Il Viareggio di Mendella

26 Luglio 2022 di Stefano Olivari

La morte di Enzo Riccomini ci fa venire in mente tante cose e fra queste il Viareggio di Giorgio Mendella, che conquistò la C2 e poi con giocatori come Spalletti e Bisoli sfiorò la C1 proprio negli anni di massima fama del finanziere nato a Monza ma con base e vita a Viareggio. Personaggio davvero di culto, Mendella, perché chiunque sia stato almeno bambino a inizio anni Novanta ricorda la sua ReteMia, erede di Elefante Tv. Aveva messo in piedi una miriade di società (Intermercato la più famosa), dalla finanza all’immobiliare all’homevideo, ed è stato l’uomo simbolo dell’era dei telefinanzieri, quasi sempre personaggi ruspanti che arrivavano dalle vendite pure (lui era partito dalle pentole) e non dalla azzimata finanza tradizionale.

Abilissimo oratore, le sue convention in palazzetti e stadi erano piene di fedeli adoranti e desiderosi di affidargli i propri soldi, Mendella dagli schermi di Rete Mia e anche dal vivo convinse migliaia di persone che fosse possibile avere garantiti interessi annui del 25%. E così raccolse in breve tempo più di mille miliardi di lire, soltanto con un network di emittenti di provincia. In breve Mendella allargò il suo campo d’azione, arrivando a proporre ai telespettatori italiani dacie in Romania al prezzo, se non ricordiamo male, di 7 milioni di lire l’una. E così anche il pensionato con la sua liquidazione si sentiva un aspirante oligarca, pronto a sfruttare le opportunità post Muro di Berlino.

L’abilità era anche quella di ingaggiare testimonial credibili, da Bartali alla Lollobrigida, da Tognazzi a Michele Placido. A questo punto qualcuno penserà che lo schema Ponzi sia crollato per l’impossibilità di pagare i riscatti delle quote, in realtà Intermercato cadde per un intervento della Consob che impedì la vendita delle azioni della finanziaria di Mendella. Il trucco non era nemmeno un trucco: in pratica gli investitori da creditori con interessi mostruosi erano stati convinti dalla parlantina di Mendella a trasformarsi in azionisti, quindi rendendo capitale di rischio ciò che era un credito.

In mezzo a vicende romanzesche, da un tentato suicidio a un rapimento fino all’accusa di essere il terminale di minacce a Scalfaro (il presidente della Repubblica minacciato da Rete Mia fa ridere, ma ne parlò addirittura il capo della Polizia Parisi), fra latitanze e arresti, con anche tragedie familiari, Mendella è ancora fra noi con nuove iniziative, mentre non sappiamo che fine abbiano fatto Maurizio Gandolfi, ex Aiazzone (anche se non al livello di un Guido Angeli o di un Walter Carbone) e telefinanziere per la System Color di Firenze su Globo Tv, o Boris Riboldi che proponeva di investire nella Pro.ve.co, che aveva (in teoria) alberghi e villaggi alle Canarie con un rendimento annuo garantito del 20%.

Non ci ricordiamo il nome dell’azienda, ma uno dei volti del settore in quei primi anni Novanta fu anche Cesare Cadeo che pur rimanendo un personaggio di Italia 1 andava sui canali minori a convincere la gente a investire in piantagioni di banane. Noi adesso ridiamo, ma lo schema con modalità diverse si è riproposto in ogni epoca, si pensi soltanto all’era delle dot com alle vongole. Senza arrivare a Bochicchio, il mondo è pieno di persone, anche nel loro campo intelligenti, convinte che ci sia qualcuno che regali i soldi. E così al gonzo con la licenzia media si è sostituito il gonzo laureato, quello che viene infinocchiato da prodotti sempre più complessi. Mendella vittima dei poteri forti del sistema finanziario, come amava definirsi? Non esageriamo. Però ci sono istituzioni e banche primarie che hanno fatto più danni di lui.

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