alle convocazioni a causa del mancato pagamento dei premi pattuiti, che durante una trasferta in Honduras (ci si giocava la qualificazione alla Gold Cup) la figlia di Rijsbergen e alcune amiche debbano usare le proprie carte di credito come garanzia di pagamento sull’acquisto dei biglietti aerei di ritorno, che cinque amichevoli già programmate vengano cancellate in un sol colpo per ragioni economiche. Il tutto con una stampa fomentata da alcuni dirigenti della Federazione (in primis il controverso Jack Warner, “consulente speciale” della Federcalcio di T.&T., vice presidente della Fifa nonché sgamato politicante con le mani in pasta pressoché ovunque) contro l’operato di Risjbergen, il quale proprio per tali motivi lo scorso dicembre ha avuto un vivace e poco pacifico scambio di opinioni con il direttore tecnico Lincoln Phillip. Sono volati pugni, ed è arrivata anche una squalifica di sei mesi per il tecnico olandese. La Federcalcio Trini ha scelto ad interim il colombiano Francisco Maturana, la squadra si è schierata dalla parte di Rijsbergen, che però medita di dimettersi definitivamente e di adire alle vie legali contro i padroni del vapore dei Soca Warriors. Lontane sono le luci di Berlino.
5. Sempre in tema di allenatori olandesi girovaghi, se in cima alla piramide stazionano, per carisma, competenza e risultati, Guus Hiddink (Russia) e Leo Beenhakker (Polonia), scendendo verso la base merita una citazione Arie Schans, impegnato in questi giorni nella missione impossibile (anche lui!) di proporre una Namibia competitiva nella Coppa d’Africa che si sta disputando in Ghana. Difficile quando devi affidarti a giocatori che militano nella quarta divisione tedesca o nella serie B norvegese. Difficile è però un aggettivo che non sembra esistere nel vocabolario di Schans, il cui diario di viaggio racconta di avventure in campi militari in Himalaya per preparare il Buthan alla The Other Final (la finale che venne disputata nel 2002 tra le ultime due nazioni nel ranking FIFA, rispettivamente posizione numero 203 e 204, con gli asiatici che liquidarono Montserrat per 4-0), allenamenti in sperdute pianure coperte di brina perse nel grande nulla che divide Cina e Corea del Nord, batta

glie perse già in partenza nel Mozambico calcistico schiavo di inettitudine e corruzione, brividi giapponesi e successi cinesi (la bella avventura, da vice-allenatore, con i campioni di Cina del Changchun Yatai). Diverse le esperienze, unica la filosofia: “Molti allenatori attratti dal fascino dell’esotico”, dice Schans, “si muovono come il classico elefante in un negozio di cristalli. Quando entro in contatto con una nuova cultura non mi pongo mai sul piedistallo di una fantomatica superiorità; vado per insegnare, certo, ma anche per imparare. E per capire”. In poche parole, la differenza che passa tra un esploratore e un colonizzatore.
6. L’idea utopica di “misurare il mare”, di trovare un’unica formula matematica che ne descriva i movimenti. E’la filosofia del conte Franz von Karsch-Kurwitz, di professione idrografo, in fuga dalla mediocrità di un mondo, l’Europa alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, che non gli appartiene. Per chi ama la lettura De Hydograaf (L’Idrografo), romanzo dello scrittore olandese Allard Schröder pubblicato in Italia da Iperborea, è un piccolo gioiello letterario tutto da gustare. Cosa che c’entra con il calcio? Assolutamente niente, ma non viviamo di sola Gazzetta…

Alec Cordolcini
wovenhand@libero.it

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